Intervista a KIOL

feb 21, 2021 0 comments

Intervista di Salvatore Santoru a KIOL

1-Da poco è uscito il tuo nuovo singolo, “Ciao”. Qual è stata, sino ad ora, la sua recezione?

Devo dire che Ciao è stato uno dei pezzi più apprezzati dell’album; forse perché è stato spinto di più oppure perché ha un sound molto fresco ed è una perfetta colonna sonora per tanti momenti della giornata! Ciao è una canzone che parla di andare avanti, di avere il sangue freddo per lasciare qualcosa per trovare qualcosa di più, rischiando.

Questa immagine viene metaforizzata nella canzone tramite il salutarsi di due amanti che, per un motivo o per un altro, sono costretti a lasciare il proprio amore alle spalle. Essendo spesso in tour, movendomi spesso di città in città e non avendo avuto una “residenza” per molto tempo ho dovuto affrontare situazioni del genere, come molti miei coetanei che per studio o lavoro sono costretti ad abbandonare le relazioni create in un posto per spostarsi in un altro, andando avanti. Forse il motivo per cui è piaciuta tanto è forse il tema, che tratta della realtà di molti giovani come me. 


2- Il disco fa parte del tuo primo album, “Techno Drug Store”, uscito ad ottobre del 2020 e prodotto dalla Join Records. Quanto ti ritieni soddisfatto di esso?


All’inizio del 2020 avevo appena finito di produrre il mio primo album e avevo già in programma di suonarlo dal vivo di fronte al maggior numero di persone possibile. Qualche mese dopo però è arrivato il COVID.


Siccome mi sono sempre concentrato sul cantare dal vivo e portare la mia musica ovunque si potesse, mi sono ritrovato nella situazione in cui l’unico modo per parlare alle persone era tramite i social networks. Inutile dire che non avendo mai improntato la mia carriera sull’utilizzo dei social, mi sono ritrovato, e tuttora mi ritrovo fermo, in attesa di poter ricominciare a suonare le mie canzoni davanti al mio pubblico. Credo di parlare a nome di molti musicisti quando dico che rapportarsi con i tuoi fans tramite le piattaforme digitali non potrà mai competere con l’emozione e la realtà della musica dal vivo.


Il COVID ha penalizzato tanti di noi, che, essendo piccole realtà indipendenti, basavano tutto sul rapporto diretto con le persone che venivano ai live. Nonostante questo blocco totale, che dura ormai da quasi un anno, ho pubblicato il mio primo album lo scorso ottobre, nella speranza di regalare qualche emozione alle persone che mi seguono. Inutile dire che se avessi potuto portare questo album live, avrei potuto godere a pieno del lavoro fatto. Rimanendo invece dietro uno schermo, anche se i risultati sono stati buoni, sento un distacco totale tra me e le persone che mi ascoltano. Come tanti altri miei colleghi sto solo aspettando il momento in cui la gente si potrà di nuovo riunire per sudare e urlare insieme sotto un palco. Fino ad allora continuerò a fare uscire la mia musica e a tenere aggiornate le persone che mi seguono tramite i social, consapevole però di perdermi i loro sorrisi, le urla, il sudore, le lacrime, che da sempre mi rendono felice di essere un musicista. 



3- Hai aperto concerti di noti artisti internazionali storici e non, da Joan Baez a Natalie Imbruglia passando a Patty Smith e ai Placebo solo per citarne alcuni. 

Quanto hanno inciso queste esperienze nell’ambito della tua crescita individuale ed artistica e, inoltre, quali consideri le più importanti di esse ?


Ho avuto la fortuna di essere opening act di artisti molto importanti, quali Natalie Imbruglia, Jack Savoretti, Negrita, Placebo, Patty Smith, Joan Baez, Eros Ramazzotti. Grazie a loro ho suonato su palchi che non avrei neanche mai sognato di vedere (Olympia di Parigi, 02 Academy & Sheperd’s Bush a Londra…).


Non immaginavo di poter addirittura stringere amicizie, come è successo con alcuni di loro, ma la cosa più importante che ho imparato da questi “Big” della musica è quanto questo sia un lavoro che necessita una solidità impressionante, e soprattutto quanto lavoro duro ci sia dietro la facciata della Rockstar. Ogni concerto ha fatto di me la persona e il musicista che sono adesso e vivendo la musica dal vivo e il mondo che la circonda ho imparato che cosa voglia dire fare musica nella vita. La passione per la musica è la cosa principale. E’ la cosa per cui ogni artista inizia la sua carriera e che rivivi in ogni canzone quando la canti davanti al tuo pubblico. Ma la passione e il talento non sono l’unica cosa fondamentale per avere una carriera. Per rendere quest’ultima di successo, dietro ci sta un lavoro enorme non solo dell’artista, ma anche di tutte le persone fidate con cui scegli di percorrere la tua strada.



4- Quanto ritieni fondamentale l’importanza del live?


I live danno vita alla musica, le danno senso. Oggi il valore della musica e il modo in cui viene percepita sono davvero limitanti, sia per l’ascoltatore che per l’artista. Avere tutta la musica a disposizione su un cellulare ammazza la poesia. Ogni canzone racconta una storia, regala emozioni. E se tu hai la possibilità di “skippare” la canzone appena ti annoia non riuscirai mai a capirne il senso.


