“Israele non è in una guerra su sette fronti, ma su otto. L’ottavo fronte sono gli Stati Uniti, ed è una guerra ibrida, principalmente focalizzata sulla propaganda”. Queste parole sono del giornalista investigativo Max Blumenthal, intervistato dal Premio Pulitzer Chris Hedges in merito a ciò che sta accadendo nei rapporti tra Israele e Stati Uniti. Perché che vi sia una vera e propria escalation da parte di Tel Aviv nel cercare di non perdere l’appoggio dell’opinione pubblica americana, è del tutto evidente.
Cosa dicono i sondaggi che preoccupano Israele
Motivo? Com’è noto, gli Stati Uniti forniscono a Israele un fondamentale supporto in ambito di intelligence e difesa, integrando gli aiuti militari annuali di 3,8 miliardi di dollari (2019-2028). La cooperazione include la condivisione di dati sensibili tramite accordi come il Memorandum NSA-Israele del 2009, esercitazioni congiunte come Juniper Oak, e lo sviluppo tecnologico di sistemi come Iron Dome, finanziato con oltre 500 milioni di dollari annui. Dal 2023, gli Stati Uniti hanno intensificato l’assistenza con truppe, sistemi THAAD e 17,9 miliardi di dollari in aiuti straordinari, rafforzando il Qualitative Military Edge di Israele contro quelle che ritiene le minacce regionali. Tutto ciò è garantito non solo dalla “relazione speciale” tra i due Paesi ma, soprattutto, dall’efficace azione di una potentissima lobby che agisce tramite l’Aipac e altre realtà per influenzare la politica del Congresso Usa.

Tuttavia, questo supporto incondizionato è minacciato da un’opinione pubblica sempre più critica nei confronti di Israele e della sua guerra genocida a Gaza. Un recente sondaggio del New York Times e della Siena University rivela che molti elettori esprimono ora opinioni negative sulla gestione del conflitto da parte del governo israeliano: per la prima volta dal 1998, la maggioranza degli elettori si schiera con i palestinesi rispetto agli israeliani. Dopo gli attacchi guidati da Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, gli elettori americani simpatizzavano ampiamente con gli israeliani rispetto ai palestinesi, con il 47% a favore di Israele e il 20% a favore dei palestinesi. Nel nuovo sondaggio, il 34% ha dichiarato di schierarsi con Israele, il 35% con i palestinesi, mentre il 31% si è detto incerto o ha sostenuto entrambe le parti in egual misura.
Da Larry Ellison a TikTok, le contromisure di Tel Aviv
Un calo nei consensi che preoccupa fortemente la lobby israeliana e il governo di Benjamin Netanyahu. Da qui le contromisure intraprese negli ultimi mesi per tentare di ribaltare la situazione. Come ha spiegato su InsideOver Raffaele Buccolo in tempi non sospetti, il Ministero degli Esteri israeliano ha intensificato il proprio sforzo comunicativo attraverso una serie di campagne pubblicitarie digitali, veicolate soprattutto su Google e YouTube, al fine di influenzare l’opinione pubblica occidentale e statunitense, in particolare.
Su InsideOver vi abbiamo inoltre raccontato come, nelle ultime settimane, la famiglia Ellison – il magnate Larry e il figlio David – abbia messo in campo una serie di operazioni che stanno consolidando un impero mediatico da far impallidire Murdoch. Larry Ellison, il mega-miliardario di Oracle che ha donato milioni di dollari a Israele e all’IDF, con un patrimonio netto stimato in oltre 380 miliardi di dollari, ha appena visto suo figlio acquisire Paramount/CBS per affidarne la guida alla giornalista Bari Weiss, fondatrice di FreePress e convinta sostenitrice della politica israeliana a Gaza. Non solo, Ellison padre sta cercando di comprare la Cnn e ora si appresta ad acquistare TikTok insieme ad Andreessen Horowitz.
Non solo, nel mega accordo per l’acquisto di TikTok per 14 miliardi di dollari, come nota Responsible Statecraft, ci sarebbero anche Rupert Murdoch, capo del colosso mediatico NewsCorp (Fox News), un perenne critico del “pregiudizio anti-israeliano” nei media, il braccio destro di Ellison presso Oracle, l’israelo-americana Safra Catz , grande amica del presidente Trump, che si è recata in
Israele diverse volte dal 7 ottobre 2023 a sostegno della guerra e delle partnership con Oracle, oltre a Jeff Yass , uno dei principali donatori del partito repubblicano, investitore di TikTok e fervente sostenitore di Tel Aviv. Si può immaginare quale sarà il destino dei contenuti etichettati come “pro-pal” (anche delle banali critiche verso Israele) quando questi signori metteranno le mani su TikTok, influenzando – questo è l’obiettivo – le opinioni dei più giovani, fruitori dell’app, una fascia di popolazione estremamente critica verso le azioni di Israele a Gaza.
L’influenza di Larry Ellison su Marco Rubio
E a proposito di Larry Ellison, email hackerate ottenute da Drop Site News rivelano che il co-fondatore di Oracle ha esaminato l’allora senatore Marco Rubio (oggi Segretario di Stato) per la sua fedeltà verso Israele nel 2015. La corrispondenza, parte di un archivio pubblicato dal gruppo di hacker Handala e ottenuto da Distributed Denial of Secrets, evidenzia il ruolo di Ellison nel plasmare le politiche e le narrazioni mediatiche degli Stati Uniti a favore di Israele, secondo quanto riportato nell’articolo di Ryan Grim e Murtaza Hussain e pubblicato su Drop Site News.

