Quelle strette di mano che hanno cambiato la Storia

set 27, 2015 0 comments
«Notte o Blücher» invoca il Duca di Wellington all’epilogo della decisiva battaglia di Waterloo contro Napoleone, 18 giugno 1815, auspicando la caduta delle tenebre – che al tempo sospendevano ogni ostilità – o l’arrivo dell’alleato feldmaresciallo prussiano Gebhard Leberecht von Blücher, a prevenire la riscossa francese. Blücher giunge puntuale, chiude per sempre l’egemonia di Parigi sull’Europa e il Duca gli stringe la mano a cavallo, per la gioia dei pittori. 






Virile stretta di mano in sella ai focosi destrieri, la stessa iconografia che nelle tele dell’Ottocento italiano ritrae Re Vittorio Emanuele di Savoia con il generale Giuseppe Garibaldi, reduce dalla campagna dei Mille in Sicilia, che gli consegna a Teano il Regno del Sud, liberato dai Borboni. 

Il simbolo di tregua  
La stretta di mano a Panama tra Barack Obama e il dittatore cubano Raùl Castro, fratello del fondatore della dinastia rivoluzionaria Fidel, lancia sul web infinite gallerie di saluti tra leader, nemici, amici, provvisori alleati come il ministro degli Esteri russo Molotov con il collega tedesco von Ribbentrop, nel precario «patto» tra i totalitarismi sovietico e nazista, che due anni dopo l’invasione di Hitler contro Stalin rompe. Intimidito, Molotov si leva la lobbia borghese, il gerarca in divisa lo fissa astuto. Finirà impiccato nel 1946 a Norimberga, proclamando «Pace al mondo!». Un anno prima, alla Conferenza di Potsdam, Stalin, il neo presidente americano Truman e il premier inglese Churchill siglano la vittoria con una triplice stretta di mano. La Guerra Fredda – che secondo il diplomatico Kennan comincia quando l’Armata Rossa nel 1944 lascia dissanguare la Resistenza polacca a Varsavia – rende quel sorridente saluto una beffa. 
Stringersi la mano – avvisa Wikipedia – era ancestrale saluto per dimostrare di essere a mani nude, senza armi in pugno, e al Museo Pergamon di Berlino una stele funeraria del V secolo ritrae due soldati che siglano così la tregua. Un bassorilievo coevo, custodito ad Atene, conserva invece le dee Era e Atena che – leader dell’Olimpo – si stringono pacifiche la mano. Le foto 2015 Atene-Berlino della cancelliera Merkel e del premier Tsipras, non riproducono ancora l’olimpica armonia. 

Rivalità nascoste  
Ci sono strette di mano che nascondono rivalità perenne, Bill Gates di Microsoft e Steve Jobs di Apple, l’ex presidente dell’Inter Moratti e l’ex Dg della Juventus Moggi, i tennisti Borg e McEnroe sull’erba di Wimbledon, e strette di mano che annunciano tragedie. Su un altro prato, alla Casa Bianca nel 1993, il premier israeliano Rabin e il presidente palestinese Arafat, si stringono la mano, paterno il presidente Clinton li abbraccia entrambi, sfoggiando un’orrenda cravatta a motivi gialli. Rabin pagherà con la vita la sua scelta di pace. 

I guanti di Elisabetta  
Mao sorride stringendo la mano a Nixon nel 1972, e il loro incontro cambia il mondo riportando la Cina nella comunità internazionale, una generazione basta al sorpasso economico Pechino-Washington e a nuove frizioni militari. Nel 1961 a Vienna sorride l’inesperto presidente Kennedy al rude russo Krusciov, veterano della battaglia di Stalingrado: Kennedy esce male dal summit, raffina la sua diplomazia e nel 1963, poco prima di morire, firma un cruciale accordo con Mosca sulle armi nucleari. La Regina Elisabetta non si toglie mai i guanti, salutando, e l’etichetta sta dalla sua, alle donne non compete. Il presidente Reagan usava caloroso la destra e la sinistra, come Fidel Castro con papa Wojtyla, compunto comunista ex allievo dei gesuiti.  
La stretta di mano tra leader rivali deve essere accoppiarsi allo sguardo aggressivo, come Putin con la Merkel nei giorni delle sanzioni dopo la Crimea (il leader russo sguinzaglia durante gli incontri i suoi dobermann, sapendo che la cancelliera non ama i cani), ma «Angela» non dimostra alcuna timidezza e lo fissa. In altri casi conviene, per formalità, porgere la mano, ma distogliendo lo sguardo si consegna ai fotografi l’immagine di severa presa di distanza. Così il premier giapponese Abe e il presidente cinese Xi Jinping, Obama e Putin, il principe Carlo e il despota dello Zimbabwe Mugabe. Quando i segnali si contraddicono, ecco il sorridente presidente iraniano Rohani e il corrucciatissimo Hollande, mani strette indicando però che Teheran vuole l’intesa sul nucleare e Parigi, in quel momento, la osteggia. 

La resa del generale Lee  
Il saluto tra Obama e Raul Castro è canonico, formale, non polemico. A quale delle categorie vada annesso, le felici o le infelici, vedremo presto. Forse la stretta di mano più filosofica resta però quella tra il generale sudista confederato Lee e gli ufficiali dello stato maggiore unionista del generale Grant durante l’armistizio del 1865 ad Appomatox, dopo la Guerra di Secessione. Salutando il generale nordista Ely Parker, nato nella tribù indiana dei Seneca, l’aristocratico Lee osserva cortese: «Son felice di salutare qui un vero americano» e il saggio Parker replica «Siamo tutti americani adesso generale». 
www.riotta.it  

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