"Doorway effect", l'effetto della porta d'ingresso: uno psicologo spiega perché spesso aprendo una porta non ricordiamo cosa dovevamo fare

mar 9, 2016 0 comments
DOORWAY
Di Ilaria Betti
Apriamo la porta, entriamo in una stanza e, all'improvviso, non ricordiamo più perché avevamo così fretta di entrare: stavamo cercando qualcosa? E, se sì, che cosa? Difficile trovare una risposta alla domanda. Oppure apriamo la porta del frigorifero, fissiamo i prodotti sui ripiani dimenticando quello che dovevamo prendere. A tanti sarà capitato di vivere situazioni simili: ma qual è la loro spiegazione? Secondo il neuroscienziatoTom Stafford, si tratterebbe del cosiddetto "doorway effect" (o "effetto porta d'ingresso"): ci sarebbe, dunque, un nesso tra le porte e le piccole dimenticanze quotidiane. Capire questo legame potrebbe aiutarci a capire meglio il funzionamento della memoria in generale.



L'esperto ha spiegato il fenomeno in un articolo scritto per BBC Future, usando anche alcuni esempi. "Immaginate di salire le scale per prendere le chiavi, entrare nella camera da letto e dimenticare che erano proprio quelle l'oggetto che stavate cercando. Psicologicamente, ciò che è successo è che il piano ("Le chiavi!") è stato dimenticato proprio nel bel mezzo dell'attuazione della strategia ("Vai in camera da letto!"). Probabilmente il piano stesso fa parte di un piano più grande ("Preparati per andar via da casa!") che è parte di altri piani su più larga scala ("Vai a lavoro!", etc). Ogni livello richiede attenzione. Da qualche parte, nel muoversi attraverso questa complessa gerarchia, il bisogno delle chiavi è passato di mente perché sono sopraggiunte delle distrazioni al piano principale (andare in camera da letto, chiedersi chi ha lasciato di nuovo i vestiti sulle scale, perché stai facendo quella cosa invece di andare a lavoro e milioni di altre ipotesi)".
Secondo Stafford, i nostri ricordi dipendono da una rete di associazioni, legate anche all'ambiente in cui gli stessi si formano. L'effetto porta d'ingresso può verificarsi facilmente, dunque, quando passiamo da uno spazio all'altro, "obbligando" la mente a pensare a diverse cose e a fare un salto. "Durante la giornata la nostra attenzione passa attraverso vari livelli, si sposta dai nostri obiettivi e ambizioni, ai piani e alle strategie per il futuro fino al livello più inferiore, alle nostre azioni concrete - scrive - Quando le cose vanno bene, spesso in situazioni familiari, manteniamo l'attenzione su ciò che vogliamo e su come ottenerlo. Ad esempio, se sei bravo alla guida userai il cambio automaticamente e la tua attenzione sarà catturata dal parlare con i passeggeri o dal traffico".
"Quando le cose, invece, escono fuori dalla routine - continua - dobbiamo spostare l'attenzione ai dettagli delle nostre azioni. Il modo in cui la nostra attenzione si muove su e giù attraverso questa gerarchia è ciò che ci permette di fare più cose contemporaneamente". Secondo l'esperto, il "doorway effect" è un fenomeno curioso da studiare perché "è una finestra che ci fa capire come riusciamo a coordinare azioni complesse e a far coincidere i nostri piani e le nostre azioni". In poche parole, come riusciamo a vivere.

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