Piccoli jihadisti crescono: l’allarme in una scuola del Belgio

ago 29, 2017 0 comments
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Di Lorenzo Vita
Il terrorismo islamico che ha colpito Barcellona ha riportato alla luce il tema del rapporto fra le comunità islamiche radicali e le società europee dove esse vivono. Un rapporto complesso: per alcuni difficile, per altri impossibile, per altri inevitabile. Sta di fatto che è un rapporto con cui bisogna fare i conti e che bisogna riuscire a incanalare in un binario di fedeltà di queste comunità ai valori civili delle società dove risiedono prima che sia troppo tardi e che i loro membri diventino dei corpi estranei che non percepiscano alcun legame con il luogo dove vivono. E sono soprattutto i bambini e i minori in generale a dover essere i primi soggetti a dover essere incanalati nei binari della convivenza civile, prima che si trasformino nel bacino di reclute del nuovo jihadismo globale che è l’immigrazione di seconda generazione. Un esempio di quanto questo problema sia particolarmente complesso, ma allo stesso tempo essenziale, viene proprio da quello che da molti è considerato il vero ventre molle d’Europa nella lotta allo jihadismo: il Belgio.
Negli ultimi giorni, ha fatto particolare scalpore una notizia riportata da alcuni quotidiani del Belgio, in particolare Le Soir e Het Laatste Nieuws, secondo cui gli insegnanti di una scuola materna nella città belga di Ronse hanno espresso preoccupazione dopo aver osservato in alcuni bambini diversi segnali di un’esposizione a influenze radicali islamiche. Segnali inequivocabili, che dimostrano come sin dalla tenera età i bimbi di questa comunità vengono radicalizzati come fossero dei veri e propri futuri jihadisti. Nella relazione interna della scuola di Ronse sono descritti nel dettaglio i comportamenti di questi bambini che mostrano questa radicalizzazione: recitano versetti del Corano in arabo nel cortile della scuola mentre gli altri bambini giocano, non vanno a scuola il venerdì perché è giorno sacro dell’Islam, e si rifiutano di stringere la mano a chiunque sia del sesso opposto perché proibito all’interno del loro ambiente. Il documento comprende anche il caso di un bambino che ha minacciato di uccidere “gli infedeli”, ha chiamato “maiali” gli altri compagni non musulmani ed ha fatto più volte il gesto di passarsi il dito sulla gola per simulare lo sgozzamento.

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