Il mistero delle pietre di Carnac

ago 10, 2015 0 comments

Quasi tremila pietre, alcune delle quali di dimensioni impressionanti, conficcate nel terreno a formare interminabili cerchi e viali; il più grande raggruppamento megalitico del
mondo, la cui realizzazione e funzione rappresentano un
mistero insoluto.


Il villaggio di Carnac, in Bretagna, è talmente piccolo da essere a malapena menzionato sulle carte geografiche; nei suoi pressi, però, sorge da tempo immemorabile una delle più impressionanti testimonianze del nostro passato … e anche una delle più enigmatiche.






In tutta Europa è possibile osservare un genere molto particolare di monumenti, risalenti al nostro più remoto passato: si tratta dei menhir, enormi monoliti di pietra, isolati, allineati tra loro oppure disposti in cerchio (cromlech), e dei dolmen, costruzioni più complesse ottenute accostando lastroni di pietra grezza o scheggiata.
Carnac è però un esempio unico. Il numero di pietre, la concentrazione e l’estensione di questo complesso megalitico non ha eguali in Europa e nel mondo, e ha fatto sì che la località venisse definita una “capitale della preistoria”.




Architetture Antiche del Sacro


Impressionanti file di massi, disposti in ordine decrescente di altezza, si stendono attraverso pinete e brughiere per chilometri, fino a perdersi all’orizzonte.

Le pietre sono delle forme e delle dimensioni più disparate; le più imponenti raggiungono anche i 7 m, quelle più piccole non arrivano al metro.
Il primo allineamento, quello di Menec, si compone di 11 file di massi ed è preceduto da un cromlech (complesso di menhir allineati a semicerchio).
Un dolmen segna invece l’inizio di Kermario (il Luogo dei Morti), il secondo allineamento e quello con le rocce più maestose: 1029 menhir di oltre 6 metri, allineati su 10 file in direzione nord-est.
Troviamo poi un grande tumulo, detto Kercado, e un altro cromlech prima del terzo allineamento, Kerlescan (Luogo della Cremazione): 13 file di menhir che si susseguono per quasi un kilometro. A Kerlescan era forse un tempo collegato il più breve allineamento di Petit Menec, che conta “solo” un centinaio di pietre.
In totale i menhir di Carnac sono 2934. In tutta la zona, inoltre, si possono osservare pietre isolate e a piccoli gruppi, dolmen, e tumuli sepolcrali.

    Riti pagani e miti cristiani.



Un’antica tradizione locale vuole che alcuni pellegrini devoti a S.Cornely, patrono di Carnac, avessero eretto queste migliaia di pietre verticali come gesto di preghiera che sopravvivesse alla loro morte fisica.
Secondo un’altra leggenda, l’artefice del complesso fu lo stesso S.Cornely, che avrebbe trasformato in pietre altrettanti soldati romani, per salvare Carnac e la Bretagna dai loro soprusi e dalla devastazione.
Cornely, tutt’ora veneratissimo, sarebbe stato secondo la leggenda un antico papa di origine bretone; scacciato da Roma, raggiunse la Bretagna su un carro trainato da buoi e giunto a destinazione, grato, li benedisse; diventando in tal modo anche il patrono del bestiame.
Ancora oggi, il 13 settembre i contadini portano i loro animali alla Chiesa di Carnac per la benedizione; è celebre l’immagine di Cornely circondato da pietre erette e nell’atto di benedire due tori; ancora viva la tradizione di condurre le bestie malate a passeggiare tra i menhir, per propiziarne la guarigione.
Tra i megaliti di Carnac, d’altronde, la popolazione locale usa da secoli celebrare matrimoni, fidanzamenti e festività d’ogni genere.
Molti hanno ravvisato nelle celebrazioni religiose della zona di Carnac più di una traccia di antichi culti precristiani (ad esempio, nell’uso tipicamente druidico della pianta di vischio); è singolare il fatto che a S.Cornely, come a molti altri santi della tradizione celtica, non corrisponda alcun santo del calendario cristiano; l’identificazione con san Cornelio (Corneille), è solo fonetica e fa presupporre una semplice “rilettura” cristiana di credenze, personaggi e leggende proprie della tradizione pagana e druidica.

