Chuck Berry, la leggenda del Rock ‘n roll

apr 15, 2017 0 comments
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Di David Grifone
Se il 3 febbraio del 1959 era considerato “il giorno in cui la musica morì”, come riportò Don McLean nella sua celeberrima canzone American Pie, con la morte, a seguito di un tragico incidente aereo, di tre stelle nascenti della musica rock ovvero Richie Valens, autore de La Bamba, Big Bopper, la cui musica fece da colonna sonora per il film American Graffiti e Buddy Holly leader dei Cricket, allora il 18 Marzo 2017, con la scomparsa di Chuck Berry, lo si può classificare come il giorno in cui è morto il Rock ’n roll. Indubbia l’influenza che questo artista ha avuto su tutte le generazioni di artisti avvenire. John Lennon aveva un’adorazione folle per Berry, tanto da affermare:
“Se volete dare un altro nome al Rock ’n roll, chiamatelo Chuck Berry”.
Ma come ha fatto un ragazzo di colore, che ha vissuto negli anni più marcati dalla discriminazione razziale, a diventare un simbolo per tutto il rock in divenire? Partiamo dal concetto stesso di Rock ’n roll, esso è derivato dalla commistione del folk country, musica bianca, e del blues, musica nera. Questo perché la musica americana attinge da svariate influenze: Latine, Caraibiche e Africane; New Orleans era infatti il luogo dove approdavano navi che trasportavano merci e schiavi, e al contempo anche cultura e tradizioni. La nascita del Rock ‘n roll quindi, coincide con la mescita di elementi bianchi e neri e il risultato non è altro che l’espressione diretta della società e della cultura del tempo…il nuovo idioma musicale è derivato dalla pura espressione popolare. Gli anni Cinquanta inoltre, comportano un crescente benessere da parte della popolazione di colore dopo le grandi immigrazioni verso le città del nord e si ha così un incremento di radio indirizzate a diffondere musica nera, la cosiddetta “Race music”.
Un giovane Chuck Berry si esibisce sul palco con la sua inseparabile Gibson

A partire dagli anni ’40 sono numerosissimi gli afroamericani presenti sul territorio e la Chess record, una casa discografica nata dalla mente di due fratelli molto ambiziosi, Leonard e Phill Chess, che di musica ne sapevano poco (non sapevano suonare alcuno strumento), ma che grazie alle loro idee sono stati promotori di questa grande rivoluzione musicale, promuovendo artisti del calibro di Muddy Waters e Howlin’ Wolf e, naturalmente, anche Chuck Berry. Quest’ultimo sarà influenzato particolarmente dalla scena della West Coast che aveva attirato un gran numero di afroamericani a lavorare nell’industria bellica facendo sì che si accrescesse di conseguenza la richiesta di musica nera. Pianisti come Jay McShann e Wyonnie Harris influenzeranno personalità quali Fats Domino e Little Richard, mentre T-Bone Walker, il padre dello stile elettrico, sarà punto di riferimento per B.B. King e Berry.
B.B. King, il "re del blues" ha ispirato signori della chitarre e del genere come Eric Clapton alias "Mr. Bluesman"

Il primo artista ad assurgere a emblema del rock scalando le classifiche tramite la Chess Record è Bo Diddley. La sua canzone I’m a Man è infatti il primo esempio di “rock blues”, dove l’indolenza tipica del genere e l’autocommiserazione vengono meno. Coi suoi live trascinanti e bizzarri diventa ben presto figura di spicco. Utilizza effetti innovativi, si arma di chitarre rettangolari e arruola nella sua band una ragazza Lady Bo, che all’anagrafe era registrata come Peggy Jones, la quale diverrà la prima chitarrista solista all’interno di una rock band. Sfortunatamente, pur essendo un innovatore a tutto tondo nel nuovo panorama musicale, la sua stella si spegne velocemente, dichiarerà infatti amareggiato negli anni successivi:
“Sono stato il primo ad aprire quella porta, e tutti sono entrati di corsa, lasciandomi lì, con la mano sulla maniglia”.
.....
