Le origini cristiane del femminismo

dic 20, 2015 0 comments



Di Angela Ales Bello 

 Si può iniziare da un’affermazione perentoria: il ruolo del femminile e l’importanza della donna sono stati messi in evidenza proprio dal Cristianesimo, che diventa, pertanto, un punto di riferimento particolarmente significativo. Nelle altre religioni, senza farne un’analisi specifica e, tuttavia, tenendo presenti le differenze esistenti tra loro, notiamo, almeno a livello contemporaneo, che ciò non accade nella stessa misura che nel Cristianesimo, perché quest’ultimo ci ha consentito di riflettere dal punto di vista antropologico su che cos’è l’essere umano. Si pensi ad esempio alla nascita del Personalismo su un terreno largamente cristiano. Poiché si tratta di una riflessione, l’argomento è di carattere squisitamente filosofico, perché, quando affrontiamo questioni di fondo, ci inoltriamo in un campo definibile in senso lato filosofico, che, pur utilizzando i suggerimenti provenienti da altre discipline, da altre ricerche più particolari, tende sempre ad arrivare al cuore del problema, a porsi la questione di fondo che, per quanto riguarda l’antropologia, consiste proprio nel rintracciare la struttura dell’essere umano e del suo articolarsi in maschile e femminile. Riservando la trattazione teorica ad una fase successiva, è opportuno iniziare con un’analisi storica riguardante il modo in cui si è sviluppato nella cultura occidentale il tema del femminile e come sia nato il cosiddetto femminismo.

