SIRIA, USA E RUSSIA INSIEME CONTRO L'ISIS: LA SVOLTA DOPO IL SI' ALL TREGUA

set 11, 2016 0 comments

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Di Paolo Mastrolilli
L’accordo di sabato tra Usa e Russia per la tregua in Siria, accolto con prudenza ma anche con speranza dalle fazioni in guerra, arriva insieme ad un altro sviluppo molto significativo: la netta riduzione dei militanti stranieri che varcano il confine turco, per andare a combattere con l’Isis. Questo però già pone tra gli analisti un serio interrogativo di lungo termine: dove colpiranno i jihadisti, una volta che il Califfato sarà abbattuto, e chi prenderà il territorio che occupavano in Iraq e Siria? 
L’intesa siglata da Kerry e Lavrov prevede tre momenti successivi. La tregua che entra in vigore domani al tramonto, e dovrebbe sospendere i combattimenti in tutto il paese. Se regge per sette giorni, seguirà la creazione di una Commissione congiunta per l’implementazione, che avrà il compito di identificare e separare gli oppositori legittimi dai terroristi, in termini di gruppi, uomini e territori controllati. Questo aspetto ha in particolare lo scopo di dividere i ribelli laici e moderati da quelli islamici di al Nusra, con cui si sono fusi nell’Army of Conquest. Una volta completata questa fase, americani e russi potrebbero cominciare a condurre le prime operazioni militari congiunte dalla fine della Seconda guerra mondiale, per eliminare tanto l’Isis, quanto Nusra. Nello stesso tempo, rafforzato dalla tregua, il mediatore dell’Onu de Mistura dovrebbe rilanciare il negoziato, invitando le parti a Ginevra per facilitare una soluzione politica del conflitto, con la probabile creazione di uno stato federale nominalmente unito, ma in realtà suddiviso tra i vari gruppi etnici e religiosi. 

Il regime di Assad e i rappresentanti delle opposizioni, come Anas Abdah della Syrian National Coalition, hanno accolto con favore l’intesa, riservandosi però di analizzarla meglio. Il primo ostacolo sta nella suddivisione del territorio. Ad Aleppo, ad esempio, le due vie di accesso di Castello Roard e Ramouseh Gap andrebbero demilitarizzate, ma la seconda è stata ormai conquistata dalle forze del regime, che così vedrebbero il loro assedio congelato e accettato dalla comunità internazionale. Il secondo ostacolo è il futuro di Assad: perché dovrebbe accettare un processo che secondo gli Usa dovrebbe portare alla sua caduta, proprio mentre è militarmente più forte? Il terzo riguarda i terroristi. L’impegno a separare i ribelli laici e moderati dagli islamici è visto come una concessione a Mosca e Damasco, che accusavano Nusra di essere il “piano B” per rovesciare Assad, e quindi usavano questa commistione per attaccare entrambi. Se la separazione avverrà, davvero i russi e il regime smetteranno di colpire gli oppositori, per concentrarsi sull’Isis e Nusra? 

Le risposte arriveranno nei prossimi giorni, ma intanto è chiaro un altro fatto: il Califfato sta perdendo, e questo ha frenato il flusso dei combattenti stranieri. Secondo le stime dell’intelligence Usa, quelli che attraversano il confine con la Turchia per andare a combattere in Siria sono scesi da oltre 2.000 al mese a circa 50. Le cadute di Ramadi e Fallujah in Iraq, Palmyra in Siria, Sirte in Libia, hanno demolito la reputazione vincente dello Stato Islamico, minacciato ora anche nella sua «capitale» di Raqqa e a Mosul, dove entro ottobre dovrebbe scattare l’offensiva irachena-americana per riprenderla. Ciò ha frenato gli arrivi, ma poco prima di morire il portavoce dell’Isis Adnani aveva detto ai militanti: «Se vi chiudono questa porta, voi spalancate quella della jihad», ossia colpite nei paesi dove vi trovate. Il collasso del Califfato, in sostanza, rischia di scatenare due fenomeni: un’ondata di attentati in Occidente, magari aiutati dal ritorno di al Qaeda, e l’inizio di nuovi scontri in Medio Oriente per occupare il vuoto lasciato da Daesh.  

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