Di Chiara Arlati
La musica è una scienza che deve avere regole certe: queste devono essere astratte da un principio evidente, che non può essere conosciuto senza l’aiuto della matematica.
Mi collego all’articolo svolto da Emily, Il mare gotico, ossia all’analisi tra i vari legami più o meno evidenti che si mescolano, a diversi livelli, in tutte le forme d’arte e di comunicazione. Mi soffermerò sul rapporto tra musica e matematica.
Quando si sviluppa un discorso tecnico sui legami tra le due discipline, è naturale che l’accento cada sull’aspetto fisico aritmetico della musica: su tutto il complesso gioco di rapporti di frequenze e tempi che si descrive in termini matematici. Se la stessa divisione ritmica del metro musicale è indicata con una frazione matematica, oggi sappiamo che alla base di qualunque rumore vi è un contributo di innumerevoli onde stazionarie e che qualunque suono può essere scomposta in onde sinusoidali mediante l’analisi armonica.
In modo più astratto, la musica fu posta in relazione alla matematica anche nel suo aspetto compositivo. Questo tipo di analisi musicale ha avuto illustri cultori in tutti i secoli: Bach, Rameau, Tartini (Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia, 1754), Iannis Xenakis (Musica formalizzata, 1971), Pierre Boulez e Philip Glass (laureati in matematica e da qui hanno tratto ispirazione per la loro arte).
BACH E LE GEOMETRIE MUSICALI:
Opere Bachiane quali le Variazioni Goldberg, l’Offerta musicale e L’arte della fuga, utilizzano in maniera sistematica trasformazioni geometriche che invertono, ribaltano e dilatano temi musicali.
Le stesse sue trasformazioni, basilari per tutta la polifonia, sono poi state formulate esplicitamente agli inizi del secolo, come regole della dodecafonia.
Attraverso il linguaggio della geometria, è possibile descrivere e apprezzare le cosiddette simmetrie musicali:
- Da un tema si possono costruire le varie voci traslandole sull’asse dei tempi, così da farle sovrapporre al tema con un certo ritardo (es: canone di “Fra Martino”).
- Una traslazione sull’asse verticale, cambia le note del tema dato e quindi la tonalità.
- Invertendo il segno alla variabile dipendente o a quella indipendente, si esegue una riflessione.
- E infine, uno stiramento, è una variazione di unità di misura sull’asse orizzontale e verticale.
Consapevoli ora, dello stretto legame esistente tra la musica di Bach e il pensiero pitagorico, può essere utile, riflettere sugli aspetti “matematici della musica, che non a caso è rappresentabile, come una qualunque funzione matematica, su un sistema di assi cartesiani.
É infatti possibile rappresentare una qualunque linea melodica nello spazio, ponendo ad esempio sull’asse delle ordinate i valori relativi alle altezze sonore, e su quello delle ascisse la dimensione invece temporale. In tal modo una semplice funzione y = f(x) come quella indicata nella figura qui sotto, potrebbe indicare una linea melodica ascendente.
Il grafico, ancor più che lo spartito tradizionale qui sopra, mette in risalto un aspetto che l’orecchio non aveva affatto notato: è sufficiente un fugace colpo d’occhio per rendersi subito conto che la melodia ha una struttura simmetrica. Se eseguissimo la stessa melodia a ritroso, partendo cioè dall’ultima nota per arrivare alla prima, il risultato sarebbe infatti invariato (canone inverso).
La cosiddetta ars canonica di Bach, è fortemente incentrata su questa sorta di enigmistica musicale, nella quale il discorso è condotto da un abile gioco a ‘nascondino’ dei temi, più o meno chiaramente riconoscibili. Ben più che un semplice gioco intellettuale, per Bach dedicarsi ai canoni era opera di una speculazione complessa, forse di derivazione mistico-pitagorica e comunque destinata e comprensibile solo a degli iniziati. Certamente per lui il canone era dimostrazione di uno sbalorditivo virtuosismo compositivo, sempre condotto con un fortissimo senso del rigore e della razionalità.
Per rendersene conto, può essere sufficiente prendere in considerazione la struttura delle variazioni Goldberg, ampia composizione strutturata in 32 parti (un’Aria di 32 battute, trenta variazioni su di essa e una ripresa conclusiva dell’Aria stessa), secondo un principio formale rigoroso e una concezione architettonica molto complessa. In tale raccolta le variazioni sono disposte a gruppi da tre e l’ultima di ciascun gruppo è un canone, costruito su intervalli via via ascendenti (dall’unisono alla nona).
Connotazioni di carattere fortemente pitagorico all’interno di queste composizioni sono:
- Principio dell’enigma: nel quale i canoni si presentano come enigmi da risolvere.Principio dello specchio: in cui il carattere speculare dei canoni per moto contrario, potrebbe rispecchiare l’idea pitagorica del rapporto fra l’archetipo e la sua immagine.
- Il principio dello specchio ritorna anche nella notazione musicale greca (alfabetica), la cui invenzione viene attribuita da Aristide Quintiliano allo stesso Pitagora. In realtà, in tutta la storia delle religioni, si è sempre data importanza allo specchio: nel mondo antico era familiare l’idea che la creazione visibile fosse uno specchio di Dio.
- Principio della monade: nella quale i canoni sono composizioni complesse la cui struttura è essenzialmente derivata da un unico tema generatore di tutte le altre parti. L’idea che tutte le cose abbiano radice nell’uno, nell’unità, è un’idea pitagorica.
Scrivere questo articolo mi ha portato anche verso la possibilità di consigliare vivamente l’ascolto delle Variazioni Goldberg e di fare un confronto tra due differenti incisioni. Quelle fatte da Glenn Gould al pianoforte e da Ottavio Dantone al clavicembalo. Questo porterà ad un paragone tra i due strumenti. Vorrei capire con curiosità, la vostra opinione. Non mi permetterei mai di screditare la genialità di Gould, ma molto di più il risultato sonoro. Personalmente il clavicembalo riesce a restituirmi ciò che l’orecchio desidera percepire: sfumature, precisione e ricchezza. Il pianoforte non può render valore (almeno nel modo giusto) a questo genere musicale.
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