Immigrazione incontrollata, degrado e paura: viaggio nell’inferno parigino

mag 31, 2018 0 comments

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Di Eugenia Fiore

(Parigi) “Ora non possiamo più camminare lungo il canale. Tutta questa zona ormai è diventata dominio dei migranti”. Camille abita a pochi chilometri dal centro di Parigi,  vicino alla fermata della metropolitana Porte de la Villette. Passeggia con il suo cane come ha sempre fatto, ma da qualche mese, però, evita di avvicinarsi alla banchina. Non si sente più sicura. “L’altra sera hanno fatto una rissa sotto casa mia. Avevano coltelli e pistole. Ho chiamato la polizia e sai cosa mi ha detto? Ha detto che non può farci nulla”.

Da lontano iniziano già a vedersi le tende del  Camp Millénaire.  Tappezzano tutto il lungo canale e continuano per quasi un chilometro. Ma non sono nemmeno arrivata al ponte dove comincia la tendopoli che sette migranti mi accerchiano. “Metti via la telecamera. Mettila via subito”, urlano quasi in coro. E poi minacciano: “Se non lo fai, avrai dei grossi problemi ragazza”. La situazione è tesa. Una parigina vede la scena e inveisce contro di loro. “State al vostro posto”.


“Viviamo in una discarica”

La Calais parigina ospita circa 2400 migranti. Aumentano ogni giorno. Accanto alle tende dei migranti ci sono accumuli di pattume. Bottiglie vuote, baguette e vestiti, invece, sono stati gettati direttamente nel canale. “È una discarica. Il quartiere è diventato proprio una discarica”, racconta il proprietario di un  café del posto. “Se si guarda anche solo allo stato del canale…È una pattumiera”. E continua: “La sera iniziano a bere e a drogarsi, e poi fanno rissa. Sono già morte due persone annegate. E siamo in centro a Parigi”.
C’è chi si lamenta, chi è disgustato, e anche chi, nonostante tutto, non è disposto a cambiare le proprie abitudini. Come Valérie, parigina di nascita, che fa jogging lungo il canale. Tra le tende. E tra i rifiuti. “Corro qui da sempre, e continuerò a farlo. Non sono io a dover cambiare per questa situazione”, dice mentre ha ancora il fiatone.
 I migranti vengono in gran parte dall’Africa. Molti sono sudanesi, altri eritrei. Altri, invece, arrivano dall’Iraq e dalla Siria. Quasi nessuno di loro vuole parlare. Dicono di non volersi far riprendere per paura che qualche parente possa riconoscerli. Ma secondo alcuni volontari il motivo è un altro. “Alcuni di loro sono ricercati nei loro Paesi d’origine e  hanno paura di essere rintracciati dalle forze dell’ordine”, afferma Anthony, che fa parte di un comitato del quartiere.

“Tende solo per gli immigrati musulmani”

Mentre mi trovo sul campo arrivano tre persone con un camioncino. Portano una decina di tappeti di preghiera e qualche tenda. “Ti sembrerà un bel gesto, vero?”, mi sussurra alle orecchie un dipendente del comune che è sul posto per mantenere l’ordine. “Guarda qui”, aggiunge. E mi fa notare una tenda con su scritto “dono della comunità musulmana”. “Queste possono essere utilizzate solo dai migranti musulmani. Gli eritrei cristiano ortodossi del campo non possono avvicinarsi”.  Mi racconta che spesso alcuni comitati che operano sul posto discriminano chi non è musulmano. “A volte il cibo viene dato prima a loro, poi, se rimane, agli altri”. E aggiunge: “Inutile provare a chiedere conferma agli eritrei di quanto ti sto raccontando. Non te lo diranno. Hanno paura”.

“Un campo smantellato 35 volte”

È dal 2016 che migliaia di migranti trovano rifugio al Camp Millénaire. “Ogni volta il governo dice che l’ambiente è troppo  difficile. E allora che fa? Decide di far liberare la tendopoli. Ma è già la 35esima volta in due anni che la smantellano”, afferma Wallerand de Saint Just, presidente del Front National della regione Ile-de-France. “Oggi c’è stata l’evacuazione, ma passeranno tre o quattro giorni massimo poi il campo si riformerà”. 

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