L'ascesa del populismo e la partita geopolitica mondiale

dic 31, 2015 0 comments
Di Daniela Coli
La formula populismo vs élite non aiuta a capire il successo di formazioni politiche come Syriza in Grecia, il M5S in Italia, Podemos in Spagna, il Front National in Francia, l’Ukip nel Regno Unito, né il fenomeno Trump negli Stati Uniti. Per Pareto, autore di un “mostruoso” Trattato di sociologia generale, pubblicato nel 1916, le élite sono destinate a scomparire, insieme alle società che governano, quando perdono il contatto con la realtà.
I nuovi movimenti e partiti nati dovunque in Europa, hanno in comune l’insoddisfazione per l’Ue, ma hanno obiettivi diversi: Podemos (“Yes, we can” in spagnolo), Syriza, il M5S, sostenuti in Italia da “MicroMega”, intendono risolvere i problemi col principio democrazia vs capitalismo. Il Front National, l’Ukip, come Giustizia e Diritto in Polonia o Fidesz di Orban in Ungheria, sono soprattutto preoccupati, come il Regno Unito, dagli arrivi incontrollati nei Balcani e sulle coste del Mediterraneo.
Sono la spia della crisi politica dell’Europa, alle prese con una lunga stagnazione, disoccupazione e un’ondata inedita di migrazioni. Il simbolo della debolezza dell’Unione è Angela Merkel, considerata il nuovo Hitler da Tsipras, che va a Istanbul a offrire a Erdogan tre miliardi di euro per frenare l’afflusso di arrivi in Europa. L’Ukip nel Regno Unito, fuori dall’euro e da Schengen, ha spinto l’euroscettico governo tory a chiedere Brexit e a negoziare con Bruxelles la riduzione dei benefit del welfare agli immigrati europei per aumentare il budget per la difesa. David Cameron è arrivato a dichiarare fallito il multiculturalismo. L’attacco di Parigi del 13 novembre ha evocato visioni apocalittiche nel Regno Unito: Niall Ferguson ha ricordato la caduta dell’impero romano, incapace di difendere i confini e di fermare le invasioni dei barbari; ha dichiarato di non avere alcun fiducia in Hollande e si è augurato la vittoria di Marine Le Pen nel 2017, che aveva definito populista qualche anno fa.
Anche gli Stati Uniti, preoccupati di Brexit, sono in crisi: in Afghanistan i talebani sono ancora una minaccia, il governo iracheno sciita è alle prese con Isis, la Siria è diventata l’epicentro di una guerra infinita. Sull’ultimo numero della “London Review of Books” Seymour Hersh, giornalista molto stimato negli Stati Uniti, esperto di geopolitica e dell’establishment politico-militare americano, dichiara che se salta Assad, salteranno anche Libano e Giordania e ciò produrrà immigrazioni e caos di ogni tipo in Europa. Russia e Cina appoggiano Assad non solo per interessi nazionali, ma perché in Siria combattono jihadisti della Cecenia, del Turkestan e della provincia cinese dello Xinjiang, che confina con otto nazioni – Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India – ed è un imbuto per il terrorismo in tutto il mondo e in Cina.
Seymour Hersh rivela che la Casa Bianca sapeva che la Cia aveva armato Isis e i ribelli in Siria e che alcuni importanti generali del Pentagono considerano da anni Obama prigioniero della Guerra fredda perché dietro l’ossessione di cacciare Assad c’è quella di Putin. Un’ossessione irragionevole per l’establishment del Pentagono, perché la Russia, durante la guerra in Afghanistan, permise il passaggio sul proprio territorio di armi, benzina, acqua e cibo per il rifornimento quotidiano della macchina militare americana. Dette informazioni su bin Laden e autorizzò gli Stati Uniti a utilizzare una base aerea in Kyrgyzstan.
L’intervento sulla “London Review Books” di Hersh, premio Pulitzer per la scoperta del massacro di My Lai durante la guerra in Vietnam, svela un profondo contrasto sulla Siria tra il Pentagono e la Casa Bianca e avrà ripercussioni nella campagna presidenziale anche per le rivelazioni sulla Libia. Per certi versi, il populista Trump che fa scandalo dichiarando un errore l’eliminazione di Saddam Hussein come di Gheddafi e di sostenere Putin, potrebbe anche apparire un politico realista. Il populismo è un etichetta comoda, ma ancora poco chiara.

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