Una canzone è come un libro. Devi arrivare alla fine per capirne il significato e per farla tua. Devi a volte rileggere una pagina più e più volte affinché ti rimanga nel cuore. Ad oggi i live sono l’unico modo per regalare questa emozione alla gente, e da artista, per viverla in diretta con loro. 


5- Qual è l’origine del nome d’arte “Kiol”?


Nel 2014, quando passai 3 mesi a Mallow, in provincia di Cork (Irlanda), ero un batterista alle prime armi con la chitarra ma avevo già 4/5 cover nel mio repertorio. Conobbi un sacco di persone del posto con cui iniziai ad uscire. Una sera mi esibii per loro e da quel momento insistettero nel farmi portare la chitarra ogni volta che ci vedevamo! Proprio durante quell’estate, loro decisero quale sarebbe stato il mio nome, che in gaelico antico significa musica. In realtà sarebbe scritto “Ceol” ma la pronuncia mi fece pensare a Kiol e subito me ne innamorai.



6- Come valuti l’attuale stato della scena cantautoriale, sia in Italia che nel mondo anglosassone?


Oltre all’immortale Pop music, che quella c’è e ci sarà sempre (e ne sono anche contento), vedo che l’Italia, e ovunque nel resto del mondo, si stiano creando filoni di genere che diventano di tendenza, e quindi ogni artista diventa plagio di un altro. Musica sempre troppo uguale, artisti sempre troppo uguali l’uno all’altro, finché non ne arriva uno che ha davvero qualcosa di diverso da dire, che poi inizia ad essere di tendenza e quindi tutti gli altri iniziano a fare quello che fa lui. Questa cosa non mi piace tanto ad essere sincero. Anni fa l’essere “diverso” o “originale” era la cosa che più ti premiava. Ognuno aveva la sua identità, unica, irripetibile, e per questo spiccavi. Oggi, molti artisti che decidono di intraprendere una carriera, guardano che musica “va” e via, in un men che non si dica iniziano a far parte di quell’enorme numero di artisti che fanno tutti la stessa roba. Fino a che poi nessuno la ascolta più e avanti con un altro trend. 


Infatti oggi nella musica è molto raro vedere che si creino movimenti musicali guidati da ideali veri che rimangono duraturi nel tempo, come il Rock o il Rap, e questo fa pensare. Forse per “farcela” bisogna copiare gli altri? Io non ci sto, farò la mia musica, quella che sento pura e che è fedele alla mia personalità, e ognuno dovrebbe fare così: Il mio obiettivo è quello di portarla ovunque nel mondo cercando persone che, perché glielo dice il cuore, vengano da me dicendomi “aspetto con ansia il tuo prossimo disco”, e stai sicuro che proverò a soddisfarli con tutto me stesso. 


7- Hai altri progetti per il futuro?


Concerti? Appena si potrà partirò con la mia chitarra e mangerò più palchi possibile suonando il mio nuovo album. Sto già lavorando ad un nuovo disco, ad un cortometraggio e ho appena iniziato una bellissima collaborazione con un produttore torinese di nome Mariatti. Il 2021 sarà decisamente un anno ricco di sorpresine musicali, quindi rimanete aggiornati ;) 



8- Quanto ha inciso il periodo del Lockdown e, più genericamente, l’attuale pandemia sulla tua produzione e attività artistica?


Da quando ho iniziato a scrivere musica mi sono sempre concentrato su una cosa: fare quanti più concerti possibile. Questo ha creato in me il bisogno di portare la mia musica dal vivo; fare uscire una canzone su Spotify e parlarne su Instagram non mi basta, ho bisogno di vedere le emozioni negli occhi delle persone mentre ascoltano la mia musica! Siccome mi sono sempre concentrato sul cantare dal vivo e portare la mia musica in giro, mi sono ritrovato nella situazione in cui l’unico modo per parlare alle persone è tramite i social networks. Inutile dire che non avendo mai improntato la mia carriera sull’utilizzo dei social, mi sono ritrovato, e tuttora mi ritrovo fermo, in attesa di poter ricominciare a suonare le mie canzoni davanti al mio pubblico. Ho pubblicato l’album nonostante il periodo difficile, ma l’obbiettivo rimane quello di poterlo suonarlo al più presto dal vivo. Nel frattempo sto studiando molto come migliorare il mio songwriting e la mia produzione, scrivo tutti i giorni e sto già lavorando su un secondo album.

Ho iniziato varie collaborazioni e produzioni per altri artisti. Una cosa nuova che ho scoperto grazie a questo lockdown è la magia del Film Scoring, ovvero scrivere musica per i film. Sto studiando parecchio questa materia e non vedo l’ora di iniziare a musicare il primo cortometraggio, un lavoro che mi è stato proposto proprio in questi giorni. La musica non ha limiti, tutto ha bisogno di soundtrack, e io ho solo voglia di giocare. 


Come persona devo dire che ho trovato il modo di vivere molto positivamente anche questo strano periodo; sono scappato al mare con la mia ragazza e mi sono dedicato non stop ai miei studi e alla scrittura. Questo periodo, nonostante tragico, ha avuto, per i più fortunati, alcuni benefici, rallentando la fretta con cui siamo soliti vivere e dedicandosi e apprezzando le cose vere di questa vita.

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