Il mistero dell'antica città peruviana di Caral

mar 3, 2015 0 comments

Caral è stato un grande insediamento della Valle di Supe, nella provincia di Barranca, Perù, contemporaneo alle grandi civilizzazioni dell’Egitto, della Mesopotamia, della Cine e dell’India.
Scoperta la prima volta nel 1905, ma portata definitivamente alla luce nel 1948 da Paul Kosok, Caral è considerata una delle più antiche città delle Americhe, forse dell’intero mondo.
Si stima che Caral sia stata abitata tra il 3000 e il 2000 a.C. dalla civiltà Norte Chico, un complesso di società precolombiane che comprendeva ben 30 centri urbani posizionati in quella che oggi è conosciuta come l’omonima regione del Perù centro-settentrionale. Si pensa che Caral possa rispondere alle domande circa l’origine delle civiltà andine ed allo sviluppo delle loro prime città.
I resti archeologici suggeriscono che Caral sia stato un grande e importante insediamento: il complesso urbano, tra centro e periferia, si estende su un’area estensione di 66 ettari, ricca di piazze ed edifici residenziali, una metropoli fiorita nello stesso periodo in cui esistevano le grandi piramidi d’Egitto. La città ospitava circa 3 mila persone, mentre i centri circostanti permettevano la presenza di 20 mila abitanti.
Il centro del complesso di Caral è costituito da uno spazio pubblico centrale enorme con sei tumuli piramidali di grandi dimensioni disposte intorno. Il più grande dei cumuli è alto 60 metri e misura 450 x 500 metri alla base. Tutti i tumuli sono stati costruiti entro uno o due periodi di intervento, il che suggerisce un elevato livello di pianificazione, generalmente associato con culture organizzate a livello statale.
La tecnologia utilizzata dai costruttori ha permesso alle piramidi di rimanere in buone condizioni, anche dopo 5 mila anni di esistenza, nonostante i frequenti terremoti registrati nella zone. Per erigere le strutture, infatti, i costruttori hanno utilizzato la tecnica dei “sacchi di shicra” (nella lingua indigena significava “tessuto”).
Come spiegato sul National Geographic, alcuni sacchi di fibra vegetale venivano riempiti di massi e quindi collocati all’interno dei muri di sostegno delle strutture, garantendo precisione e staticità all’edificio e rendendolo di fatto “antisismico”. La tecnica ha permesso agli abitanti di Caral di costruire piramidi alte fino a 70 metri.
La datazione al radiocarbonio dei sacchi di shicra ha permesso di stabilire con certezza che si tratta di strutture risalenti al 3 mila a.C. E questo è il primo enigma: come ha fatto la comunità di Caral, in un periodo tanto arcaico, a sviluppare una tecnologia tanto avanzata?
“Abbiamo a che fare con un sito che ci mostra per la prima volta le cose che accadevano in quel periodo in Sud America”, commenta sul New York Times il dottor Jonathan Haas, curatore di antropologia presso il Field Museum di Chicago.
I manufatti ritrovati nel sito suggeriscono che gli abitanti di Caral si dedicavano prevalentemente all’agricoltura, alla realizzazione di manufatti in cotone e all’arte, in particolare la musica.
In un incavo dei tempio principale sono stati ritrovati, infatti, 32 flauti realizzati con ossa di ali di pellicano. Inoltre, nel 2002 sono state trovate 37 cornette realizzate con ossa di cervo e di lama. Chiaramente, la musica ha giocato un ruolo importante nella loro società.
Non sono state trovate, invece, tracce di residui militari: niente battaglie, niente armi, niente corpi mutilati. Inoltre, non vi sono segni che la popolazione praticasse la schiavitù.
I ritrovamenti di Caral suggeriscono che si trattasse di un popolo pacifico, basato sul commercio. E qui viene il secondo enigma: che cosa è successo agli abitanti di Caral? Se la loro civiltà non è stata cancellata da una guerra, allora che fine hanno fatto?

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