Usa-Venezuela, cresce la tensione nei Caraibi

ott 5, 2025 0 comments


Di Andrea Muratore

Aumenta la tensione nel Mar dei Caraibi tra Stati Uniti e Venezuela dove il dispositivo aeronavale di Washington è in piena operatività. Nei giorni scorsi, dopo che l’1 ottobre Donald Trump ha comunicato al Congresso che quella contro i narcotrafficanti è un’operazione qualificabile come “conflitto armato” gli Usa hanno colpito quella che hanno dichiarato essere la quarta nave riconducibile ai cartelli trasportante droga verso gli States ad essere affondata. Salgono così a 21 i morti negli attacchi dal 2 settembre a oggi mentre nel frattempo le forze aeree e navali americane premono sempre più sul Paese governato da Nicolas Maduro.

Aumenta lo schieramento Usa attorno al Venezuela

Mentre aumenta la potenza del dispositivo navale e si consolida il dispiegamento dei caccia F-35 del Corpo dei Marines e delle unità del medesimo apparato e dei Ranger schierati a Porto Rico, oltre che dei cacciatorpediniere e dei pattugliatori della United States Navy che incrociano nel Mar dei Caraibi, Caracas denuncia provocazioni da parte di Washington e inizia a pensare che le mosse americane possano, potenzialmente, andare ben oltre la semplice strategia di contrasto ai narcos.

Il ministro della Difesa venezuelano Vladimir Pardino Lopez ha dichiarato che il 2 ottobre caccia americani sarebbero volati a 75 km delle coste del Venezuela, definendo “provocatoria” questa mossa, mentre nel frattempo gli analisti si interrogano sulle conseguenze della dichiarazione di Trump sul fatto che Washington stava confrontandosi con “combattenti irregolari”.

Massima pressione sul Venezuela e su Maduro

Certo, cartelli come il Tren de Aragua venezuelano sono ritenuti dal ritorno di The Donald alla Casa Bianca organizzazioni terroristiche alla pari di Al-Qaeda, dell’Isis e dei principali gruppi jihadisti, e sicuramente le parole di Trump riportate dal New York Times mirano a corroborare questo dato di fatto. Ma non solo: ricordiamo che per gli Usa, formalmente, anche il presidente Maduro è illegittimo.

Per il Segretario di Stato Marco Rubio, che ha alzato da 25 a 50 milioni di dollari la taglia sulla testa di Maduro per le accuse legate al narcotraffico internazionale, il leader di Caracas è un “fuorilegge”. “Quando si inondano le strade americane di droga, si terrorizza l’America, e questo finirà”, ha detto Rubio alla stampa il 2 settembre rifiutandosi di rispondere a una domanda esplicita sulla volontà di rovesciare il regime di Maduro ma specificando che “questa è un’operazione antidroga e affronteremo i cartelli della droga ovunque si trovino e ovunque operino contro gli interessi degli Stati Uniti”.

L’interventismo Usa nell’emisfero occidentale

Del resto, Trump starebbe da tempo lavorando assieme al segretario alla Difesa Pete Hegseth a una strategia di sicurezza nazionale fondata sul controllo e la sicurezza dell’emisfero occidentale, che passerebbe inevitabilmente per lo sfoggio di potenza alle porte di casa, in un’area dove Washington è sfidata da attori come Russia e Cina, oltre che depotenziata dall’assertività politica del Brasile del presidente Lula. E il Venezuela, con i suoi giri di valzer geopolitici con i rivali degli Usa, è con Cuba e Nicaragua lo Stato più ostile agli States nella regione. Come ha scritto l’esperta di politica internazionale del New York TimesKatrin Bennhold:

“Il rafforzamento militare al largo delle coste del Venezuela, seppur impressionante, è solo un esempio dell’approccio interventista dell’amministrazione Trump nei confronti dell’America Latina. Ha minacciato di impadronirsi del Canale di Panama e di bombardare i laboratori di droga messicani. Si è lanciata nella politica interna brasiliana per conto dell’ex presidente Jair Bolsonaro. La scorsa settimana, ha offerto un prestito di 20 miliardi di dollari per sostenere le fortune politiche del presidente argentino Javier Milei.

In quest’ottica, va capito quale potrebbe essere il fine ultimo dell’aumento della potenza americana nel Mar dei Caraibi. In prospettiva, come abbiamo spiegato, è difficile pensare che gli Usa intendano programmare un’invasione su larga scala del Venezuela, Stato complesso sul piano morfologico e geografico con le sue foreste e aree paludose. Più probabile che gli strateghi del Pentagono possano operare un aumento dell’intensità dei raid contro i narcotrafficanti potenzialmente coinvolgendo bersagli all’interno del territorio venezuelano.

Andrew C. McCarthy, celebre giurista americano, ha scritto sulla National Review che formalmente la dichiarazione di Trump si riferisce a una guerra “che non mette due nazioni sovrane l’una contro l’altra” e nega dunque al regime di Maduro la titolarità di difendere la sovranità venezuelana. Per il Washington Examiner, invece, non è da escludere una serie di operazioni mirate volte a occupare temporaneamente aree strategiche sulla costa per smantellare le capacità dei narcotrafficanti di operare contro gli Usa.

Operazioni mirate contro il Venezuela?

La testata ha commentato lo schieramento a stelle e strisce sottolineando che “le forze riunite siano ora sufficienti per conquistare e mantenere strutture strategiche chiave come porti e aeroporti sul territorio venezuelano”, così da poter esercitare pressione contro Maduro tramite azioni di forza non necessitanti un’invasione su larga scala.

Per il Washington Examiner le forze di terra dei Marines a Porto Rico sarebbero sufficienti per obiettivi di questo tipo e potrebbero “essere supportate da attacchi a sorpresa da parte di unità di fanteria aviotrasportata negli Stati Uniti. Sia il 75° Reggimento Ranger che l’82ª Divisione Aviotrasportata, rispettivamente, hanno un battaglione e una brigata pronti a schierarsi direttamente in combattimento con 18 ore di anticipo, ad esempio”.

Insomma, le acque del Mar dei Caraibi ribollono. E per gli Usa tutte le opzioni sono sul tavolo. L’alta tensione, senza precedenti da decenni, che attanaglia il Sud America svela il redde rationem tra le forze armate di Washington e Caracas, tra Trump e la sua amministrazione e Maduro e, in generale, tra gli Usa e un governo socialista venezuelano da oltre un quarto di secolo spina del fianco nel “cortile di casa”. L’ipotesi di una svolta militare è tutto fuorché da escludere.

 FONTE: https://it.insideover.com/guerra/usa-venezuela-cresce-la-tensione-nei-caraibi.html

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