La storia del femminismo

 Il femminismo ha origine all’interno del Cristianesimo, in particolare del Cristianesimo riformato, non del Cattolicesimo, nelle comunità calviniste che si trovavano negli Stati Uniti, dove con forza e decisione era sottolineata l’ uguaglianza degli esseri umani: questo è un motivo proprio del Cristianesimo in generale, ma particolarmente vivo nei movimenti riformati, soprattutto nel Calvinismo che nasce nell’età moderna a Ginevra, sotto la spinta di Calvino, anche per motivi politici - sottrarre Ginevra al dominio dei Savoia -, quindi, si presenta certamente con una componente religiosa molto forte, ma anche un’attenzione particolare alla dimensione politico-sociale. Il Calvinismo, nella sua diffusione in Europa, insieme al Luteranesimo - che ha radici completamente diverse, perché Lutero era un monaco agostiniano, la cui riforma è più di carattere teologico e non ha l’impatto politico immediato di quella calvinista -, si afferma nella parte settentrionale del continente, nei Paesi Bassi e poi anche in Inghilterra, dove si sviluppa il movimento dei Puritani, che sono in realtà calvinisti, mentre l’Anglicanesimo è una posizione riformata consistente nel distacco dalla Chiesa cattolica con scarsi contenuti teologici autonomi. L’Anglicanesimo non accetta il Calvinismo, anzi, c’è un forte contrasto con i Puritani, che, poi, in gran parte lasciano l’Inghilterra e si recano sulle coste degli Stati Uniti, dove fondano comunità che hanno una struttura complessa: in esse acquista grande peso il tema dell’uguaglianza e della democrazia, non come fatto puramente politico, bensì come conseguenza teorico-pratica dei presupposti religiosi. E’ molto interessante riflettere sul fatto che si parla di uguaglianza di tutti gli esseri umani all’interno della comunità cristiana – così è sostenuto dai Calvinisti -, ma tale uguaglianza deve manifestarsi anche nella vita sociale e politica: questa è una delle fonti della democrazia che assumerà, certamente, configurazioni diverse nelle epoche successive, tuttavia, mantiene questo elemento di fondo, tanto è vero che è possibile più ampiamente sottolineare come il Cristianesimo abbia dato l’avvio a molte forme di organizzazione politica e sociale, la cui fonte originaria profonda è religiosa, anche se ciò non viene sempre riconosciuto, perché, in seguito, è subentrato un processo di laicizzazione. Nelle comunità calviniste si parla, forse per la prima volta in modo esplicito, di popolo di Dio: al di là delle strutture ecclesiastiche, che risentono della concezione politico-sociale, la presenza attiva del popolo determina il distacco dalla Chiesa di Roma e la formazione di una Chiesa radicalmente diversa, che organizza anche le sue istituzioni in senso divergente dalla nostra esperienza cattolica. Alla luce di tutto questo, emerge anche un altro aspetto: in quelle comunità, però, le donne non erano coinvolte nel processo politico, sociale, come avrebbero desiderato. Qui entrano in gioco i costumi del tempo e la mentalità maschile più in generale, che impedisce alle donne di avere effettivamente la stessa importanza degli uomini in seno alla comunità. Ecco qualche esempio: “Nel marzo del 1776 Abigail Adams chiede a suo marito, delegato al Congresso degli Stati americani: «...di non dimenticare, nel nuovo Codice delle leggi, le donne, se non vuole rischiare di dover fronteggiare una ribellione femminile»: una richiesta indicativa dello stato d’animo delle donne, che non verrà portata sulla scena pubblica e rimarrà individuale”2 . Il testo qui riportato è tratto da La storia delle donne, un’opera di carattere politico, sociale, economico, che abbraccia tutto l’Occidente. Nel volume sull’Ottocento c’è un riferimento importante che riguarda le due sponde dell’Atlantico, in particolare quello che succede nell’America del Nord, - i futuri Stati Uniti - e in Europa, a proposito della situazione femminile; tuttavia, nel 1776, i fermenti presenti nelle società calviniste restano senza esito, ma le parole pronunciate sono indicative: si può rischiare di dover affrontare una ribellione e già s’intuisce il conflitto che sta per divampare in quelle comunità.Francia, 1792: siamo in un periodo di poco precedente la Rivoluzione, ma già ribollono fermenti di rivolta, che consentono alle donne di manifestare una loro presenza, in questo caso di carattere politico-sociale, in quanto non sono state ancora poste questioni teoriche. Sempre da un testo riportato ne La storia delle donne: «Il 6 marzo 1792, Pauline Léon legge alla tribuna dell’Assemblea legislativa una petizione firmata da oltre 300 donne di Parigi in cui si reclama il “diritto naturale” di organizzarsi in guardia nazionale»3 , quindi, di partecipare attivamente operando controllo di polizia: le donne avrebbero voluto essere, nel 1792, presenti con un contributo anche militare nella Guardia Nazionale, perché questa rivendicazione si iscrive nella sfera dell’uguaglianza di diritti per i due sessi, che si sta laicizzando. Risposta, sia nel primo caso che nel secondo: Le donne non possono fare questo. Perché non possono? Perché, naturalmente, non sono capaci, non sono in grado e, quindi, hanno una natura diversa. Il punto focale, sul quale si deve riflettere, è il grande tema della differenza, che può essere letto in due modi: dal punto di vista maschile, come differenza che riguardava l’incapacità e la limitazione dell’essere umano femminile, la sua impossibilità a partecipare attivamente, in quanto di natura più debole; il secondo senso in cui si può intendere la differenza, invece, potrebbe essere di tipo positivo. Pur essendo la natura umana identica in uomini e donne, all’interno di questa comunanza, ci sono differenze che non impediscono una partecipazione delle donne alla vita politica, alla vita sociale e a tutte le altre manifestazioni. Questo, ora, ci sembra un fatto quasi scontato nella cultura occidentale, nel nostro contesto anche religioso, ma è stato raggiunto come punto di arrivo di un processo lunghissimo: proprio all’inizio, nei movimenti rivoluzionari di tipo religioso o politico, come la rivoluzione francese, le donne tentano di affermare in primo luogo il tema dell’uguaglianza, fondata sui diritti naturali, perché sono, anzi siamo, uguali agli uomini. Perché siamo uguali agli uomini? Perché - e qui propongo un testo interessante che riguarda le fonti religiose di questa richiesta - il Cristianesimo è determinante in tal senso, non si tratta di un fatto politico che nasce dal nulla, bensì da un approfondimento della dimensione religiosa. Si tratta del testo di Davis tratto dal volume già citato: “In primo luogo Dio era dalla loro parte, poiché Dio era sempre disposto a ricevere le richieste di tutti, senza fare differenza tra le persone e, dunque, il Parlamento doveva comportarsi allo stesso modo”4 , cioè quello che si chiede qui è una coerenza rispetto ai principi cristiani; è veramente molto interessante, anche perché oggi abbiamo ormai perso l’idea che il femminismo sia nato in un contesto religioso, in quanto l’uguaglianza di tutti gli esseri umani è un tema fondamentalmente cristiano, ma allora è lecito domandarsi: “Se questo tema è di carattere religioso, come mai abbiamo dovuto aspettare la riforma protestante per poterlo affrontare?” Questo ci riporta a tutta la storia del Cristianesimo, molto tormentata anche dal punto di vista teorico.


FONTE E ARTICOLO COMPLETO:"Cristianesimo, femminismo, femminile"http://www.laici.va/content/dam/laici/documenti/donna/filosofia/italiano/cristianesimo-femminismo-feminile.pdf

FOTO:http://www.theologynetwork.org

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