    Un osservatorio astronomico.

Quella druidica, tuttavia, non fu la prima forma religiosa in Bretagna né, soprattutto, è alla civiltà celtica che dobbiamo gli straordinari viali megalitici di Carnac.
Il complesso di Carnac risale all’età neolitica (6000-2000 a.C.); è l’impressionante testimonianza di una civiltà scomparsa, precedente l’arrivo dei Celti e delle popolazioni indoeuropee, che avrebbe abitato tutta l’Europa e di cui non ci rimangono altre tracce.

    Cosa sappiamo di questa civiltà? A cosa servivano le pietre?



Alcuni studi hanno fatto pensare che le pietre fossero utilizzate per registrare e misurare i movimenti del sole, della luna e degli astri; è questa la conclusione cui giunse Alexander Thom, già professore di ingegneria presso l’Università di Oxford, che studiò i viali dal 1970 al 1975.
Molte delle pietre allineate formano linee di osservazione astronomiche significative; il masso più importante dell’osservatorio sarebbe stato il megalite detto Er Grah (lapietra delle Fate), noto anche come Le Grand Menhir Brisé.
Esso giace oggi in quattro enormi pezzi a Locmariaquer, nei pressi di un antico tumulo, dove cadde nel 1722 durante un terremoto.
Da vari tumuli e massi, per una distanza di 13 km dalla pietra, era possibile osservare il sorgere e il tramontare della Luna nei momenti principali, servendosi del monolite come indicatore.
Le rimanenti pietre del complesso sarebbero state utilizzate invece per calcoli astronomici, venendo a formare quella che Thom definì una “carta millimetrata megalitica”.
Altri allineamenti, inoltre, sono orientati sul levare del Sole nei giorni di solstizio, equinozio ed altre date significative come l’inizio della fioritura, la mietitura e la semina.
Carnac, quindi, potrebbe essere stato concepito come una celebrazione del ciclo agricolo; o come calendario per le sue varie fasi. Culto religioso e finalità pratiche: il ciclo vegetale è d’altronde il perno attorno al quale ruota una civiltà agricola come quella del neolitico.
Un grande strumento astronomico, dunque, che presuppone un avanzato grado di conoscenze scientifiche; ma anche tecnologiche.
Forse non è necessario chiamare in causa gli extraterrestri, tuttavia è arduo spiegare come popolazioni preistoriche del neolitico abbiano potuto trasportare, sollevare, e raddrizzare massi di proporzioni straordinarie, senza ipotizzare competenze e tecnologie successivamente andate perdute.

tratto dal sito: LA CLESSIDRA



I Viali Megalitici di Carnac

La fama di Carnac è giustificata soprattutto dalla presenza del più grande raggruppamento di antichi megaliti esistente al mondo. Nonostante secoli d'incuria e l'opera di demolizione messa in atto dai contadini della zona, migliaia di pietre hanno resistito fino a oggi. Ben quattro impressionanti file di massi si estendono per quasi 8 km attraverso pinete e brughiere, a stupefacente testimonianza delle capacità organizzative degli antichi abitanti della regione.
Il complesso più imponente si trova nelle vicinanze del piccolo villaggio di Le Ménec, non lontano da Carnac; qui un gruppo di casette è circondato da un'ellisse di pietre che si ergono fianco a fianco. Costituito da 70 megaliti, alti in media 1,2 m, il cerchio misura 100 m di diametro, ma diventa insignificante se confrontato con i viali megalitici della costruzione.
A est del cerchio di Le Ménec si innalzano 1099 pietre disposte in undici viali che si perdono all'orizzonte. I massi sono collocati anche secondo le dimensioni. A partire dal cerchio, i più giganteschi sono alti 3,7 m ma diminuiscono in altezza fino a misurare, all'altra estremità dei viali, non più di 0,9 m. Le file di pietre non sono diritte, ma seguono una lieve curva in direzione nordest e terminano presso un secondo cerchio a più di 0,8 km di distanza.
Le file di pietre di Le Ménec strabiliano per la lunghezza, ma a poca distanza, a est, svettano le rocce ancora più gigantesche di Kermario, "il luogo dei morti". I megaliti più imponenti sono alti più di 7 m e, come l'altro gruppo, anch'essi diminuiscono rapidamente di dimensioni verso la fine, 1,2 km più oltre, dove tre enormi massi si alzano ad angolo retto rispetto ai viali.
Il terzo allineamento di pietre si trova ancora più a est, nei pressi di Kerlescan, "il luogo della cremazione". Qui, una recinzione quasi quadrata sorge vicina a tredici file parallele composte da 540 pietre. Ancora più a oriente sono visibili il centinaio di pietre del complesso di Le Petit Ménec, forse collegato in passato con la serie di Kerlescan.

