Salario minimo, Di Maio: “È nel contratto di governo ma anche nei programmi di Lega e Pd. Perché non lo votano?”

mag 2, 2019 0 comments



Vuole il salario minimo ma non disdegna la flat tax, a patto che non aumenti l’Iva. Ribadisce la linea su Armando Siri e attacca più volte la Lega: sui rimpatri, fronte sul quale il governo deve fare di più, sulle province, che vanno abolite altrimenti il Carroccio deve cercarsi un altro alleato, e sull’Europa, dove è impossibile combattere l’austerity con Viktor Orban. Luigi Di Maio presenta il programma per le europee del Movimento 5 stelle ma è soprattutto di politica interna che parla. A cominciare dal salario minimo,, proposta rilanciata già durante la festa del Lavoro. “Il salario minimo è nel contratto di governo, ma anche nei programmi elettorali di Lega e Pd. Quindi sia Lega che Pd devono spiegarmi perché non votano il salario minimo”, dice il ministro dello Sviluppo Economico. “Non credo che la Lega arriverà a tanto anche perché il salario minimo, che mi chiedono le imprese per evitare il dumping, era nel contratto di governo “, ha aggiunto il capo politico del M5s.

Quella sul salario minimo non è stata l’unica stoccata alla Lega. Di Maio, infatti, è tornato a chiedere le dimissioni di Siri, sottosegretario del Carroccio indagato per corruzione: “Sulla questione morale il movimento non arretra: comunque si chiami il sottosegretario da noi le regole si rispettano, che tu sia del Movimento o del partito alleato. Questo deve essere chiaro”. Netta anche la posizione sulle province, altro terreno di scontro che ha infiammato i rapporti tra le due forze di governo: “La scelta è semplice: vanno eliminate veramente tagliando poltrone. La soluzione non è certo quella contraria, non è aumentando le poltrone con altri 2500 nuovi incarichi politici che si risolvono i problemi degli italiani. Sono uno spreco, inutile ammalarsi di amarcord per farle ritornare. Chi le rivuole si trovi un altro alleato“.
Indiretta, invece, la citazione dell’alleato di governo da parte del leader M5s quando ha parlato rimpatri degli irregolari. “È la questione che sta a cuore ai cittadini ora: non mi importa se sono 500mila o 90 mila. L’Europa ci deve aiutare, bisogna fare accordi di rimpatrio: su questo il governo deve fare di più”. Le due cifre si riferiscono allo scontro che aveva già contrapposto Matteo Salvini e i 5 stelle nei giorni scorsi.  Qualche giorno fa il ministro dell’Interno aveva detto che il numero massimo stimabile” di migranti irregolari presenti in Italia dal 2015 era di “90mila persone“, scatenando la replica dell’alleato di governo: “Sorprendono le parole del ministro dell’interno sui 90mila irregolari in Italia, visto che fu proprio lui a scrivere nel contratto di governo il numero di 500mila irregolari”.

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