Si inasprisce la tensione tra Russia e Occidente per la questione ucraina

dic 23, 2021 0 comments


Di Paolo Mauri

Sono state giornate convulse quelle che hanno vissuto le cancellerie di Russia e dei Paesi occidentali: al centro di mosse e dichiarazioni diplomatiche, anche aspre, ancora la questione ucraina che non ha trovato soluzione nonostante la recente telefonata tra i leader del Cremlino e della Casa Bianca.

Mosca avverte che se l’Occidente continuerà nella sua linea, sarà costretta a prendere “misure tecnico-militari adeguate” e “reagirà con durezza”, come affermato martedì dal presidente Vladimir Putin durante una riunione allargata del consiglio del Ministero della Difesa, a cui hanno preso parte non solo i massimi vertici delle istituzioni militari russe ma anche il capo dell’intelligence, il ministro dell’Interno, il direttore dell’Fsb, il presidente del Consiglio di Sicurezza e il capo del Consiglio della Federazione.

Un’inusuale riunione plenaria che dimostra come la situazione sia molto tesa, e che certifica una volta di più la diffidenza di Mosca verso le “garanzie di sicurezza” occidentali. Putin ha ribadito, in quella occasione, che le proposte russe non sono un ultimatum, ma che gli Stati Uniti e i loro alleati devono capire che “la Russia non ha nessun altro posto dove ritirarsi” sottolineando, una volta di più, l’importanza strategica – e possiamo dire vitale – del non superamento da parte della Nato delle ormai ben note “linee rosse” indicate dal Cremlino.

Una percezione di accerchiamento, quasi di soffocamento, quella di Mosca, che non deriva solo dalla questione Ucraina, ma dall’avere l’Alleanza Atlantica direttamente ai propri confini: lunedì, il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko aveva infatti ricordato che le mosse della Russia riguardanti la propria sicurezza derivano dalle azioni dell’Ucraina e di altri Paesi vicini, che costringono Mosca “a compiere passi radicali”.

“Il problema – afferma Rudenko – è che i nostri vicini, non solo l’Ucraina, hanno raggiunto una sorta di punto di ebollizione, che ci costringe a compiere alcuni passi radicali, e diciamo che siamo pronti a pensare in un modo diverso”. Il viceministro si riferisce ai Paesi Baltici e alla Polonia, che qualora vedessero schierare sistemi missilistici statunitensi o Nato, metterebbero in seria difficoltà la capacità di deterrenza nucleare russa in quanto questi sarebbero in grado di colpire i loro bersagli nella Russia occidentale con pochissimo preavviso (si stima dopo soli 4 o 5 minuti di volo).

Qualcosa di già visto nella storia: quando l’Unione Sovietica dispiegò missili balistici a raggio intermedio tipo Rsd-10 “Pioneer” (SS-20 in codice Nato) a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 innescò una crisi – che ricordiamo come “degli euromissili” – che provocò la reazione occidentale con lo schieramento di missili balistici e da crociera in Europa (tra cui l’Italia). Una crisi che scosse l’equilibrio strategico europeo e che aumentò il rischio di un conflitto, evitato solo grazie al raggiungimento di un accordo tra le parti che comportò l’eliminazione dagli arsenali di questi sistemi e dei loro lanciatori (il defunto Trattato Inf sulle forze nucleari intermedie).

Russia e Stati Uniti continuano a cercare un accomodamento diplomatico: da un lato Mosca chiede colloqui immediati sulle garanzie di sicurezza poiché “la situazione è molto seria e potrebbe complicarsi ulteriormente”, dall’altro Washington fa sapere che gli Usa “sono pronti a impegnarsi diplomaticamente attraverso molteplici canali, compreso quello bilaterale, il Consiglio Nato-Russia e l’Osce”. I segnali però non sono incoraggianti.


Mosca ha chiuso i rubinetti del gas diretto in Germania: martedì Gazprom ha interrotto l’erogazione del prezioso idrocarburo attraverso il gasdotto Yamal-Europe dopo un fine settimana in cui il volume immesso in rete è diminuito in modo significativo, proprio mentre la domanda di energia sia in Russia sia nel resto d’Europa ha raggiunto il suo picco invernale. Il gasdotto transnazionale Yamal-Europe va dalla Siberia nordoccidentale a Francoforte sull’Oder, nella Germania orientale, passando per la Bielorussia e la Polonia. Nonostante la giustificazione che ha chiamato in causa l’eccezionale ondata di freddo, dietro la decisione di Gazprom potrebbe esserci una ritorsione proprio contro la Polonia, il membro della Nato e dell’Ue “più attivo” nel contrasto alla Russia: Varsavia, infatti, per non acquistare direttamente il gas russo lo compra dalla Germania proprio utilizzando la stessa conduttura “in senso inverso”.

I due fatti sembrano essere direttamente correlati – e consequenziali – proprio perché il pompaggio in senso contrario risale ai primi di novembre mentre il blocco dei flussi dalla Russia è stato coincidente con l’attuale ondata di gelo: una mossa che quindi sembra “punitiva” avendo fatto schizzare alle stelle i prezzi del gas.

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