La particella di Dio: ricerca scientifica tra divulgazione e sensazionalismo

lug 10, 2012 0 comments
Di Valerio Tripodo
Il problema della Big Science. La divulgazione scientifica basata sul sensazionalismo con l’unico scopo di procacciare finanziamenti. L’attuale esempio del bosone di Higgs come problema della comunicazione fra ricerca e grande pubblico.

Il 4 Luglio 2012 entrerà nella storia della scienza, a meno di future smentite,  per la scoperta del bosone di Higgs, una particella teorizzata nel 1964 da Peter Higgs insieme a François Englert e Robert Brout, e indipendentemente da G.S. Gurlanik, C.R.  Hagen e T.W.B. Kibble (tanto per rendere onore anche ai fisici rimasti in ombra).

TWITTER  SUBNUCLEARE - Nonostante la scoperta non sia delle più intuitive, si è verificato un enorme impatto mediatico, anche grazie al fatto che la particella è nota con l’altisonante nomignolo di  “particella di Dio”. L’hashtag #Higgs non ha tardato a scalare le vette dei trend globali di Twitter, ed anche l’Italia non è stata da meno. Andando a spulciare bene il social network, però, si scopre subito ciò che si poteva sospettare: non siamo un popolo esperto di fisica subnucleare, ed il bosone di Higgs è comparso fra i trend giornalieri solo come oggetto di battute e frasi sarcastiche.
Cito, ad esempio, uno dei nostri follower (che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere un vero esperto in materia), Davide Battistoni, che scrive: «Trovata la “particella di Dio“. Berlusconi smentisce: Non ho perso nulla» o «Trovata la “particella di Dio”. Ora resta da scoprire cosa sia il Pd» .
Al di là della risata, viene da chiedersi: c’è qualcuno che effettivamente abbia capito cos’è il bosone di Higgs? O ci siamo solo lasciati prendere da una trappola giornalistica? Per capire le sfaccettature meno evidenti della divulgazione e del sensazionalismo scientifico, bisogna prima affrontare il discorso della Big Science.

BIG SCIENCE - Il 17 gennaio 1961, il Presidente USA Eisenhower sollevò una questione sul metodo scientifico, definita negli anni successivi questione della Big Science. La Seconda Guerra Mondiale aveva infatti evidenziato un cambiamento nel mondo della tecnologia: essa non poteva più progredire senza una completa simbiosi con la ricerca scientifica avanzata. D’altro canto, la scienza stessa, cercando risposte a domande sempre più oscure, sì ritrovò progressivamente a dover progettare esperimenti sempre più costosi, basati su giganteschi apparati meccanici, come acceleratori di particelle e reattori nucleari.
Così gli scienziati si ritrovarono di fronte a due possibili scelte: o lavorare in progetti privati, o cercare di ottenere fondi pubblici. In entrambi i casi le conseguenze per la ricerca possono essere piuttosto negative: i lavori che apparentemente non portano un beneficio economico immediato, o di interesse pubblico, non ottengono i giusti finanziamenti, perché nessun privato è interessato a investire nella ricerca “puramente teorica”, mentre gli stati difficilmente spendono i soldi dei contribuenti a meno che non sappiano di trarne peculiari vantaggi (emblematico il caso dell’industria militare).
Di conseguenza, si è creato un meccanismo che ha portato la scienza fuori dai laboratori, non tanto a fini informativi, quanto commerciali, con metodi quantomeno discutibili, che spesso tramutano la divulgazione in sensazionalismo. Fateci caso: ogni volta che uno scienziato fa una scoperta (anche non verificata) capace di generare un onda mediatica da cavalcare, i giornalisti inventano nomi accattivanti e tentano di prevedere a quali applicazioni pratiche porterà tale scoperta.

FISICI DA BAR - Questo ragionamento ci riporta al bosone di Higgs: quante persone hanno capito cos’è? Nessuno, a parte quella piccola percentuale di esperti dotati del grado di conoscenza adeguato. Certo, potete ripetere a voi stessi e a chi ve lo chiede che “la particella di Higgs è ciò che fornisce la massa a tutte le cose” o “ciò che ha reso la materia come la conosciamo” ripetendo gli slogan di giornali e telegiornali, ma siete consapevoli che in realtà non sapete di cosa state parlando, e che, a giudicare il racconto che proprio giornali e telegiornali ne fanno, la scoperta non ha cambiato di certo il vostro modo di interpretare l’universo.
Un esempio di quel meccanismo e, in qualche modo, delle sue lontane origini? Ce lo offre proprio questa scoperta, che ha davvero del sensazionale. Sicuramente, l’argomento attira tanto per il suo appellativo: non bosone di Higgs, ma “particella di Dio”. Pensate che questo nome non venne coniato da Higgs  (che si dichiara ateo), ma dal premio Nobel Leon Lederman, con la speranza di ammorbidire i deputati del Congresso americano per ottenere dei finanziamenti per costruire un acceleratore di particelle. I finanziamenti, però, non furono mai ottenuti, anche perché si parlava di cifre simili a quelle spese per LHC, l’acceleratore del CERN di Ginevra.

VERA SCIENZA - Non bisogna gettare fango sulle ricerche dispendiose che, apparentemente, non portano a nessun miglioramento pratico dei comuni cittadini: il progredire del sapere scientifico è un bene. La questione qui è come la comunicazione d’effetto stia influenzando la ricerca, e di come a causa della spiccata sensazionalità molti vengano talvolta illusi di capire a pieno la scienza. Certo non occorre essere geni per capirla, ma è anche vero che non tutta la scienza può essere spiegata senza avere almeno un’infarinatura di teorie quantistiche, come per la particella di Higgs ad esempio. Poi ci si chiede perché le facoltà scientifiche siano piene di studenti che non riescono ad andare: sarà che qualcuno sia rimasto colpito dalla spettacolarizzazione mediatico?
Si instaura un circolo vizioso: la ricerca non incline a particolari risvolti economici ha bisogno di accreditamento e, in qualche modo, di consenso presso il pubblico. Per uscire dalla “nicchia” dei laboratori e poter ottenere risorse finalizzate a nuove scoperte, quindi, deve aprirsi e di divulgarsi tramite i media, che, a loro volta, puntano a creare la “notizia” e a cavalcare un’onda che è anche fonte di guadagno. La gente comune può fraintendere, perciò, il vero significato delle scoperte, e i giovani perdono di vista il ruolo dello scienziato, così che molti si arrivano a facoltà forse troppo esigenti, trovando comunque qualcosa che non si aspettavano e non faceva parte del loro immaginario.
E’ ovvio che c’è modo e modo di fare divulgazione scientifica: il sensazionalismo può essere stimolante, ma può rivelarsi fuorviante a conti fatti. E ci vuole anche un piccolo sforzo da parte del grande pubblico: la scienza si occupa di dettagli, e non sempre sono dettagli che ci cambieranno la vita, ma sono comunque interessanti e importanti per il progredire della conoscenza: dovrebbero rientrare nella nostra cultura di base tanto quanto arte, letteratura, musica, geografia, ecc.

Giusto per farvelo sapere: la Spending Review del governo Monti toglierebbe 200  milioni di euro alle università. Ciò vuol dire che la ricerca italiana sarà ancora più condizionata da bisogno di fondi. Scommettiamo che nei prossimi mesi si avrà un incremento statistico delle scoperte più sensazionali e, in realtà, stravaganti? Il lato positivo è che avremo molto materiale per scrivere Tweet divertenti e sarcastici.

Fonte:Daily Storm

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