     Megaliti e riti magici

Il folclore locale identifica nelle file di pietre verticali altrettanti soldati romani pietrificati da san Cornelio, patrono di Carnac e antico papa scacciato da Roma nella nativa Bretagna. Durante la fuga, Cornelio fece buon uso di buoi per trasportare il bagaglio e diventò così il santo protettore del bestiame. Il centro di venerazione del santo, ossia la chiesa parrocchiale di Carnac, contiene un'immagine di Cornelio circondato da pietre erette e in atto di benedire due tori. Il 13 settembre di ogni anno i contadini locali portano gli armenti in chiesa per la benedizione. È possibile che questa celebrazione dell'anniversario sia la continuazione di un antico rito pagano in cui il magico potere delle pietre serviva a curare le bestie malate? La risposta potrebbe essere affermativa dato che nelle vicinanze sono state rinvenute le prove di un antico culto del bestiame. Inoltre, alcuni scavi compiuti in una villa gallo-romana a Bosseno, nei pressi di Carnac, hanno riportato alla luce la statua cerimoniale di un toro, e nei siti locali di sepolture preistoriche sono stati ritrovati resti di animali.

     Astronomia preistorica

Le file di pietre, i terrapieni e i singoli megaliti vennero forse innalzati per registrare e misurare i movimenti apparenti del sole, della luna e della stelle. La prova più convincente è stata fornita da Alexander Thom, ex professore di ingegneria presso l'Università di Oxford, che studiò attentamente i megaliti dal 1970 al 1975. A conclusione delle sue ricerche stabilì che il complesso megalitico attorno a Carnac fu concepito per compiere osservazioni astronomiche, soprattutto della Luna. Se l'ipotesi è fondata, i rilevamenti avevano luogo sui viali, dove quattro delle pietre più grandi, tra cui il "Gigante di Manio" alto 6 m, formano linee di osservazione astronomicamente significative. Il masso più importante dell'osservatorio doveva essere il megalite, oggi distrutto, noto come "Er Grah" (la Pietra delle Fate), altrimenti denominato "Le Grand Menhir Brisé".
Esso giace in quattro enormi pezzi al termine di un antico tumulo nelle vicinanze di Locmariaquer, dove cadde durante un terremoto nel 1722. Lo spostamento e il raddrizzamento di questo masso alto in origine più di 20 m e pesante oltre 350 tonnellate costituirono una strabiliante impresa ingegneristica. Lo studio di Thom ha dimostrato i rapporti esistenti tra questa Pietra delle Fate e altri importanti elementi del complesso. Da vari cumuli e massi, per una distanza di 13 km da essa, era possibile osservare il sorgere e il tramontare della Luna nei momenti principali, servendosi del grande megalite come indicatore.
Forse le miriadi di pietre delle varie file e dei viali non trovavano impiego diretto nell'osservazione di avvenimenti astronomici come questi movimenti della Luna. Secondo il professor Thom, esse venivano verosimilmente usate per calcoli astronomici, in quanto formano quella che egli chiama una specie di "carta millimetrata megalitica". Nonostante le attuali irregolarità degli allineamenti e delle posizioni delle pietre, prodotte dal logorio dei secoli e dal più recente raddrizzamento dei massi caduti, Thom poté concludere che le disposizioni furono concepite dagli antichi "astronomi" come una serie di linee rette o di forme geometriche regolari. In altri termini, i viali megalitici e le pietre ancora visibili sono i resti di un grande strumento astronomico neolitico.


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