Mafia, commissariati 200 supermercati Lidl e vigilantes del tribunale: 14 arresti. “Sapevano bene chi corrompere”

mag 15, 2017 0 comments
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Quattro direzioni generali che gestiscono più duecento supermercati Lidl, cinque società con seicento dipendenti che si occupano della vigilanza al palazzo di giustizia, un filo rosso che lega  Milano e Catania. L’ultima inchiesta della direzione antimafia meneghina conduce direttamente nella città siciliana che negli anni ’80 si era conquistata i gradi di “Milano del Sud” grazie all’alta concentrazione di aziende e fabbriche. Solo che l’indagine del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Paolo Storari non si occupa soltanto d’imprese: c’è invece anche la mafia. A finire proiettata sulla città del Duomo è infatti l’ombra della famiglia Laudani, lo storico clan di Cosa nostra catanese.
I quattordici arrestati – Sono quattordici le persone che stamattina sono state arrestate dalla squadra mobile di Milano e dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Varese: sono accusate di far parte di un’associazione per delinquere che ha favorito gli interessi del clan catanese. “L’indagine – scrivono gli investigatori della Guardia di Finanza – avviata a giugno 2015, ha consentito di accertare che la citata famiglia mafiosa dei Laudani è riuscita, attraverso una serie di società e cooperative riconducibili al cosiddetto “gruppo Sigilog” di Cinisello Balsamo e facenti capo a diversi imprenditori – tra i quali Luigi Alecci, Giacomo Politi, Emanuele Micelotta ed i fratelli Alessandro e Nicola Fazio, tutti collegati a Orazio Salvatore Di Mauro, organico dei Laudani – ad infiltrarsi nel tessuto economico lombardo. Alecci è la figura di riferimento del sodalizio, in grado di gestire e mediare i rapporti tra gli imprenditori con i quali è in affari, mentre i fratelli Fazio, su sollecitazione del predetto, di Politi e di Micelotta, concorrono ad inviare, per il tramite dell’affiliato Enrico Borzì, somme di denaro contante in Sicilia destinate al sostentamento economico delle famiglie dei detenuti appartenenti alla famiglia mafiosa”. 

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