Il misticismo greco

lug 23, 2015 0 comments

 Di Gianluca Di Matteo
Quando si parla di Apollo, Dioniso e di quel fenomeno proprio della religiosità greca conosciuto come "Bacchismo", spesso si corre il rischio di fraintendere e di dare quindi seguito a svariate interpretazioni, frutto di una non adeguata conoscenza del mondo greco, e di una conoscenza filosofica del fenomeno legata principalmente all'interpretazione che Nietzsche né da ne La nascita della tragedia.





Non è possibile parlare di un argomento come quello del misticismo greco senza una definizione preliminare del fenomeno mistico, dove, per misticismo, s'intende la dottrina attraverso la quale l'uomo può sperimentare un'unione trascendentale con la divinità attraverso la meditazione. Per il Greco l'espressione maggiormente rilevante dell'esperienza mistica era costituita dall'"entusiasmo". Nell'accezione filosofica del termine s'intende lo stato di esaltazione che l'ispirazione divina produce, con la conseguente certezza per l'uomo di possedere il vero ed il bene. Necessita ora distinguere
1) L'Entusiasmo di tipo coribantico
2) L'Entusiasmo in senso mistico
La psicosi che realizzava l'entusiasmo era l'epilessia, considerata dal greco il "morbo sacro" per eccellenza: l'entusiasmo di tipo coribantico e l'entusiasmo in senso mistico si fondavano sul presupposto comune che l'epilettico fosse posseduto dalla divinità. La catartica (termine coniato da Aristotele che sta per purificazione) coribantica mirava al riconoscimento del dio che aveva invasato l'epilettico, per poi espellerlo, operando così la guarigione. L'espulsione era finalizzata a far tornare alla normalità – ossia nei limiti dell'umano – il posseduto. La ragione di tale procedimento va ricercata nel fatto che la religione greca si esprimeva in una forma politeistica, definendo determinate figure divine, e al tempo stesso definendo i confini invalicabili tra umano e divino. Il "coribantismo" mirava quindi alla protezione e al rafforzamento di questa ideologia religiosa, che la possessione divina avrebbe minacciato a causa del, sia pure temporaneo, annullamento dei confini tra un dio e un uomo. A ciò, si riduce, l'episodio di possessione.
Ciò che è importante rilevare è che se tale possessione fosse stata accettata passivamente, avrebbe minato tutto il sistema politeista, invertendo la normale relazione di culto tra un uomo e un dio, in cui l'uomo "sceglie" il dio cui si deve rivolgere in una determinata circostanza, officiando un determinato rito che garantisca il "favore" del dio a cui ci si è rivolti. Nella possessione è il dio che sceglie l'uomo, è il dio che agisce, e agisce in "modo" divino, non conoscibile, di conseguenza, e non contenibile nel rito umano. L'uomo non è più soggetto, ma diventa oggetto, poiché ignora ciò che gli sta accadendo, il dio da cui è posseduto appare come una potenza indefinita, non più definibile, acquista un'identità demonica. La possessione è interpretata quindi in senso negativo, come una crisi dettata dall'inconoscibilità del dio che possiede l'uomo, elevandolo di conseguenza in una condizione divina, quindi anormale, poiché valicante i confini umani. Pertanto la tecnica coribantica è finalizzata all'espulsione della divinità affinché essa si contenti di rientrare nei suoi limiti, lasciando che l'uomo viva positivamente entro i limiti umani. Ciò che sembrava un "espellere" secondo l'accezione universale del fenomeno coribantico, diventa, per il greco, un "reintegrare", reintegrare l'uomo nella propria dimensione umana e reintegrare il dio nella sua dimensione divina.
Differente è l'atteggiamento nell'entusiasmo mistico. Nell'entusiasmo mistico si procedeva in senso inverso: lo stato "normale" era fonte di una crisi permanente, crisi dettata dalla condizione umana valutata pessimisticamente. La soluzione di questa crisi richiedeva un episodio "anormale", un valicamento di quei confini tra umano e divino, i quali determinavano la "normalità". Se la possessione propria dell'entusiasmo coribantico doveva essere espiabile, nell'entusiasmo mistico si faceva appetibile. Euripide nella sua opera teatrale chiamata "Baccanti", ci offre un esempio concreto di questo. Euripide, giudica "negativa" la follia del protagonista Eracle, rispetto alla "positiva" follia delle baccanti. L'invasamento di Eracle è posto a confronto con l'invasamento bacchico "sta per cominciare una danza senza timpani e senza bisogno del tirso sonoro". In tale verso si delinea la differenza tra la possessione ricercata e la possessione subita; e quando si confronta l'entusiasmo mistico delle baccanti con l'atteggiamento "razionale" dell'altro protagonista della tragedia, Penteo, Euripide per bocca del coro bacchico afferma: " ciò che è saggio-razionale non è saggezza-ragione". Si badi: Euripide non intende far l'elogio della follia, riferisce il punto di vista di chi non sarebbe folle (le baccanti), perché posseduto e guidato da Dioniso, non si ribella al dio; pertanto viene attuato un rovesciamento di tutti i comuni giudizi sulla possessione. Inoltre, i due versi sopra citati, inneggiano rispettivamente l'uno ad una vita regolata dal vino, l'altro ai luoghi selvaggi contrapposti alla "civile" Tebe. L'evasione nell'inciviltà e nell'ebbrezza detta la saggezza. Quindi, da un lato, si disprezzano i normali valori civili e sociali, dall'altro si esalta il senso mistico della rinuncia ad un mondo basato su tali valori.
