Così la Difesa Usa “dipende” da Cina e Russia

giu 18, 2022 0 comments


Di Federico Giuliani

Gli Stati Uniti sono pronti a recapitare in Ucraina un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di un miliardo di dollari. Washington invierà a Kiev forniture di sistemi di artiglieria, di difesa missilistica e costiera, e pure altre attrezzature tra cui mirini termici in abbondanza. Volodymyr Zelensky ringrazia, mentre le autorità ucraine chiedono ancora più armi. Il motivo è semplice: nel Donbass l’esercito russo ha aumentato la pressione, sta guadagnando terreno e accerchiando le forze nemiche nelle città chiave.

Certo, Severodonetsk, di fatto l’ultimo e più importante baluardo della regione di Lugansk, continua a resistere ma non sappiamo per quanto tempo ancora sarà in grado di farlo. L’imminente arrivo tra le mani dei soldati ucraini di una decina di MLRS e oltre 100 munizioni potrebbe, in parte, cambiare la situazione nel quadrante orientale del Paese, visto che questi sistemi missilistici possono colpire bersagli situati ad una distanza di 80-85 chilometri.

Attenzione però, perché la coperta a disposizione degli Stati Uniti potrebbe presto mostrarsi per ciò che è diventata: più corta del previsto. Washington ha scelto di supportare, finché sarà possibile, la causa ucraina, inviando armi e armamenti di ogni tipo. Il problema è che le quantità di armi non sono infinite, così come infinite non sono le materie prime a disposizione degli Usa e necessarie alla costruzione dei suddetti armamenti. Lo scenario assume connotati ancora più curiosi se consideriamo un aspetto chiave: la catena di approvvigionamento militare degli Stati Uniti, a causa di politiche economiche spesso miopi, oggi dipende fortemente da Cina e Russia, ovvero dai suoi principali nemici.

I materiali chiave

Per produrre munizioni e altri armamenti sono necessari minerali piuttosto particolari, non sempre facili da reperire. Come ha sottolineato Defense News, l’antimonio è uno di questi, ed è fondamentale per alimentare la supply chain relativa al comparto industriale-difensivo degli Usa.

Indicato con la sigla SB, abbreviazione di stibiu (bastoncino), l’antimonio è necessario per sfornare proiettili perforanti, esplosivi, varie attrezzature militari (visori notturni, per fare un esempio concreto) e pure armi nucleari. L’elenco è in realtà molto più lungo e comprende, tra gli altri, titaniotungstenocobalto e litio.

Il Congresso Usa si è probabilmente mosso in ritardo per far sì che il Paese possa contare su una riserva di minerali e materiali strategici, nota come riserva di difesa nazionale. Ebbene, le stime non sono per niente confortanti: a meno di azioni correttive, di questo passo i minerali e materiali sopra citati diventeranno insolventi entro il 2025. In altre parole, molto presto Washington non potrà più contare su materiale sufficiente per costruire armi e armamenti.

Corsa contro il tempo

La guerra in Ucraina, con il conseguente inasprimento delle relazioni diplomatiche e commerciali con Russia e Cina, ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora. L’House Armed Services Committee, e cioè la Commissione per i servizi armati della Camera Usa, ha per la prima volta affrontato il problema del predominio di Pechino sulla catena di approvvigionamento dell’antimonio, pubblicando una bozza di legge sul tema accompagnata da un rapporto.

Quest’ultimo ha richiesto al gestore delle scorte di difesa nazionale di informare il comitato sullo stato dell’antimonio entro ottobre, si legge, fornendo “una prospettiva quinquennale di questi minerali e delle vulnerabilità attuali e future della catena di approvvigionamento”. “Il comitato è preoccupato per le recenti dinamiche geopolitiche con Russia e Cina e per come ciò potrebbe accelerare le interruzioni della catena di approvvigionamento, in particolare con l’antimonio”, ha osservato il documento.

Il progetto di legge ha inoltre richiesto al Dipartimento della Difesa di istituire una politica di riciclaggio delle batterie usate per recuperare “metalli preziosi, minerali di terre rare ed elementi di importanza strategica (come cobalto e litio) nella catena di approvvigionamento o nelle riserve strategiche degli Stati Uniti”.

Il tallone d’Achille Usa

Durante la Seconda Guerra Mondiale il Giappone aveva interrotto la fornitura di antimonio degli Stati Uniti dalla Cina. Da quel momento in poi, Washington ha iniziato a reperire il minerale da una miniera d’oro dell’Idaho. Peccato che questa miniera abbia cessato la produzione nel 1997. Come si legge in un rapporto datato 2020 e realizzato dallo US Geological Survey, nel territorio americano “non esiste una miniera domestica per l’antimonio”. Al contrario, la Cina è il più grande produttore di antimonio estratto e raffinato, nonché “una delle principali fonti di importazione per gli Stati Uniti”.

Il report ha aggiunto che Pechino sta “perdendo quote di mercato con la Russia, secondo produttore mondiale” di antimonio, mentre il Tagikistan guadagna terreno nel mercato globale come terzo fornitore mondiale del prezioso minerale. L’interesse dei legislatori nel rafforzare le scorte nazionali di minerali strategici per la difesa Usa è arrivato forse in ritardo, e per di più dopo anni durante i quali il Congresso aveva autorizzato molteplici vendite multimilionarie della stessa riserva per finanziare altri programmi.

Il Dipartimento della Difesa ha presentato una proposta legislativa proprio al Congresso, chiedendo di autorizzare 235,5 milioni di dollari per procurarsi minerali aggiuntivi. E pensare che all’inizio della Guerra Fredda, nel 1952, le scorte degli Stati Uniti valevano circa 42 miliardi di dollari. Quel valore oscillerebbe adesso attorno agli 888 milioni di dollari.

“Le scorte della difesa nazionale non sono più in grado di coprire le esigenze del Dipartimento della Difesa per la stragrande maggioranza dei materiali identificati in caso di interruzione della catena di approvvigionamento”, hanno fatto sapere i legislatori statunitensi. Da qualunque prospettiva la si guardi, gli Stati Uniti pagano lo scotto di una lunga politica sul tema a dir poco velleitaria. Una politica che, di fatto, ha subordinato Washington a Russia e Cina, che controllano le fette più grandi di antimonio e altri minerali fondamentali per la costruzione di armi e armamenti. Nel frattempo l’Ucraina continua a chiedere altre armi per fronteggiare la minaccia russa.

FONTE: https://it.insideover.com/difesa/cosi-la-difesa-usa-dipende-da-cina-e-russia.html

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