Arriviamo così a Chuck Berry, che sarà colui il quale renderà i giusti onori alla casa discografica. Charles Edward Anderson Berry nasce il 18 ottobre 1926 a Elleardsville, un sobborgo di Saint Louis. La sua è un’infanzia parzialmente tranquilla, quartogenito di una famiglia benestante vive in una zona della città riservata alla gente di colore. A causa del suo animo irrequieto finisce in un riformatorio per tre anni a seguito di una rapina. Successivamente si dà una regolata e comincia a lavorare in fabbrica, per la General Motors e come parrucchiere, ma mantenendo sempre viva la sua passione per la chitarra. È appassionato di blues, ma anche di Hillbilly, termine che inizialmente ha un’accezione negativa, poiché indicava la gente di montagna rozza e ignorante, i cosiddetti Redneck o bifolchi, ma che in ambito musicale diverrà termine per indicare personalità artistiche eccelse, come i Delmore Brothers a cui si rifà Berry. Il periodo del riformatorio gli ha permesso di farsi le ossa in veste di chitarrista, suonando con diverse Boogie band, così, quando viene chiamato da Johnny Johnson, la sera di capodanno del 1952, per sostituire il sassofonista che si era ritirato all’ultimo minuto si presenta preparato e sicuro di sé, tanto da spodestare lo schivo Johnson e ottenere il ruolo di leader della band. La sua ambizione lo porta a diventare ospite fisso al Cosmopolitan Club di Saint Louis, dove accresce la sua fama. I bianchi sono attirati da questa figura che riesce a mescolare blues e country, il mix che, come già detto, creerà il nuovo idioma musicale.
Si rende conto di quanto sia potente la musica e quanto questa possa essere utile per superare i confini e le barriere razziali. Così, nel 1955 si dirige a Chicago per incontrare il suo idolo, Muddy Waters. Proprio quest’ultimo lo porterà a registrare il suo primo singolo per la Chess Records: Ida Red. Phil Chess, impressionato da questo personaggio fuori dagli schemi classici, lo sosterrà durante tutta la sua carriera. Il titolo della canzone viene poi cambiato in Maybeline, poiché il titolo Ida Red suonava troppo “old fashioned” e deriva dall’aver notato una scatola di mascara lasciata sulla scrivania della segretaria che portava proprio quel nome (verrà però cambiata una vocale, per evitare controversie legali). Il singolo viene pubblicato il 30 luglio del 1955 e la rivista “Cash Box” lo designa come “Artista più promettente dell’anno”.
cash box
Negli anni più turbolenti di trasformazione sociale, è perciò proprio un artista di colore a rappresentare il mito americano nascente. Bisogna considerare che Berry ha già trent’anni quando si presenta a raffigurare l’adolescenza americana e quindi è l’occhio di chi osserva dal di fuori, di chi ha già un’esperienza di vita maggiore rispetto al suo pubblico, ma riesce comunque ad essere trasportatore di questo sentimento collettivo. Non tutte le canzoni riescono a raggiungere il giusto appeal, i suoi testi sono spesso legati al mondo delle automobili, forse perché agli inizi della carriera visse nella sua macchina, così da risparmiare i soldi derivatigli dalle esibizioni dal vivo. La canzone No money Down racconta delle trappole che sono soliti utilizzare i subdoli venditori di macchine, mentre in You can’t catch me, si parla sì di automobili, ma in una veste fantascientifica, con tanto di inseguimenti e radio che trasmettono Rock ’n roll a manetta.
La macchina rappresenta quindi per l’artista il simbolo della libertà e dell’emancipazione. È nell’aprile del 1956 che pubblica però i brani più rappresentativi: Too much junkie business e Roll over Beethoven. Nella prima canzone racconta di tutti quei problemi con cui quotidianamente bisogna fare i conti e con i quali i ribelli teenager del tempo devono confrontarsi:
“Ogni giorno la stessa storia, alzarsi presto la mattina, andare a scuola. Non serve a niente lamentarsi, le mie obiezioni sono sempre respinte”.
Il cantante si cala nei panni del disagio giovanile comprendendolo perché ci è già passato attraverso. Questa canzone inoltre ispirerà un Bob Dylan alle prime armi per la stesura della sua Subterranean Homesick Blues, una decade dopo. È però Roll over Beethoven che incarna il vero spirito del Rock ’n roll, con il suo riff chitarristico introduttivo che raggiungerà poi l’apice con Johnny be good, così potente da accendere gli animi entusiasti della gioventù del tempo. L’intento è comunicare l’eccitazione e la reazione a questo fenomeno incendiario:
“Sai la mia temperatura sta crescendo e il jukebox sta bruciando i fusibili” esso è cura e malattia allo stesso tempo: “Ho la polmonite rock ho bisogno di un’iniezione di Rythm’n blues”.
Racconta di una coppia che si scatena davanti ad un jukebox, affermando che la musica non si fermerà mai finché essi avranno ancora una moneta. La quotidianità è quindi ora la tematica prediletta: School days, ad esempio, racconta della tipica giornata di uno studente americano. Ancora una volta il juke box torna ad essere protagonista quale diffusore di musica rock e luogo di aggregazione e sfogo dei giovani studenti al termine delle lezioni. Lo scopo è lasciarsi trasportare dalla musica e non sottostare alle imposizioni degli adulti. Con la strofa “Rock ‘n roll, mi libererà dai tempi passati” infatti si rileva la volontà di liberazione dal mondo adulto, ma potrebbe celare al contempo un miglioramento di vita, dove i tempi antichi (The days old) rappresenterebbero il periodo fosco delle discriminazioni razziali.
