Alexander Dugin: «L’Italia è l’inizio della grande rivoluzione populista che cambierà il mondo»

giu 25, 2018 0 comments
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Intervista di Dario Ronzoni ad Aleksandr Dugin
Questo non è un momento storico come gli altri. Questo è il momento in cui ha inizio la «grande rivoluzione anti-liberale»: quella del popolo contro le élite, del diritto del cittadino contro il diritto dell’uomo, dell’identità nazionale contro la non-identità globale. In altre parole, come spiega il filosofo russo Alexander Dugin, controverso ma notevole personaggio dell’estrema destra russa, è l’ennesimo scontro tra “civiltà di mare” (mercantile, dinamica) e “civiltà di terra” (statica, tradizionale). Scontro che in questo caso cambierà le sorti dell’Europa e, si immagina, del mondo intero.
Arriva a Milano per presentare insieme al filosofo Diego Fusaro il suo ultimo libro, Putin contro Putin, edito dalla casa editrice Aga. Dugin è noto per aver elaborato una Quarta Teoria Politica (che supera fascismo, comunismo e liberalismo) ma soprattutto per la sua vicinanza al presidente russo Vladimir Putin («Non tanto mia – precisa – quanto delle mie idee»). E sono idee piuttosto chiare, in paricolare in geopolitica: «per l’Europa questo è il momento migliore» perché «oggi ha la possibilità di ritrovare la sua sovranità, il suo ruolo del mondo». Può ancora «ritornare libera» – ma, come è intuibile, non liberale – «proprio grazie all’aiuto della Russia»
Partiamo proprio da qui: cosa intende quando parla dell’aiuto della Russia?
Come è noto, dal punto di vista geopolitico ci sono tre poli: gli Usa, con la loro enorme potenza, l’Europa, che in passato è stata indipendente e sovrana e ora è diventata una colonia strategica degli Stati Uniti – è questo il senso della parola “atlantismo”, nata proprio con il dominio americano – e infine la Russia. Un terzo polo che non è europeo né asiatico ma eurasiatico: una novità rispetto al dualismo della Guerra Fredda. Ora: oggi la Russia è più debole rispetto ai tempi dell’Unione Sovietica, ma più forte rispetto ai tempi di Eltsin, in cui rischiava il crollo. Non ha più una funzione di dualismo contro gli Stati Uniti (ruolo che tocca alla Cina) e, soprattutto, non rappresenta più un pericolo né una sfida per Europa e Stati Uniti. È nella posizione di essere, invece, la sua salvezza.
Cioè?
Oggi, con Trump al governo negli Stati Uniti e con una Russia forte ma non minacciosa, l’Europa ha la possibilità di ristabilire il suo ruolo geopolitico. E per questo credo che questo sia il momento ideale. Non si tratta di abbandonare gli Usa per abbracciare la Russia, come sarebbe potuto succedere durante la Guerra Fredda. No: la Russia non ha né le pretese né le risorse, per occuparsene. L’Europa può, oggi, affermarsi con un suo ruolo indipendente sia dagli Stati Uniti che dalla Russia. Ma seguendo un suo cammino di sovranità sull’esempio dato dalla Russia.
Ma come funzionerebbe questa riaffermazione di indipendenza? L’Europa, oltre a essere poco libera, non è nemmeno unita.
Ad esempio, attraverso la formazione “Grande Europa” immaginata da Putin, che arrivi dall’Atlantico fino a Vladivostok. In altre parole, con un’alleanza tra Eurasia ed Europa occidentale. Perché ciò avvenga, gli alleati naturali sarebbero alcuni Stati europei importanti, cioè i francesi e tedeschi, che sono il centro del continente. Del resto è da tempo che la Russia cerca rapporti e contatti più stretti, soprattutto con la Germania e, in via politica con la Francia. Stava quasi per realizzarsi un asse Berlino-Parigi-Mosca in occasione della guerra in Iraq, ma poi è fallito. E il motivo è sempre lo stesso. I nemici, in particolare, sono sempre gli stessi.

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