Il peso della Cina sulle sorti della guerra in Ucraina

mar 7, 2023 0 comments


Di Federico Giuliani

Ha presentato una soluzione politica per la risoluzione della crisi in Ucraina, ripetendo le posizioni già espresse dall’inizio della guerra. Deve fare i conti con un equilibrio diplomatico sempre più delicato, con il partner russo che non sembra aver alcuna intenzione di frenare la sua offensiva militare, e l’Occidente che potrebbe chiudere ogni porta economica qualora la tensione internazionale dovesse ulteriormente surriscaldarsi. O nel caso in cui emergessero prove di un qualunque tipo di supporto militare fornito a Mosca. La Cina non può più temporeggiare, pena il rischio di veder erosi i propri interessi nazionali e strategici, e deve quindi capire al più presto quale piega far prendere indirettamente al conflitto ucraino.

La posizione di Pechino, nell’ottica del governo cinese, ha avuto senso per più di un anno. Restare al di fuori del ring dove si stanno scontrando il Cremlino e Kiev, continuare a fare affari con Vladimir Putin e, al tempo stesso, riprendere il dialogo con l’Unione europea per rendere di nuovo efficienti i rapporti economici, ha tenuto il Dragone – che non ha scelto di sostenere una delle parti in causa con lo stesso impegno mostrato da Washington – al riparo dalla tempesta.

Il punto è che la lama di coltello sulla quale sta danzando la leadership cinese è sempre più sottile. Per evitare di tagliararsi, Xi Jinping potrebbe essere chiamato ad un cambio di passo o, per lo meno, ad attuare una strategia differente.

Continuare a mantenere una posizione nebulosa, proponendo una filosofia diplomatica non compresa dai governi occidentali, potrebbe infatti portare gli Stati Uniti ad associare sempre di più Pechino a Mosca. A quel punto emergerebbe quella contrapposizione tra blocchi (la cosiddetta “mentalità da Guerra Fredda”) spauracchio della Cina – desiderosa – e in parte costretta – a mantenere oliate le relazioni economiche con Europa e America.

La scelta più difficile

Banalmente, per la Cina gli interessi strategici nazionali vengono prima di ogni altro aspetto. E allora, a Pechino, conviene maggiormente fornire armi alla Russia, e dire addio ai mercati europei e Usa, o rimanere neutrale e fare così affari con l’Occidente? È una domanda chiave, la cui risposta deciderà le sorti della guerra in Ucraina.

Xi sa bene che, in caso di invio di armamenti cinesi al Cremlino, la bilancia del conflitto potrebbe pendere in favore di Mosca; dall’altro lato, tuttavia, superare questa linea rossa metterebbe il governo cinese nella black list statunitense e occidentale. Non solo: la Cina teme che la cosiddetta operazione militare speciale lanciata da Putin in Ucraina possa aver superato il punto di non ritorno, e che ogni apporto fornito non sarebbe comunque in grado di supportare l’esercito russo.

In uno scenario del genere è fondamentale anche considerare i fattori logistici e temporali. Già, perché le forze del Cremlino avrebbero bisogno a stretto giro di proiettili d’artiglieria, pezzi di ricambio e droni d’attacco, ovvero tutto materiale nelle corde produttive cinesi.

L’Economist ha ricordato che le industrie belliche d’oltre Muraglia – che per anni hanno importato e contraffatti praticando il reverse engineering, per poi rivendere ai paesi del terzo mondo i sistemi d’arma sovietici – sono capaci di produrre i proiettili d’artiglieria compatibili con quelli di calibro da 122 mm e 152 mm utilizzati sia dai cannoni russi che ucraini.

Tralasciando l’eventuale compatibilità da rodare, occorerebbero però mesi per far arrivare ipotetici proiettili cinesi a Mosca, e da qui recapitarli sul fronte ucraino. E questo non è un problema da poco, visto che nel frattempo potrebbe essere scattata la controffensiva primaverile di Kiev.

La variabile Cina

La Cina é il quarto esportatore mondiale di armi. Otto delle sue aziende, seconde solo alle industrie americane, figurano nell’ultima classifica delle 100 migliori fabbriche di armi del mondo stilata dallo Stockholm International Peace Research Institute.

La Russia, che per decenni ha pompato ingenti quantità di armi a Pechino – ha inviato mediamente 2 miliardi di dollari di armamenti all’anno tra il 2001 e il 2010, con un affare da 7 miliardi di dollari nel 2015 – ora è con le spalle al muro. Gli effetti della guerra di logoramento in Ucraina iniziano a farsi sentire, e Mosca ha finito gli amici a cui chiedere aiuto. I magazzini della Bielorussia sono stati ripuliti a dovere, la Corea del Nord potrebbe aver inviato qualcosa ma Pyongyang non intende privarsi del suo arsenale mentre l’Iran ha poco da offrire, tranne qualche drone. Al contrario, la Cina ha il peso necessario a spostare la bilancia, stringendo tra le mani diversi jolly che potrebbero consentire ai russi di fare la differenza, o quanto meno di non essere spazzati via dalle armi occidentali.

La guerra potrebbe anche offrire alla Repubblica Popolare Cinese l’opportunità di ripristinare e riequilibrare le sue relazioni di difesa con la Russia. Per molti anni, come detto, la Cina ha infatti importato tecnologia militare russa, eseguendo il reverse engineering di gran parte di essa per realizzare apparecchiature contraffatte (basti pensare che, tra il 2017 e il 2021, l’81% delle sue importazioni per la difesa proveniva dalla Russia, compresi i motori degli ultimi caccia stealth cinesi). Adesso il Dragone ha la possibilità di diventare un partner industriale relativamente paritario per l’industria della difesa russa.

Merce di scambio e diplomazia

Non sappiamo, ovviamente, se la Cina deciderà o meno di inviare armamenti a Mosca. È però lecito supporre che, in caso di fumata bianca, anziché spedire kit di base a Mosca il governo cinese potrebbe aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali inviando componenti ad alta tecnologia per droni, missili da crociera e altre armi di precisione.

Dal momento, poi, che niente è gratis – tanto meno tra partner e non alleati – i cinesi potrebbero chiedere in cambio qualche pezzo pregiato del Cremlino, come la tecnologia per l’RD -180, un motore a razzo russo utilizzato per i lanci spaziali (e potenzialmente missili balistici), quella per migliorare i sottomarini o, ancora, quella per ottimizzare i motori a reazione.

Il problema principale resta però uno: ammesso e non concesso che la Cina scelga di superare la linea rossa tracciata dagli Stati Uniti, vorrà farlo senza destare sospetti. Tra i funzionari europei si vocifera che Pechino sarebbe infuriata con la Russia perché le discussioni sulla vendita di armi cinesi sarebbero arrivate nelle mani degli Stati Uniti e diffuse sui media. La Cina vuole invece che ogni possibile sostegno al Cremlino resti segreto perché sa che sottoscrivere la campagna militare russa farebbe venire meno la pretesa cinese di essere un mediatore neutrale.

Se poi i cinesi consegnassero effettivamente armi ai russi, questi ultimi dovranno fare attenzione a non farsi cogliere di sorpresa dagli ucraini. Nel caso infatti in cui Kiev dovesse catturare interi stock di armi cinesi, potrebbe iniziare una nuova fase della guerra.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/il-peso-della-cina-sulle-sorti-della-guerra-in-ucraina.html

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