Aiuto, c'è un milione di specie a rischio estinzione (ma non interessa a nessuno)

mag 10, 2019 0 comments

Di Emanuele Bompan

Un milione di specie a rischio estinzione, animali e vegetali. Una vera e propria estinzione di massa. Causata dall’uomo. Il dato-shock è stato annunciato dall’ultimo rapporto IPBES, la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi creata dalle Nazioni Unite. Ma la notizia peggiore è che il tasso di estinzione delle specie, che non ha precedenti storici, ha accelerato. «La salute degli ecosistemi di cui dipendiamo, così come di tutte le altre specie, si sta deteriorando più velocemente che mai. Stiamo erodendo le basi stesse della nostra economia, della nostra sicurezza alimentare, della salute e della qualità della vita in tutto il mondo», denuncia il britannico Robert Watson, presidente dell’IPBES.
Fermate quello che state facendo e pesate alla gravità di questa affermazione. Non solo non siamo in grado di proteggere la biodiversità del pianeta, ma stiamo pure peggiorando nel ruolo di steward del pianeta. Altro che amore per il Creato. Eppure nel lontano 1992, centonovantasei nazioni firmarono la Convenzione sulla Diversità Biologica (CDB), un trattato internazionale adottato al fine di tutelare le varietà di specie animali e di piante, l'utilizzazione durevole dei suoi elementi e la ripartizione giusta dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento del capitale naturale. La CDB però è stata sempre poco seguita dai governi e dalla stampa. Chi ha mai sentito parlare degli Obiettivi per la Biodiversità di Aichi 2010-2020? Un tema frequentemente ignorato sui media. Inclusi quelli specializzati. Mai una prima pagina.
Il problema della biodiversità non è “una questione da poveri animaletti”: il report IPBES mostra chiaramente come il deterioramento del capitale naturale abbia impatti concreti sul nostro benessere e la nostra salute. Il degrado del suolo ha ridotto la produttività del 23% della superficie terrestre globale; la perdita degli impollinatori ha comportato danni per 577 miliardi di dollari all’agricoltura in tutto il mondo, 100-300 milioni di persone sono a maggior rischio di inondazioni e uragani a causa della perdita di habitat costieri come le mangrovie. Sono a rischio la pesca, il settore del legname, e in generale tutti i servizi naturali cui la biodiversità garantisce resilienza. «In generale la perdita di specie e habitat rappresenta un pericolo per la vita sulla Terra tanto quanto lo è il cambiamento climatico», afferma Watson.
Ora il nuovo report IPBES, che è il corrispondente per la biodiversità dell’IPCC, il mega panel di scienziati sul cambiamento climatico, il primo dal 2005 di queste dimensioni (raccoglie oltre 15mila studi di settore, ed è stato revisionato dagli esperti governativi di 132 paesi), dimostra – una volta per tutte – che la risposta attuale, su scala globale, è insufficiente e cambiamenti profondamente trasformativi sono necessari per rigenerare e proteggere la natura.
Niente di nuovo in realtà: il fatto che dei 20 Obiettivi sulla Biodiversità di Aichi (un percorso avviato in Giappone nel 2010 dalle Nazioni Unite similare ai negoziati sul clima ) per il 2020 solo 4 sono stati raggiunti dimostra come già da tempo il mondo della scienza fosse a conoscenza della realtà de fatti. Oggi più del 40% delle specie di anfibi, quasi il 33% dei coralli che formano la barriera corallina e più di un terzo di tutti i mammiferi marini sono minacciati. In passato l’uomo, anche in numeri inferiori ha portato distruzione: almeno 680 specie di vertebrati sono state portate all'estinzione dal XVI secolo, conferma il report IPBES. Il nostro paese non è esente: solo in Italia presto potrebbero sparire l’allodola - ne sono sparite la metà negli ultimi 40 anni – la farfalla blu – meno 38% dagli anni ’70, mentre un terzo degli individui di api e insetti è a rischio estinzione. L’estinzione più preoccupante? Quella dei coralli, che potrebbe alterare completamente gli equilibri marini, con gravissimi impatti sulla pesca e sulla sicurezza alimentare.
È sempre più certo che l’intervento umano stia causando, di fatto, una vera e propria Sesta estinzione di massa. Per l’integrità della biosfera gli studiosi indicano un limite di “dieci estinzioni ogni 10.000 specie nell’arco di 100 anni”, mentre dal 1900 si sono registrate “24-100 estinzioni ogni 10.000” specie, a seconda dei tipi di organismi», spiega a Linkiesta Gianfranco Bologna, responsabile scientifico WWF Italia. «Persino gli insetti sono a rischio. Una recente analisi di più di 70 ricerche sul declino degli insetti in varie parti del mondo illustra quanto il fenomeno sia diffuso in maniera preoccupante».
«Per affrontare le principali cause di danno alla biodiversità dobbiamo capire la storia e l'interconnessione globale una serie di fattori, dal cambiamento demografico al motore economico, così come i valori sociali che li sostengono», spiega il Prof. Eduardo Sonnewend Brondízio, uno dei principali autori del report IPBES. «I driver chiave includono un aumento della popolazione e del consumo pro-capite, l'innovazione tecnologica, che in alcuni casi ha ridotto e in altri casi ha aumentato il danno alla natura e, criticamente, le questioni di governance e responsabilità. Un elemento che emerge è quello dell'inter-connettività globale e del "telecoupling" - ovvero l'estrazione e la produzione di risorse che spesso si verificano in una parte del mondo per soddisfare i bisogni dei consumatori di regioni lontane». Il 2020 sarà un anno storico per capire quali sforzi l’umanità può mettere in campo per la biodiversità e il clima, elementi per altro fortemente correlati. Seguire questi temi sarà un obbligo civico. Ogni giornalista, ogni cittadino deve esserne consapevole.

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