Aleppo, ora è guerra di “fake news”

dic 14, 2016 0 comments

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Di Roberto Vivaldelli

Mentre l’esercito arabo siriano fedele al presidente Bashar al-Assad festeggia la liberazione di Aleppoincasellando una vittoria di portata storica, con la popolazione scesa per le strade a celebrare la capitolazione dei ribelli, la guerra in Siria prosegue anche su un altro piano: quello mediatico. Sia chiaro, nessuno può mettere in discussione le atrocità della guerra, che la prospettiva sia quella governativa o dei ribelli – “moderati” e non – e come ogni conflitto sono spesso i civili, purtroppo, a farne le spese. Fatta questa doverosa premessa quello che va sottolineato, tuttavia, è l’escalation di notizie false – “fake news” – circolate sui social network e riguardanti la liberazione di Aleppo, che ha toccato vette inimmaginabili, tra bufale, clamorose manipolazioni e propaganda spicciola.


Tweet falsi e manipolati

Dietro a questa ondata di “fake news” riguardanti le presente atrocità commesse dagli uomini diAssad sulla popolazione inerme e sui civili, ci sarebbe, talvolta, la mano dei ribelli anti-governativi, spesso filo-islamisti: ne è un esempio lampante il tweet che racconta della bambina “che corre e scappa per sopravvivere, dopo che tutta la sua famiglia è stata trucidata” dalle forze lealiste con tanto di hashtag “#Save_Aleppo” , diventato subito virale: peccato sia a tutti gli effetti uno scatto falso, giacché si tratta, in realtà, di un’immagine ripescata da unvideoclip della cantante libanese Hiba Tawaji che con Aleppo non c’entra evidentemente nulla.

Il video “virale” dell’attivista filo-ribelle Lina Shamy

La tv qatariota Al-Jaazera ha inoltre divulgato, nelle ultime ore, un video che ha fatto il giro del web, ripreso con grande fervore da gran parte dei media. È l’appello disperato dell’attivista filo-ribelli Lina Shamy, molto vicina all’ambiguo Free Syrian Army, non certo una voce imparziale e super-partes del conflitto siriano. “Per tutti quelli che possono sentirmi – racconta la giovane Shamy – qui ad Aleppo siamo esposti a un genocidio. Questo potrebbe essere il mio ultimo video. Oltre 50mila civili che si sono ribellati contro il dittatore al-Assad sono minacciati da esecuzioni sul campo o dalle bombe”.
È sufficiente tuttavia fare un banale ricerca e dare un’occhiata al profilo twitter della nota attivista anti-Assad per scorgere tra i suoi follower – le persone che lei ha deciso, di sua iniziativa, di “seguire” – molti militanti del Aḥrār al-Shām, gruppo armato siriano che raduna varie formazioni minori d’impronta ideologica islamista e salafita; insomma, non si tratta certo di “moderati”, come qualcuno tenta di spacciarli. E tra questi spunta persino il profilo di qualchesimpatizzante jihadista.

La “bufala” del cantante siriano anti-Assad ucciso

A tutto questo si aggiunge un’altra, incredibile, storia: ve lo ricordate il cantante siriano “sgozzato e buttato nel fiume”? “L’usignolo della rivoluzione siriana”, per anni dato per morto dai media occidentali, “ucciso dal regime barbaro e spietato di Bashar al-Asssad”? Ebbene, come ha recentemente scoperto il giornalista James Harkin in un articolo pubblicato su GQ, quella storia era una bufala e quell’artista – il cui nome reale è Abdul Rahman Farhood – è vivo e vegeto. Farhood divenne famoso con il nome di Ibrahim Qashoush nei giorni delle prime proteste contro il governo Assad grazie alla canzone “Yalla Erhal Ya Bashar“, diventata un vero e proprio inno della “rivoluzione”.
Pochi giorni dopo, lo stesso Farhood scoprì dalla televisione – Al-Jaazera – di essere stato selvaggiamente ucciso dagli uomini di Assad. “Il fatto è che a entrambe le fazioni andava bene così – spiega Farhood nell’intervista esclusiva – ed era meglio lasciare le cose così come stavano. Ad ogni modo la protesta non-violenta degli inizi era stata sostituita da quella degli affiliati di al-Qaeda, ossia Jabhat al-Nusra”.
Lo scivolone dell’ambasciatore siriano
Ad onor di cronaca, questa strategia di utilizzare immagini false – ma potenzialmente verosimili – è stata recentemente impiegata, più o meno consapevolmente, anche dalla controparte, ossia dal governo siriano. Come riporta infatti l’Independent, l’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari, parlando della crisi umanitaria di Aleppo nel consiglio d’emergenza svoltosi ieri a New York, avrebbe mostrato una fotografia delle milizie sciite irachene, risalente allo scorso marzo, mentre queste ultime prestavano soccorso ai civili nella città di Fallujah, spacciandola altresì per un’azione dell’esercito siriano ad Aleppo delle ultime ore. Intenzionale o meno, una brutta “gaffe” dell’ambasciatore siriano.

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