Giornate imbarazzanti per il Credit Suisse. Suddeutsche Zeitung e la Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) si sono messe a capo di un’investigazione che ha coinvolto 160 giornalisti provenienti da tutto il mondo per fare le pulci a dei documenti che sono stati fatti filtrare da un ex-dipendente. Il “whistleblower”, mosso da scrupoli morali, ha gettato luce su una lista di clienti «speciali» fatta di evasori milionari, lista tra cui figurano trafficanti di uomini e boss malavitosi.
Una reporter dell’Occrp ha voluto verificare l’affidabilità dell’informatore e, fingendosi potenziale cliente, si è presentata all’istituto finanziario per aprire un conto altamente riservato. Le è stato spiegato che le nuove leggi e i nuovi accordi antiriciclaggio – nati proprio in risposta ai continui scandali di evasione fiscale – hanno fiaccato non poco la «protezione» offerta dai conti cifrati, tuttavia le è stata offerta un’alternativa: affidarsi a dei trust con dipendenti dell’istituto come fiduciari e direttori.
Facendo riferimento alle carte, la banca svizzera avrebbe prestato i suoi servizi speciali allo svedese Bo Stefen Sederholm, il quale ingannava giovani donne filippine per indurle alla prostituzione, all’ex capo dei servizi segreti egiziano Omar Suleyman, all’ex premier ucraino Pavlo Lazarenko, al figlio del dittatore egiziano Hosni Mubarak, Alaa Mubarak, e molti altri soggetti che sono stati condannati con vari capi d’accusa. In totale figurano più di 30.000 nomi e società , le quali si ricollegano complessivamente a fondi che superano i 100 miliardi di euro.
La Stampa, testata italiana che ha partecipato attivamente all’inchiesta, non manca di far notare che almeno 700 dei soggetti coinvolti sono italiani. Si tratta perlopiù di individui poco noti alle cronache e quasi tutti residenti o domiciliati all’estero, tuttavia è facile sospettare che almeno parte di queste residenze siano truffaldine, pensate ad arte per approfittare di regimi fiscali particolarmente convenienti. A figurare tra i clienti speciali è anche il Vaticano, con l’agenzia finanziaria che non si è fatta problemi ad accogliere nel fondo Athena le firme di persone che potrebbero considerarsi politicamente esposte quali Angelo Maria Becciu, Alberto Perlasca o Fabrizio Tirabassi.
Credit Suisse si difende facendo notare che i clienti che usufruiscono di questi servizi particolari sia esigua, solamente il 0,003%, tuttavia si guarda bene dall’esplicitare quale sia la mole di finanze che questa minoranza è in grado di mobilitare. Nel rispondere allo scandalo, la banca ha anche accusato i giornalisti di star portando avanti «uno sforzo concertato per screditare il mercato finanziario svizzero», nonché ha fatto notare che gran parte dei dati presi in analisi siano obsoleti.
In effetti, almeno un terzo dei conti esposti sono stati aperti prima degli anni Duemila e molti altri sono già stati chiusi – spesso tardivamente – grazie alle fughe di dati in stile Panama Papers, inoltre un numero significativo di questi è stato normalizzato grazie ai vari scudi fiscali, tuttavia diversi profili compromettenti risulterebbero ancora attivi. L’agenzia, in nome della riservatezza, si è limitata a fornire dichiarazioni generiche e non ha alcuna intenzione di confermare o smentire l’effettiva esistenza di questi abusi.
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