Ricapitolando possiamo così descrivere i due diversi atteggiamenti:
1) Nell'entusiasmo coribantico, la possessione era vista come una caduta dalla quale si doveva uscire
2) Nell'entusiasmo mistico, la possessione è cercata come via per uscire dalla condizione umana.
Occorre considerare ora il fatto che sta alla base dei due diversi atteggiamenti, ossia l'episodio epilettico, il quale nella prima interpretazione va guarito, nella seconda deve essere conseguito per raggiungere la dimensione divina. Tenendo ben presente quanto è stato detto fin'ora, ossia, che per i greci l'epilessia, morbo sacro, era fonte di ispirazione divina, d'entusiasmo, e a sua volta l'entusiasmo possedeva una duplice valutazione, qualcosa d'espiabile e di appetibile.
La differenza di valutazione potrebbe essere spiegata analizzando l'epilessia come fenomeno nevrotico, sconfinando quindi nell'ambito della psicologia, e di conseguenza nel comportamento religioso; distinguendo tra epilessia "spontanea" (come fenomeno psicologico definito nevrosi) in cui si cade, ed epilessia "indotta", attraverso la quale si evade. Inserendo tale distinzione nell'ambito di uno stesso contesto religioso, quale quello greco, possiamo concludere affermando che le condizioni psicologiche che conducevano all'epilessia, erano curate nella religione greca con pratiche rituali, ed in questo senso, quindi, vedendo nell'entusiasmo coribantico una cura omeopatica.
Per quel che concerne l'entusiasmo mistico, è necessario invertire i termini, ossia affermare che le condizioni psicologiche che portavano all'epilessia, venivano dagli uomini ricercate, portate da condizione particolare a condizione universale, necessaria per accedere ad una liberazione vista come evasione dalla natura umana.
Restando nel nostro campo d'azione, la filosofia, è necessario specificare un altro aspetto; l'epilessia comprendeva nella religione greca tre settori fondamentali:
1) APOTROPAICO, rispondente all'esigenza di difendere e di restaurare ad ogni episodio individuale di epilessia, il principio fondamentale della religione greca per il quale un limite preciso e invalicabile distingueva la natura umana da quella divina
2) MANTICO, rispondente all'esigenza di mettersi in contatto con la divinità nei momenti di crisi, alle quali gli uomini non erano in grado di porre rimedio. Tali crisi erano ridotte simbolicamente alla crisi di una Pizia (sacerdotessa di Apollo) attraverso la quale la divinità dava consigli e suggerimenti.
3) MISTICO, rispondente all'evasione dall'inaccettabile esistenza terrena.
Dice Socrate nel Fedro: " I beni più grandi ci vengono dalla follia, dalla follia concessa per divino entusiasmo". Platone continua distinguendo quattro tipi di entusiasmo divino:
1) Entusiasmo Profetico (che ha per patrono divino Apollo)
2) Entusiasmo Telestico (che ha per patrono divino Dioniso)
3) Entusiasmo Poetico (ispirato dalle muse)
4) Entusiasmo Erotico (ispirato da Afrodite e da Eros)
Analizzando il rituale dell'entusiasmo profetico, proprio dell'aspetto mantico, e il suo ispiratore Apollo, ponendoli a confronto con l'entusiasmo telestico, proprio dell'aspetto mistico, e con il suo ispiratore Dioniso, non possiamo non rilevare che entrambi svolgevano una funzione sociale, curando le ansietà tipiche di una civiltà di colpa. Considerando che tali riti ebbero la loro massima espressione nell'età arcaica, (in un epoca cioè cronologicamente circoscrivibile da un punto di vista politico con la fine delle guerre persiane 490-478 a.C., dal punto di vista filosofico col sorgere del movimento sofista V-IV sec. a.C.), in un periodo di scarsissima sicurezza personale (i minuscoli stati avevano appena cominciato ad emergere dalla sofferenza e dalla povertà che seguì alle invasioni doriche, quando sopravennero altri guai, con intere classi sociali mandate in rovina dalla crisi economica del VII sec.); fu necessario, quindi, il bisogno di una garanzia soprannaturale. Ecco dunque Apollo, senza di lui, presumibilmente, la società greca difficilmente avrebbe potuto resistere alla pressione psicologica cui fu sottoposta nell'età arcaica. L'assenza di sicurezza in cui vivevano gli uomini sarebbe stata intollerante se Apollo non avesse garantito l'esistenza di una sapienza, attraverso la quale risolvere la crisi. Manifestandosi attraverso l'entusiasmo, il dio entrava nella Pizia, e si valeva dei suoi organi vocali come fossero i propri, Apollo prometteva la sicurezza "intendete la vostra condizione di uomini, fate quel che vi dice il padre e domani vi troverete al sicuro".
Dioniso, "Lysios": liberatore, il dio che con semplici mezzi poneva ciascuno in condizione di non essere più se stesso, e in questo modo lo liberava "dimenticate la differenza e troverete l'identità". Apollo e Dioniso, i due centri della religiosità greca, entrambi rappresentanti di una necessità sociale, entrambi combattevano le ansietà caratteristiche di una civiltà di colpa.
E' nella realtà religiosa greca che và compresa il dualismo dionisiaco-apollineo; ergo, i riti che sotto il segno di Dioniso realizzavano una temporanea rottura dell'ordine, vanno interpretati come espedienti rituali per rinnovare, reintegrare, rafforzare l'ordine stesso, non come tentativi di distruzione dell'ordine vigente.

FONTE:http://illaboratorio.net/index.php?option=com_zoo&task=item&item_id=10&Itemid=200

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