Khalid Chaouki moroso: non versa i contributi alla sua assistente

ott 7, 2017 0 comments
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Di Francesco Curridori

Khalid Chaouki digiuna per concedere lo ius soli agli stranieri, ma si scorda di versare i contributi alla sua italianissima assistente parlamentare.

Il deputato Pd, coordinatore dell’intergruppo cittadinanza e immigrazione, è stato trascinato in tribunale da una sua collaboratrice che aveva assunto 5 anni fa senza mai regolarizzarla. Chaouki, parlamentare di origini marocchine è diventato un pezzo grosso del suo partito battendosi per i diritti umani degli stranieri, ora, è stato dichiarato contumace dal giudice per essersi sottrato dal processo. Lui, intercettato telefonicamente dal fattoquotidiano.it, assicura: “Ma è tutto risolto è vero, c’è stato un ritardo nel versamento (di 5 anni, ndr) che è dovuto a problemi personali, ma ora abbiamo trovato un accordo, per cui la causa sarà ritirata. Altro non dico”. L'avvocato Marzia Rositani, legale della sua assistente parlamentare, precisa: “Un possibile accordo è in avanzato stato di composizione” ma agli atti, per ora, non risulta nulla tanto che la prossima udienza che si terrà il 20 febbraio 2018, quando la legislatura starà praticamente finendo. Dalle carte del processo, in realtà, si scopre che Chaouki è uno dei pochi che, dopo dua anni di cocopro, ha fatto un contratto regolare alla Camera, sfruttando gli incentivi previdenziali del JobsAct. Quando però si è accorto che tali incentivi non coprivano tutti i costi e così ha deciso di non pagare.
A giugno, infatti, nel corso dela prima udienza non ha partecipato alcun legale del citato in giudizio, perché il deputato non si è mai costituito ma l'Inps e ha aderito al giudizio contro Chaouki in quanto, pur avendo anticipato i contribuiti figurativi, non ha mai ricevuto i pagamenti effettivi. Il giudice ha, pertanto, emesso un decreto ingiuntivo contro Chaouki. Fabio Santoro, avvocato che segue alcune delle cause al fianco dell’Associazione degli assistenti parlamentari (Aicp), spiega che quando gli onorevoli sono citati in giudizio corrono a conciliare, come è già successo a Domenico Scilipoti che, alla fine, ha pagato 1.500 euro per conciliare la causa davanti al giudice. “Di solito propongono accordi stragiudiziali o direttamente in giudizio, appena inizia il processo, nei quali fanno balenare la restituzione del dovuto a fronte di un impegno alla riservatezza totale, a tutela della loro immagine, circa l’irregolarità dei rapporti in essere”. Ma la Boldrini riuscirà a mettere fine agli abusi? “Non ci credo, spero di essere smentito. Ha avuto quasi cinque anni di tempo per occuparsene e la situazione le è stata prospettata dal primo giorno della legislatura esattamente come con Bertinotti e Fini prima di lei. Promettere ora, a fine legislatura, un impegno sembra una premura pre-elettorale". "Basta una delibera del suo ufficio, e se in quello non ha l’appoggio dei capigruppo - conclude - lo convochi in modo da formalizzare le posizioni, così che ciascun partito si assume la sua responsabilità in questa storia di fronte agli elettori. Ha il sostegno di tutto il Paese su questo. Vediamo se vincerà ancora una volta l’ipocrisia”.

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