Un'immagine emblematica del livello delle leggi razziali presenti nei "democraticissimi" USA fino al 1968
Un’immagine emblematica delle leggi razziali presenti nei “democraticissimi” USA fino al 1968
Il personaggio ultimo e definitivo verrà però rappresentato nella iconica Johnny be good, dove protagonista è un country boy (anche se in origine si parlava di un “Coloured boy”, ma verrà omesso dal testo per le problematiche razziali) che con le sole forze e abilità che lo rappresentano riuscirà ad emergere fino ad ottenere una celebrità che perdurerà nel tempo. Con questa canzone Berry scatenerà tutta la sua verve, inventando anche la sua celebre Duck Walk che diverrà un suo marchio distintivo. La sua dedizione alla giusta causa del Rock ’n roll, l’imbracciare una Gibson mentre attraversa il palco su una gamba sola lo porteranno a diventare il vero guitar hero spingendo le figure artistiche successive a mettersi in gioco senza timori. Nessun artista rock contemporaneo può rinnegare l’influenza di Berry nel proprio percorso artistico. Ogni genere musicale che nascerà successivamente sarà in debito con questo artista unico e fenomenale. I “Beach boys” ruberanno il giro di chitarra di Sweet little sixteen per la loro Surfin’ Usa, per poi vedersi costretti, giustamente, a pagare a Berry la cifra di un milione di dollari sui diritti, mentre i Beatles, stavolta previo permesso di Berry, faranno una cover della frenetica Roll over Beethoven.
John Cumings, in arte Johnny Ramone, chitarrista della band punk per eccellenza, i Ramones, dirà: “Non mi sono mai piaciuti né il blues né il jazz, a me piaceva Chuck Berry” a testimonianza che lo spirito del “Do it yourself”, che caratterizzerà il movimento punk, ha una forte influenza derivata dal “Coloured boy named Johnny be good”. L’umiltà, il riscatto e le qualità artistiche di Berry hanno creato la rivoluzione primordiale che ha poi dato i suoi frutti nel corso del tempo, l’icona per antonomasia del Rock ’n roll non è il mito irraggiungibile, ma si identifica con noi comuni mortali.
Sono degni di nota due live: il primo del 6 maggio del 1956, anche se alcune fonti lo fanno risalire al 3 maggio dello stesso anno, dove, a seguito della sua esibizione a Boston, Berry crea disordini tali tra il pubblico da rendere necessario l’intervento della polizia per poter sedare la rissa scoppiata. Interviene anche il noto dj Alan Freed, grande amico di Berry, per placare gli animi irrequieti. Il racconto della vicenda, con annesso arresto del chitarrista, servirà a far assurgere Berry a vera e propria leggenda, tanto che la scena della rivolta verrà utilizzata come momento clou nel film American Hot Wax datato 1978 e basato sulla vita di Alan Freed, con la presenza dello stesso Chuck Berry e di Jerry Lee Lewis in qualità di ospiti d’onore. La pellicola non vedrà mai la luce sotto forma di dvd, ma è senza dubbio un cult per tutti gli appassionati. La seconda esibizione invece, è quella che vedrà la luce a seguito dell’introduzione di Berry alla Rock ‘n roll of Fame di Cleveland, dove gli viene dato il giusto riconoscimento per aver inventato un genere. Il premio gli viene consegnato da Keith Richards, il celeberrimo chitarrista dei Rolling Stones, grande ammiratore se non addirittura allievo prediletto dello stesso Berry. Richards decide di riportare il buon Chuck sotto i riflettori organizzando un concerto in onore dei sessant’anni del chitarrista al Fox Theater di S. Louis, la terra dove è nata e cresciuta la leggenda del Rock ‘n roll. Vengono chiamati ad affiancarlo: Eric Clapton, Etta James, Chuck Leavell, Bobby Keys, lo stesso Richards naturalmente, e Julian Lennon a rappresentare il padre John che era un grande estimatore di Berry. Vengono rispolverati i classici di Chuck Berry e i fan in estasi lo fregeranno nuovamente re del Rock ‘n roll. Da questa serata memorabile verrà tratto il documentario Hail, Hail Rock ‘ n Roll che uscirà nell’ottobre dell’anno successivo, accompagnato da interviste a Jerry Lee Lewis, Bo Diddley, Roy Orbison e Little Richard.
“Il Rock ‘n roll è stato generoso con me: mi ha accettato, mi ha fatto guadagnare denaro. Il rock per me è un figlio e al tempo stesso un nonno”.
Chuck Berry
FONTE E ARTICOLO COMPLETO: http://www.lintellettualedissidente.it/musica/chuck-berry-la-leggenda-del-rock-n-roll/

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