Il primo trapianto di testa sarà italo-russo

set 10, 2015 0 comments

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Di Tatiana Santi

Si tratterebbe di una svolta epocale, un risultato mai ottenuto prima d’ora e immaginabile solo nei libri di fantascienza. Parliamo del trapianto di testa, un’operazione mai sperimentata sull’uomo.

Al di là dello scetticismo di diversi esponenti del mondo scientifico, esiste già un metodo messo a punto dal chirurgo italiano Sergio Canavero e il paziente, un ragazzo russo Valeriy Spiridonov, affetto da distrofia muscolare spinale. L'operazione che potrebbe allargare gli orizzonti della conoscenza, secondo i piani del dottor Canavero, verrà effettuata entro il 2017.





Ma che cosa si prova nell'attesa di un esperimento epocale come il primo trapianto di testa ad un uomo? Lo abbiamo chiesto direttamente al volontario russo Valeriy Spiridonov, che ha gentilmente rilasciato un'intervista a Sputnik Italia.
— Come si è deciso ad affrontare questa operazione e come ha conosciuto il dottore Canavero?
— Sicuramente molte persone che hanno oltrepassato il limite della conoscenza hanno avuto un po' di paura. Io tengo molto alla mia vita, la apprezzo moltissimo, perché è speciale e intensa. Mi occupo di una cosa che mi piace, lavoro tanto, viaggio e seguo anche le mie attività pubbliche. Inoltre mi interessano molto le scienze e le tecnologie, sono sicuro che grazie al loro aiuto, l'umanità sarà capace di risolvere problemi, che prima non era in grado. Intendo anche sconfiggere le malattie ritenute incurabili.
Quando ho capito che potevo partecipare a qualcosa di veramente grandioso e importante, non ho avuto dubbi e ho iniziato subito a lavorare in questa direzione. Dall'età di dieci anni circa ero già a conoscenza dei lavori di scienzato russo  Vladimir Demikhov e di chirurgo americano Robert White nella sfera dei trapianti. Mi è sembrato sempre logico che in futuro si sarebbe arrivati alla possibilità di trapiantare non solo uno o due organi, come oggi, bensì un intero complesso. Perciò l'intervista al dottor Sergio Canavero, che ho visto un paio di anni fa, è stata un evento atteso e piacevole. Ero contento che qualcuno avesse ripreso i lavori di White.
— Vi siete già visti con il dottor Canavero. In quale atmosfera si è svolto l'incontro e che impressioni ha avuto del chirurgo italiano?
— L'atmosfera era molto amichevole. Anche se ero abbastanza stanco dopo il viaggio, la presenza di Sergio mi invogliava ad essere attivo e ispirato come lui prima della conferenza dove avremmo partecipato. Ovviamente tutta l'attenzione era puntata su di lui, ma io ero felice di essere sul palco in quel momento. Le persone in sala potevano vedere per chi si stava facendo tutto il lavoro e avranno potuto immaginare quanta gente si potrà aiutare in futuro. Il dottor Canavero è sicuro di quello che fa, questo è l'importante. Il compito degli altri è di aiutarlo a realizzare quello che ha in mente, perché qui si tratta di una svolta epocale nella scienza.
— Per quando è prevista l'operazione e in quale Paese verrà effettuata?
— Nessuno si è prefissato una data precisa. Non stiamo parlando di una gara di velocità. In ogni caso secondo i calcoli di Canavero, se tutto andrà secondo i piani saranno necessari due anni per una conferma tecnica degli schemi scientifici e la pianificazione dei dettagli dell'operazione.
Ovviamente l'operazione vera e propria verrà svolta solo quando lo stesso dottore e la sua squadra di esperti saranno sicuri al 99% dell'esito positivo dell'operazione. Nessuno di noi vuole fare l'operazione per delle immagini sensazionali o un'eutanasia carissima. Il luogo dell'operazione per quanto io ne sappia, non è stato ancora definito.
— È stato proprio un medico sovietico, Vladimir Demikhov, ad effettuare il primo trapianto di testa, all'epoca lo fece ad un cane. Il romanzo "La testa del professor Dowell" appartiene alla piuma di uno scrittore russo. Non sente un legame tra queste storie e il suo destino?
— Non ci avevo pensato ancora. Non sono molto sentimentale e non tendo a fare associazioni. Il progetto non ha nulla a che fare con la politica e con dei Paesi concreti (per ora). Sarà il prodotto della collaborazione di scienziati provenienti da tutto il mondo spero. L'unica cosa che provo adesso è un sentimento di piacevole impazienza e la consapevolezza che per tutta la vita mi stavo preparando a qualcosa di importante, che inizia ora a prendere vita. Non voglio dire che sono stato tutto il tempo ad aspettare. Ho sempre cercato di partecipare a progetti insoliti e promettenti. Non ho mai avuto paura della difficoltà alle quali sarei andato incontro.
— Se l'operazione andrà a buon fine, non ha paura di ritrovarsi al centro dell'attenzione dei giornalisti e del mondo intero, che non la lasceranno in pace per un momento? In altre parole non ha paura di diventare una cavia?
— In realtà mi sono già ritrovato al centro dell'attenzione. A partire da marzo rilascio quasi ogni giorno interviste, partecipo a programmi televisivi e alle riprese di un film documentario. Senza parlare di tutti gli altri impegni e incontri che ho al di là dei giornalisti. È difficile e ovviamente tutto ciò ha cambiato la mia vita. Non posso dire che la mia vita sia cambiata in meglio, ma secondo me è fondamentale che la gente sappia: è molto importante partecipare in progetti scientifici audaci e insoliti.
È così importante aiutarsi a vicenda ogni giorno se la sorte ha riservato a un vostro caro una salute molto particolare. Proprio per questo sono aperto a tutti gli incontri possibili prima e dopo l'operazione. Mi rendo conto che per un lungo periodo dovrò riferire tutti i dati scientifici su quello che mi accade, perché in futuro questa operazione sia più veloce, facile e accessibile per gli altri pazienti. 
— Qual è la prima cosa che vorrebbe fare nel nuovo corpo?
— Andrò in vacanza! Per ora ho dovuto lavorare tanto e da anni non faccio una vacanza come si deve. In realtà lo scopo di tutta questa faccenda è ridare autonomia, indipendenza alle persone affette da gravi malattie. Quando tornerò ad avere tutto questo cercherò di scoprire com'è bella la vita di una persona più in salute di me.
— È stato mai in Italia? Vorrebbe visitarla?
— Non ci sono ancora stato. Certo, mi piacerebbe tanto visitarla quando ne avrò la possibilità. Mi appassiona molto la storia di questo Paese.
— Che cosa vorrebbe aggiungere?
— Vorrei lanciare un messaggio a tutti. Indipendentemente dall'esito della mia operazione, non mollate mai. Guardate me o altre persone con malattie gravi: con dovuto impegno, sforzandosi, avendo sete di conoscenza la vita sarà accesa, interessante, piena di amici e momenti indimenticabili!


FONTE:http://it.sputniknews.com/opinioni/20150908/1114694.html


(FOTO IN ALTO:http://evidenzaliena.altervista.org)

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