La perversa estetica del corpo

apr 25, 2014 0 comments

Di Antonino De Stefano
Come è cambiata l’estetica del corpo? Il gusto del piacere dell’osservazione del prodotto naturale ‘essere umano’, della pura osservazione estetica, del piacere di sentirsi sani è un concetto che negli ultimi anni è stato preso, capovolto, rigirato e straziato. Ciò che prima era un simbolo della prosperità a cui l’uomo era in grado di raggiungere, e della sua capacità di incrociare ambiti di studio, passioni e sensazioni, approcci scientifici e non solo in un unico prodotto artificiale. Anatomia e arte fin dall’antichità hanno formato un binomio vincente che a quanto pare oggi come oggi appartiene al passato, un passato che sembra sempre più lontano.
Dalle proporzioni studiate del Classico si è arrivati ai cartelloni pubblicitari di oggi. Non è da considerare solamente l’intento artistico nella questione dell’estetica del corpo, perché in realtà è qualcosa di più. Ci riguarda tutti i giorni e sul fatto che un’ opera di Fidia o di Mirone e una campagna pubblicitaria con una modella anoressica di oggi non siano paragonabili non ci sono dubbi. Il confronto viene meno considerando che oggi non vige alcun criterio estetico, ma puramente pubblicitario e consumistico. Ma il collegamento è proprio ciò che i due tipi diversi di icone vogliono rappresentare: simboli di un ideale da raggiungere, da ammirare, in cui perdersi, con la differenza che nel primo caso ci si perde di fronte alla razionalità artistica e l’artificio che risulta così naturale nell’idea di bello, di proporzionato, di sano, mentre nel secondo caso ci si perde nel labirinto della modernità e dei suoi aspetti più tetri legati al consumo di cui si fa troppo spesso un valore.
Dal quinto secolo a.C. con i già citati Fidia e Mirone si creano dei canoni non solo artistici ma quasi matematici, che avranno un posto d’onore fino al Neoclassicimo con Thorvaldsen e Canova fino a metà Ottocento, passando per Michelangelo e Leonardo nel XV e XVI secolo.
Così come nei bronzi di Riace (anch’essi databili intorno al v secolo a.C., culmine della scultura classica) o nel Discobolo di Mirone l’anatomia umana è studiata nel dettaglio affinchè sia rintracciabile un rapporto intimo l’arte come prodotto umano e la componente naturale. Il bello classico è un bello razionale, ed è attraverso la ragione e la geometria applicate all’arte che si ha allo stesso tempo un icona di come l’uomo dovrebbe essere, e non solo ‘fisicamente’ parlando, in quanto il corpo nella sua dimensione materiale rappresenta comunque attraverso lo studio delle proporzioni le facoltà intellettuali dell’uomo. La componente razionale è sempre più difficile da trovare in quanto si confonde il criterio estetico e artistico con l’utile, con il raggiungimento di obiettivi legati al mondo del consumo e al di fuori di ogni logica se non quella del mercato.
Oggi il valore genuino del corpo viene raramente preso in considerazione, soprattutto dai giovani, sia dal punto di vista estetico sia da quello salutare. Dal punto di vista estetico si può dire che si presta attenzione alla mera apparenza, fine a sé stessa, quella che da sola ormai funziona da metro di giudizio. Dal punto di vista salutare il ‘vivere in maniera sana’ è sostituito ad un principio di autodistruzione del proprio corpo, attraverso droghe, protesi di silicone, alcool e tabacchi.
Il capovolgimento del valore estetico del corpo è da attribuire al mondo consumistico, che si sostituisce troppo frequentemente all’arte nella vita di tutti i giorni. Al modello consumistico sono infatti legate icone di corpi quanto mai innaturali, artificiosi che vengono posti come canoni di bellezza. Ci vengono presentati uomini artificiali, finti, bambolotti di plastica e modelle con corpi da Terzo Mondo. Si scambia il valore estetico con il non-valore della ricchezza, proprio perché chi più è ricco più può consumare. L’aspetto malato e di questo sistema e il suo trovarsi al di fuori di ogni schema razionale è evidente nel paradosso per cui il modello di donna ideale è scheletrica, anoressica, non sana e lo stesso modello che razionalmente porta ad un’idea di miseria e povertà viene utilizzato come simbolo della ‘ricca e prospera’ quanto perversa civiltà occidentale, consumisticamente parlando.

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