La Cecenia di Ramzan Kadyrov, fra islamismo e sostegno a Putin, il parere del professor e Renato Risaliti

dic 8, 2015 0 comments

Chechen leader Ramzan Kadyrov smiles during a government organised event marking Chechen language day in central Grozny April 25, 2013. REUTERS/Maxim Shemetov

Di Marco Petrelli
“Noi diciamo a tutto il Mondo, che siamo fanteria da battaglia del presidente Putin. E, se giungerà l'ordine, lo dimostreremo nei fatti” afferma, con tono solenne, il presidente della Repubblica Cecena Ramzan Achmadovič Kadyrov. E' il dicembre del 2014: nello stadio di Grozny, di fronte a migliaia di truppe paramilitari, il leader ceceno esprime la fedeltà sua e del suo popolo a Mosca. Il video si conclude con “viva il nostro leader nazionale Vladimir Putin. Allahu Akbar”.

Con le immagini delle due guerre cecene (1994 e 1999) ancora ben impresse nella mente, le parole spese da Kadyrov possono suscitarci una certa perplessità. Dopo la grande deportazione dei ceceni nel 1944 ad opera di Stalin e dopo i combattimenti fra le truppe di Mosca e gli indipendentisti per tutti gli anni 90 del XX Secolo, cosa spinge ora la piccola repubblica a schierarsi così apertamente con Putin?
A questa e ad altre domande risponde Renato Risaliti, professore emerito dell'Università degli Studi di Firenze e docente di Storia dell'Europa orientale che, all'area caucasica, ha dedicato una vita di studi.

Professore, come dobbiamo interpretare quel “Allahu Akbar” di Kadyrov nel video?


“Ramzan Kadyrov è figlio del Gran Muftì Akhmad Abdulkhamidovič Kadyrov, carismatico leader religioso ceceno e presidente della repubblica caucasica dall'ottobre del 2003 fino alla sua morte, in seguito ad un attentato, nel maggio 2004. A livello politico e nei rapporti con Mosca, Ramzan segue la linea dettata dal padre che, all'inizio della seconda guerra cecena, si allontanò dagli indipendentisti, avvicinandosi ai russi”.

Eppure i media ci hanno spesso parlato di miliziani islamici ceceni nelle file dell'Isis o di elementi coinvolti in attentati anti russi...


“La fermo. I paesi a nord del Caucaso (Daghestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Karacaj-Circassia, Ossezia settentrionale, Territorio di Stravopol' – in parte islamizzato-, Cecenia, nda) sono tutti islamizzati. Ma è un particolare tipo di Islam. La penetrazione in quelle terre, iniziata nel IX – X Secolo (d.C., nda), non fu facile poiché incontrò la forte resistenza della cultura bizantina e di quella del paganesimo. Nel corso del XIX Secolo, poi, si assiste ad una seconda fase di diffusione della religione musulmana con Imam Shamil, capo della resistenza anti russa durante la Guerra del Caucaso (1834-1859), che costituì un Imamato nei territori dell'attuale Daghestan. La sconfitta militare del 1859 e la morte, nel 1871, di Shamil durante un pellegrinaggio alla Mecca (prigioniero, aveva chiesto ed ottenuto dalle autorità russe di recarsi in pellegrinaggio), mettono fine al sogno, religioso e politico, del leader musulmano. Per quanto riguarda la Cecenia, va ricordato che durante l'Unione Sovietica l'aristocrazia islamica si era “convertita”, aveva cioé accettato l'ateismo di Stato dell'Urss. Una decisione politica, che le permise di mantenere il potere. Lei mi chiede se ceceni combattono nell'Is e compiono attentati contro la Russia? Bene, sappia che nel gennaio 2015, un gruppo jihadista ha tentato di infiltrarsi a Grozny, occupando alcuni settori della città. Un'incursione durata poche ore, perché le forze di sicurezza hanno spazzato via immediatamente i ribelli”.

Il fatto che Kadyrov sia un sunnita, come pone lui e la sua Repubblica nell'ambito dell'alleanza di Putin con gli sciiti di Iran, Siria e con gli Hezbollah libanesi?


“La fermo ancora, perché questo è un altro errore nel quale, spesso, commette la stampa. La questione sciita-sunnita ha un valore puramente dottrinale. Mi spiego. Il mondo islamico non conosce una forma di stato evoluta come quella occidentale. Fatta eccezione, infatti, per i paesi governati dal partito Baath, l'universo musulmano si regge sulle fratellanze, veri centri di potere nei quali l'autorità del capo della fratellanza è assoluta. E' lui che detta le leggi, è lui che divide la ricchezza fra i membri. Ribellarsi a quell'autorià costituisce un caso di insubordinazione punibile con la morte. Anche i Kadyrov appartengono ad una fratellanza, molto potente in Cecenia...”

Pertanto, in politica estera, Grozny seguirebbe la linea dettata da Mosca?

“Esattamente”.

Russia e Turchia: quale ruolo potrebbe avere la Cecenia nella crisi diplomatica fra i due paesi?


“Non si tratta solo di una crisi fra due paesi, ma della frizione tra progetti politici diversi. Erdogan insegue il sogno del “panturchismo”, cioé l'unità di quel mondo turanico (turanici sono i popoli turcofoni, fra i quali anche i curdi, nda) che comprende Turchia, Azerbaijan, Kazakhstan, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan. Una prospettiva che, chiaramente, si scontra con l'ottica di Vladimir Putin. La Russia, infatti, oltre ad essere presente in Siria (paese confinante con la Turchia, nda) con le basi militari di Tartus e di Latakia, è alleata dei curdi che, oggi, rappresentano il 35% della popolazione turca. Mosca, dunque, cerca così di contenere la politica turca nel Medio Oriente: recentemente Putin si è espresso a favore della creazione di un Grande Kurdistan, stato che, inevitabilmente, finirebbe per limitare la sfera d'influenza di Ankara. In questa direzione di contenimento va anche la scelta del Kazakistan e del Kirghizistan di aderire all Unione economica euroasiatica (UEE), insieme ad Armenia, Russia e Bielorussia. Quanto alla Cecenia, il suo ruolo potrebbe essere quello di  tutelare gli interessi moscoviti fra le sponde caspiche e quelle del Mar Nero”.

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