Dalla società di Atlanta dipende il 40 per cento del Pil del Paese. Per questo il gruppo può fare quello che vuole, con la complicità del governo dispotico di re Mswati III
Proprio questo, più che un sistema impositivo particolarmente vantaggioso per il gruppo di Atlanta è l'elemento che secondo Kenworthy bisogna tenere in considerazione per capire cosa abbia da offrire al colosso la piccola e povera monarchia: l'assenza di sindacati, di un'opposizione e di un sistema indipendente di controllo del potere. Nemmeno la stampa locale ha mai avuto troppi interessi nel farsi domande sulla vera natura degli affari tra lo Swaziland e la Coca Cola, il colosso che vende un miliardo di lattine e bottiglie al giorno. Basta leggere gli articoli apologetici pubblicati sullo Swaziland Observer o del Times of Swaziland. L'altro lato della medaglia sono una serie di violazione dei diritti dei lavoratori e di quelli umani più in generale. L'autore racconta di un suo viaggio a Vuvulane, piccolo territorio del distretto di Lubombo, che copre quasi tutto lo Swaziland orientale, ricco di piantagioni di canna da zucchero, la cui raccolta è un'attività estremamente faticosa e che causa non pochi incidenti e morti. Qui lavorano centinaia di persone, con salari da fame, compresi tra i 400 e i 550 rand (41-56 euro) al mese, che non riescono nemmeno a garantirsi un pasto tutti i giorni, figurarsi extra costosi come ad esempio dei medicinali. C'è poi il problema delle confische dei terreni, ad opera delle società che gestiscono gli appezzamenti coltivati a canna da zucchero, la Royal Swaziland Sugar Corporation (Rssc) e la Swaziland Water and Agricoltural Development Enterprise (Swade). Non meno importante è l'enorme volume d'acqua impiegato nel processo produttivo. Per un litro di Coca Cola, occorrono almeno tre litri d'acqua. Il problema della produzione water-intensive è accentuato dal fatto che le piccole riserve idriche sono state di fatto privatizzate. Gli abitanti di Vuvulane hanno raccontato a Kenworthy che è pericoloso anche andare a pescare nella diga vicina: si rischia l'arresto.
Certo, bisogna precisare che la società che produce il soft drink per antonomasia è impegnata in progetti benefici a vantaggio delle comunità locali. Che esistono trust e fondazioni, come laCoca Cola Africa Foundation, presieduta dallo stesso re Mswati III, che stanziano fondi per l'istruzione, per apparecchiature mediche da donare al governo dello Swaziland. Sono in avvio anche programmi per lo sviluppo delle risorse idriche. Ma questa sembra essere solo la superficie. Se si gratta, si scopre un governo tra i più corrotti, incapaci e repressivi, che non ha mai dato problemi alla Coca Cola - troppo grande il rischio che il colosso possa spostarsi altrove e portare con sé il 40 per cento del Pil - e non ha mai ricevuto fastidi. E' una collaborazione mutualmente vantaggiosa. Sulla schiena e sulle spalle degli schiavi di Vuvulane e delle altre aree di produzione.
Da Peace Reporter
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