Martone racconta i nonni dei figli dei fiori. "Capri-Revolution" è la speranza italiana per i Leoni

set 6, 2018 0 comments

Di Teresa Marchesi
Esteticamente abbagliante, il film su cui l'Italia e Rai Cinema puntano per il Leone, "Capri–Revolution", è strategicamente piazzato in chiusura di concorso. Mario Martone chiude idealmente l'esplorazione avviata con "Noi credevamo" e col suo Leopardi su sogni, speranze e utopie del passato che dialogano col presente.
È cosa nota che Capri nel 1914 ospitava una comunità di intellettuali russi (Gorkij, Lenin, Kautski tra gli altri) già proiettati sulla rivoluzione a venire. Ma al regista napoletano interessa un'altra comunità, ante-figli dei fiori e New Age: pacifista, naturista, vegetariana, predicatrice del libero amore e di una rivoluzione che è armonia con la natura. Istanze che oggi assediano i summit delle potenze mondiali.

MARIO SPADA

Modello storico per il guru della Comune è il pittore Karl Wilhelm Diefenbach (l'appetitoso attore olandese Reinout Scholten Van Ashat), che a Capri morì in realtà nel 1913 e ripropose sull'Isola la sua esperienza utopistica viennese, ispiratrice del celebre "Monte Verità" di Ascona. Martone incornicia il suo Diefenbach nei paesaggi prediletti dei suoi quadri: dirupi a strapiombo e mari procellosi.
La capraia Lucia (Marianna Fontana, una delle due gemelle siamesi di "Indivisibili"), analfabeta ma spirito libero, prima spia da lontano gli alieni, poi intraprende con loro un fulmineo e "scandaloso" cammino di emancipazione. Per forza: gli Ufo sono bellezze ariane da calendario Pirelli, e in era pre-discoteche ballare nudi è uno spasso.
Battute a parte, proprio come nel suo teatro, Martone lavora sulla storia come terreno di idee ricorrenti: i suoi libertari New Age stanno agli anni '70 come il suo Risorgimento stava al '68 "politico". Nel suo Diefenbach confluisce infatti anche la ben più tarda militanza artistica di Joseph Beuys, leader dei Verdi in Germania, profeta delle energie alternative e della salvezza ecologica. Il nome del guru, Seybu, è l'anagramma di Beuys.

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