Le email mostrano Ellison in comunicazione con Ron Prosor, all’epoca ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, mentre discutevano della candidatura presidenziale di Rubio nel 2016. In un messaggio del 26 aprile 2015, Prosor ha chiesto a Ellison una copia di un discorso di Rubio, che aveva criticato l’amministrazione Obama per la sua presunta “ostilità verso Israele”. Dopo un incontro a cena, Ellison ha organizzato un incontro tra Rubio e Tony Blair, ex primo ministro britannico e partner di lunga data di Ellison, confermando in un’email del 30 aprile che “Marco sarà un grande amico per Israele”.
Ellison, che ha donato o impegnato oltre 350 milioni di dollari al Tony Blair Institute, ha sostenuto Rubio con 5 milioni di dollari versati al super Pac Conservative Solutions durante le primarie del 2015-2016. Oggi Rubio è Segretario di Stato mentre Tony Blair ha un ruolo centrale nel “piano di pace” presentato dall’amministrazione Trump e appoggiato da Netanyahu.
Gli influencer pagati
Un’altra azione messa in campo da Israele e dalla lobby negli Usa riguarda gli influencer a libro paga. Responsible Statecraft ha pubblicato un articolo su come Israele stia pagando un gruppo di 14-18 influencer sui social media, con compensi di circa 7.000 dollari a post, per migliorare l’immagine del paese nell’opinione pubblica americana. La campagna, chiamata “Esther Project”, è gestita da Bridges Partners, che lavora per il Ministero degli Affari Esteri israeliano.
Durante un recente meeting, è stato lo stesso Benjamin Netanyahu a sottolineare l’importanza degli influencer pro-Israele per contrastare le “narrazioni negative”. Bridges Partners, che lavora per il Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha fatturato 900.000 dollari a Havas Media Group Germany per una “Campagna Influencer” che coinvolge 14-18 influencer, da giugno a novembre. Tuttavia, non è chiaro chi siano gli influencer coinvolti, che avrebbero dovuto iniziare a pubblicare a favore di Israele a luglio, ma non si sono registrati come agenti stranieri, violando probabilmente il Foreign Agents Registration Act (Fara).
Brad Parscale, da Trump ad agente per Israele
Altro pezzo di questa larga ed estesa “offensiva” di Israele volta a influenzare l’opinione pubblica Usa riguarda Brad Parscale, ex direttore dei media digitali per la campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016 e responsabile della campagna per la rielezione di Trump nel 2020, il quale si è recentemente registrato come agente straniero per Israele, firmando un contratto da 6 milioni di dollari per sviluppare “campagne digitali contro l’antisemitismo”. Secondo il Foreign Agents Registration Act, Parscale ha iniziato a lavorare per il governo israeliano il 18 settembre tramite la sua nuova società, Clocktower X LLC, collaborando principalmente con il Ministro degli Affari Esteri di Israele e il suo capo di gabinetto, Eran Shayovich.
Il contratto, riportato per la prima volta dal Quincy Institute for Responsible Statecraft, prevede che Clocktower produca contenuti mirati principalmente alla Generazione Z, con almeno l’80% delle campagne destinate a piattaforme come TikTok, Instagram, YouTube e podcast, con l’obiettivo di raggiungere 50 milioni di impressioni mensili. La società utilizzerà anche strategie di ottimizzazione per motori di ricerca tramite il software MarketBrew AI per migliorare la visibilità dei messaggi pro-Israele e creerà siti web per influenzare i modelli di intelligenza artificiale come ChatGPT.
Così, mentre i sondaggi segnalano un tracollo di consensi, la risposta di Tel Aviv non è un cambio di politica a Gaza, ma un’operazione su vasta scala per cambiare la percezione degli americani, trasformando il suo più grande alleato in un vero e proprio campo di battaglia di propaganda.

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