Israele accetta la vittoria di Assad: c’è l’accordo con Putin e Trump

lug 4, 2018 0 comments

Di Lorenzo Vita
L’esercito avanza nel sud della Siria e continua a mietere vittorie. I ribelli si dileguano. Molti cedono le armi. Altri, soprattutto a Daraa, resistono. Ma l’aviazione russa ha iniziato a bombardare le ultime roccaforti e sembra che l’assedio sia questione di tempo. Difficile pensare possa andare avanti per mesi. Damasco sta riconquistando il sud Siria. Soltanto in questi giorni sono cadute Al-Mseifra, Kahil, Sahwe e Al-Yize.
E adesso la coalizione internazionale e Israele devono fare i conti con la realtà: Bashar al Assad sta vincendo. Ammettere la vittoria di Assad significa, soprattutto per Israele, modificare i piani.

Israele al bivio

Come spiegato su questa testata, è chiaro che Tel Aviv avesse come primo obiettivo la fine del governo siriano in quanto alleato dell’Iran. Ma a questo punto, con l’esercito alle porte di Daraa e la Russia pienamente coinvolta nell’offensiva dell’esercito, sembra impossibile che Damasco sia costretta ad arretrare. 
Israele si trova ora davanti a un banco di prova molto complicato. Deve riuscire a ottenere il massimo da questa situazione che, in fin dei conti, è una sconfitta per Tel Aviv. Il governo di Benjamin Netanyahu deve arrivare a tre risultati:
  1. allontanare l’Iran dal confine israeliano;
  2. mantenere ottimi rapporti con la Russia;
  3. controllare il confine, soprattutto con la possibile ondata di rifugiati.
Per fare questo, Israele può solo partire dalla realtà dei fatti: accettare la vittoria di Assad. Con questo passaggio mentale, che è poi il vero ostacolo anche nei rapporti fra Israele e Russia, la situazione nel sud della Siria può cambiare radicalmente. E sembra che qualcosa, in questo stia avvenendo. Almeno a giudicare dagli ultimi movimenti israeliani e dei suoi alleati.
Secondo le ultime indiscrezioni provenienti da Israele e dagli Stati Uniti, il governo dello Stato ebraico avrebbe raggiunto un accordo di massima con Mosca e Washington per questa fase del conflitto. E la partita della diplomazia entra ora in una fase delicatissima, in cui tutto quanto si regge su un equilibrio fragilissimo ma fondamentale.

L’accordo fra Israele, Russia e Stati Uniti

Israele ha accettato che l’esercito siriano avanzi fino al confine. Si dirà che questo rientra nelle prerogative di uno Stato sovrano quale è la Siria, ma sappiamo anche che la realtà dei fatti non segue la logica del diritto. La guerra in Siria è la dimostrazione che la sovranità, in quel caos, sia un concetto estremamente labile, che sfugge alle nostre certezze. Israele ha bombardato in Siriaper colpire l’Iran e inviare messaggi ad alleati e nemici. Le forze occidentali, in particolare Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, hanno colpito le basi siriane e occupano porzioni del suo territorio. È un guerra mondiale e bisogna ragionare da questa prospettiva.
Se Israele ha accettato l’offensiva siriana, dall’altro lato Netanyahu ha imposto un prezzo: che le forze iraniane e le milizie sciite siano a più di 80 chilometri dal confine israeliano. Parliamo di un compromesso. Israele voleva il ritiro completo dalla Siria, ma è chiaro che la Russia non avrebbe mai potuto convincere l’Iran a un tale accordo, soprattutto dopo la guerra condotta insieme a Damasco per sconfiggere lo Stato islamico.
Il limite di 80 chilometri serve quindi a garantire Israele e l’offensiva siriana, in cui le Israel defense forces (Idf) non entreranno in gioco con azioni che possano minare la strategia di Assad e Vladimir Putin.
Gli Stati Uniti hanno abbandonato i ribelli del Sud, di fatto consegnando Daraa alla Siria. L’abbandono dei miliziani, tra cui figurano sigle terroriste, è considerabile una netta sconfitta della strategia americana, essendo a loro fianco dai tempi di Barack Obama.
Ma è questa la concessione di Washington a Mosca e Damasco. In cambio, non solo gli Stati Uniti ottengono, al pari di Israele, l’allontanamento dell’Iran e l’indebolimento della mezzaluna sciita, ma sembra abbiano richiesto di continuare a operare nella base di Al Tanf. Un’idea che non piace assolutamente alla Siria, ma che rientra in un gioco di contrattazioni sul fronte meridionale, prima di capire come sbloccare la situazione a Nord e a Est.

Israele rafforza il Golan

In questo quadro di tensioni e di accordi, le forze armate israeliane hanno dato il via al rafforzamento del Golan. Questa decisione non è in contraddizione con quanto affermato prima. Israele continua a muovere le truppe sul fronte settentrionale per dimostrare di avere sotto il tiro dell’artiglieria qualsiasi movimento sospetto. E negli accordi è previsto che il Golan  annesso da Israele resti nelle mani dello Stato ebraico.
Il rafforzamento dei presidi militari in quella regione dimostra che quella linea rossa israeliana rappresentata dalle Alture del Golan non deve essere superata. La Siria recrimina quel territorio, che è occupato da Israele da decenni. Ma la situazione della guerra non permette a nessuno di iniziare un confronto diretto per la regione contesa. Non conviene ad Assad, che ha un esercito ormai stremato da anni di guerra. Non conviene e a Israele perché rischierebbe di entrare in conflitto diretto con la Russia, che protegge l’esercito siriano.

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