Italiana fugge dalla guerra libica: lo Stato le nega status di profugo

giu 12, 2017 0 comments
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Di Claudio Cartaldo
Lei si chiama Alessia Paolucci, nata a Ortona, in provincia di Chieti, ed è un profugo in Italia.
Nei giorni scorsi infatti ha vinto il primo round della sua battaglia contro lo Stato italiano, che riconosce lo status di rifugiato a tanti stranieri eppure voleva negarlo a lei, che dalla Libia è fuggita per evitare il drammatico conflitto che insanguina da anni Tripoli.
Andiamo con ordine. L'ordinamento italiano prevede che anche un connazionale che risieda all'estero per lavoro, se constretto a fuggire a causa delle guerre e senza lavoro nel Belpaese, possa richiedere lo status di profugo. Norma sacrosanta, che però a quanto pare lo Stato non è molto contento di concedere. A chi ottiene il riconoscimento, il governo garantisce una indennità di sistemazione e un contriburo alloggiativo. Soldi insomma. Come tanti soldi vengono elargiti per l'accoglienza degli stranieri.
La differenza qui è che Alessia è italianissima. Ed è una delle poche ad aver richiesto l'asilo nel suo Paese. La sua storia è molto particolare. Tre anni fa, racconta Libero, è andata in Libia per lavoro. Nel maggio del 2014 la Farnesina, mentre impazzava la guerra in Tripolitania, la chiamò per invitarla a tornare in Italia. Lei ha rifiutato, rigettando l'invito a imbarcarsi per il Belpaese anche dopo il bombardamento dell'aeroporto di Tripoli. Solo nel gennaio del 2015, dopo l'attentato al Corithia Hotel della capitale libica, Alessia si è decisa a fare i bagagli assieme al figlio 14enne e a sbarcare a Civitavecchia.
Appena tornata nel suo Paese di origine, la donna decide di far richiesta per lo status di profugo. Ma il ministero degli Esteri le nega il diritto di essere rifugiata nel suo Paese. Solo adesso il Tar di Pescara ha finalmente stabilito che Alessia ha tutto il diritto di accedere ai benifici di legge che garantisce lo status di "profugo equiparato". Ecco la sentenza del tar pescarese: "non serve alcun decreto interministeriale - ha stabilito il giudice - per poter riconoscere la qualifica di profuga all’istante, poiché la ratio della norma, nel prevedere gli eventi di carattere bellico o politico quali elementi necessari e sufficienti a determinare il rimpatrio e il conseguente riconoscimento dello stato di profugo, è evidentemente quella di tutelare coloro che incolpevolmente, in un Paese straniero, si trovino in situazioni di criticità e pericolosità conclamate tali da giustificare, ai fini della tutela dei cittadini, il rimpatrio anche in assenza di un provvedimento dichiarativo della Pubblica Amministrazione".

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