Nietzsche e il pensiero nazifascista: tra strumentalizzazioni, notevoli differenze e alcune "indirette" somiglianze

feb 20, 2022 0 comments


Di Giulio Romano Carlo

Nietzsche, nonostante non abbia mai goduto della dovuta popolarità durante il suo tempo (seconda metà del XIX secolo), anche per via della profonda radicalizzazione del pensiero hegeliano in Europa, può essere considerato come il pensatore che ha avuto maggior influenza nel secolo successivo e anche agli inizi degli anni 2000, per via dei suoi contributi al pensiero contemporaneo. Le maggiori interpretazioni del suo pensiero, si riferiscono alla ‘’distruzione della metafisica’’, maggiore oppositore di Platone e dello stesso Hegel, colui che creò una realtà nella quale non vi erano come cardini i valori etici convenzionali. Soprattutto rimane ferma la sua totale opposizione alla religione cristiana e alla stessa dottrina del cristianesimo, anche se ciò non appartiene alle sue origini, figlio di un pastore luterano e laureato in Teologia verso l’inizio degli anni ’70 del XIX secolo. La realtà che vedeva Nietzsche, è sempre mutata in prospettive nuove, infatti la sua filosofia generalmente viene suddivisa in quattro momenti che vanno dal 1872 fino alla fine degli anni ’80 dell’800.  Ciò che ci rimane del pensatore prussiano, non sono altro che interpretazioni, le cui maggiori si riferiscono ad una dimensione esterna alla politica e concentrate nell’aspetto più surreale della società e dei costumi. Sembra banale, la storia ci ha detto che fu la sorella di Nietzsche ad entrare in contatto con Adolf Hitler, il suo pensiero venne strumentalizzato per essere il pensiero fondante del III Reich, della Germania Nazista, ma esplorando ed analizzando attentamente gli ultimi due concetti espressi da Nietzsche prima della comparsa definitiva della follia, sembrano rimandare ad esplicazioni nella realtà seppur a parer mio non condivisibili con un sistema politico dittatoriale ma a delle ideologie politiche ben definite.

Nietzsche, non può essere visto assolutamente come un pensatore che potrebbe aver influenzato il Fascismo Mussoliniano. Essendo un filosofo anti-cattolico, non avrebbe sicuramente condiviso i valori cristiani che vennero messi in atto dalla politica Mussoliniana attraverso i Patti Lateranensi. In particolare, nell’ambito del pensiero fascista, i valori cristiani rappresentavano la metafisica che conduceva l’individuo a ‘’sentirsi forte, valoroso, fiero della propria cultura’’, in modo tale che tale vigore derivi non soltanto dalla realtà fisica ma anche da ciò che esterno al mondo sensibile. Nietzsche non condivide alcun aspetto relativo ad una ‘’forza’’ esteriore, il piano della realtà terrena deve ancorare l’uomo a tutto ciò che può renderlo forte, fino al massimo godimento mediante i propri sensi e le proprie percezioni. Il rifiuto di Dio, è dovuto a dei valori che opprimono l’uomo, ‘’se viene fatta una determinata azione si finisce all’inferno o al paradiso, la moralità definisce l’uomo interiormente’’, Nietzsche considerava aberranti tali questioni, tali aspetti non facevano altro che legare l’uomo a continue sofferenze e condizionamenti esterni alla realtà percepita.
Da tale vigore e forza per via del legame fra l’individuo ed  il mondo terreno, si entra in contatto con il punto di partenza per la definizione dell’uomo secondo il filosofo. Il nichilismo, un momento nel quale l’uomo non è niente, non significa nulla, non percepisce, in modo più semplice ‘’è debole ed indifeso’’, completamente esposto a tutto per via della sua completa impotenza. Dal nichilismo stesso, si intuiscono le aspirazioni politiche del filosofo prussiano. Il sistema politico della democrazia, ove tutti gli uomini godono di eguali diritti civili, etici, sociali ed economici non è qualcosa che Nietzsche può condividere, egli è un pensatore radicalmente anti-democratico, non accetta per niente l’uguaglianza fra i singoli, visti come deboli ed indifesi e legati alla realtà da oggettivazioni che ‘’non esistono’’. Non sola la democrazia, ma anche idee appartenenti all’area di sinistra, il socialismo o l’anarchia radicale. Nei riguardi del primo, l’uomo deve essere vigoroso da sé, non ha bisogno di aiuti nella realtà, per quanto riguarda l’anarchia, deve esistere una realtà statuale rappresentata da un singolo, con un sistema giuridico in grado di garantire un sistema etico che seppur diverso dalle convenzioni, è esplicabile nell’ambito della ‘’sicurezza’’ e della ‘’forza’’. Non sarebbe ‘’cestinabile’’ l’idea che Nietzsche apprezzava le tesi politiche di Hobbes, padre dello ‘’Stato assoluto e di sicurezza’’.
Infatti, pochi singoli potranno uscire dal nichilismo, ergersi vigorosi e godere di tutti i benefici delle realtà terrena, ciò è l’oltreuomo, un singolo carico di potenza, ‘’spavaldo’’ nell’affrontare la realtà senza alcun timore o insicurezze personali. Il singolo che entra in una dimensione personale alla quale ‘’i deboli’’ non possono accedervi e quindi non poter godere dei benefici della vita.
Prima di analizzare il concetto della volontà di potenza, è opportuno rendere conto a come la filosofia di Nietzsche venne applicata forse anche ‘’indirettamente’’ alla realtà politica, e come vi siano somiglianze e coincidenze fra ciò che realizzò Adolf Hitler in Germania e la figura e pensiero del filosofo prussiano.
Adolf Hitler, era sicuramente un personaggio folle ma intelligente, esattamente come Nietzsche. Il sistema politico da lui realizzato a partire dal 1933, si incastra perfettamente con la visione anti-democratica della realtà del pensatore di Rocken. Un uomo al vertice del potere, con diversi subalterni di grado maggiore e minore che eseguivano i suoi ordini, lui unico singolo che era entrato nella dimensione massima della società, mediante l’acquisizione del potere politico e ‘’psicologico’’ sul popolo tedesco, uscito rovinosamente dalla prima guerra mondiale, con una situazione gravosa nell’economia, l’imposizione fiscale degli Stati Uniti e di Francia e Inghilterra.


TITOLO ORIGINALE: "Nietzsche e i suoi legami con la cultura nazi-fascista; considerazioni sul “padre del pensiero dell’interpretazione" 
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