Benjamin Netanyahu è arrivato all’Assemblea Generale dell’Onu per parlare non solo al consesso dei leader del pianeta, dove molte delegazioni l’hanno fischiato prima e lasciato solo poi, ma anche all’opinione pubblica americana in un contesto che lo ha visto condurre una serie curiosa di incontri dopo la tappa al Palazzo di Vetro.
Netanyahu e l’influencer che lo ritiene “un eroe”
In particolare, Netanyahu ha avuto un confronto-intervista con un gruppo di influencer americani. La lista non è stata rivelata pubblicamente, ma il gruppo è sembrato guidato da Debra Lea, influencer conservatrice e filoisraeliana, in un contesto che gli ha consentito di esprimere la sua visione su diversi argomenti.
In particolare, Netanyahu ha risposto alle domande della condiscendente intervistatrice (che lo ha definito “un eroe”) circa la perdita di consenso da parte di Tel Aviv. L’intervista parla a un pubblico preciso: i conservatori e gli evangelici Usa, i membri di quella base politico-sociale che ha storicamente sostenuto le pretese israeliane per un mix di interessi, dalla convergenza economica alla visione religiosa del calvinismo evangelico, ma che appare sempre più distanziata dall’appoggio a Netanyahu.
I social, il campo di battaglia decisivo
Per Netanyahu, la madre di tutte le battaglie si sta combattendo sui social network. A suo modo, non un’affermazione errata: molte delle testimonianze dei massacri di Gaza e delle altre manovre israeliane, compresi diversi palesi crimini di guerra, sono stati documentati dal 7 ottobre 2023 in avanti tramite i social network. Il nodo della questione sta nel fatto che Netanyahu vede nella diffusione di questi contenuti una mano ostile e la minaccia di Stati rivali, che finanzierebbero campagne contro Tel Aviv.
Questo apre la strada alla trasformazione dei social network in campi di battaglia. “Dobbiamo contrattaccare: dobbiamo avere i nostri influencer, le nostre community, le nostri armi”, ha detto Netanyahu, “dobbiamo combattere nei campi di battaglia che evolvono”, sottolineando che i social media chiave sono X e TikTok.
Perché X e TikTok sono strategici per Netanyahu
Le due piattaforme sono state utilizzate per rendere virali molte scene di distruzione e devastazione andate in scena a Gaza e hanno indubbiamente contribuito a ricalibrare una copertura mediatica globale spesso orientata a raccontare in maniera molto meno netta il conflitto in Palestina, che ha sempre avuto poco della guerra propriamente detta e molto della strage sistemica.
Ebbene, Netanyahu si è rivolto direttamente ai proprietari dei due social network. Circa X, ha rivendicato che Elon Musk “è un amico” e che con lui “bisognerà parlare”, come a voler pensare a una volontà chiara di condizionare la pubblicazione di contenuti sulla piattaforma erede di Twitter. Ma ancora più interessante è il discorso riguardante TikTok, ritenuto l’arma “più importante” nella lotta per garantire la base di Israele. Il riferimento è alla volontà di controbilanciare una critica da destra alle politiche di Tel Aviv incarnata negli Usa soprattutto da anchorman come Tucker Carlson e che è stata definita woke right da Debra Lea e addirittura woke Reich da Netanyahu.
TikTok è interessante perché di recente Usa e Cina hanno trovato l’accordo per l’acquisizione del ramo americano della piattaforma legata a ByteDance in un contesto che ha visto il ruolo chiaro di Larry Ellison, patron di Oracle, che è un convinto sostenitore di Israele e, come ha ricordato Roberto Vivaldelli su queste colonne, regista dell’operazione che ha portato il figlio David a guidare la scalata al gruppo Paramount/Cbs e all’acquisizione di The Free Press, il portale fondato dall’ultrà filoisraeliana Bari Weiss per creare un potente polo pro-Tel Aviv nell’informazione americana.
La “Super-Sparta” dipende dagli influencer Usa
Musk e Ellison sono, en passant, gli uomini più ricchi del mondo. Ed è a loro che Netanyahu si appella per provare a ribaltare la narrazione che vede Israele perdere colpi ovunque nel mondo, e soprattutto nel Paese che rappresenta la ghiandola pineale dell’appoggio a Tel Aviv: gli Usa.
L’Israele “Super-Sparta“ capace di guardare con distacco e disprezzo il resto del mondo teorizzata da Netanyahu ancora non esiste e per ora Bibi prima che a emulare Leonida, Lisandro e Pausania deve pensare a coccolare i tecno-oligarchi statunitensi e la parata di influencer dell’area Maga e ultra-conservatrice per puntellare l’appoggio nei suoi confronti a Washington, ora che anche Donald Trump inizia a fare dei distinguo, ad esempio sull’annessione della Cisgiordania. C’è una fetta sempre più ampia di mondo che si è stancata di Israele e Netanyahu vuole contrattaccare coi social e gli influencer, come del resto già fatto a Gaza. Nella consapevolezza che sono i cuori e le menti il primo campo di battaglia.

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