Il rebus sul futuro della Wagner nel dopo-Prigozhin

ago 31, 2023 0 comments


Di Beatrice Chizzola

Per capire quale sarà il futuro del gruppo Wagner dopo l’annuncio della morte del fondatore Evgeniy Prigozhin è necessario partire dalla sera dell’incidente in cui il leader mercenario avrebbe perso la vita. 23 agosto 2023, 18.22 (ora di Mosca), il jet privato Embraer Legacy 600 precipita di 8000 piedi e si schianta al suolo a 60 km da Mosca nei pressi di Kuzhenkino, nella regione di Tver. Stando alle fonti russe sull’aereo viaggiavano 10 passeggeri, tra cui il capo del gruppo Wagner Prigozhin, il co-fondatore Dmitri Utkin e altri membri della leadership della PMC. Nessun superstite. Attorno a questo evento vi è un alone di mistero che probabilmente non si dissolverà mai completamente; i dubbi sono molti, soprattutto riguardo alla reale presenza di tutti i massimi esponenti del gruppo sullo stesso aereo. Si sta parlando di militari esperti, non sprovveduti. Tuttavia, al di là della morte effettiva, ciò che è certo e inequivocabile è il messaggio del Cremlino: Prigozhin è uscito di scena, il personaggio ha definitivamente concluso la sua parte e con lui anche il suo braccio destro.

Le domande che aleggiano attorno a questo giallo sono tante (secondo il nostro collega Andrea Muratore addirittura 20), ma probabilmente le più urgenti sono due: la prima riguarda il coinvolgimento di Vladimir Putin nel presunto attentato e la seconda il futuro della PMC Wagner.

In Occidente, in maniera assai prevedibile, la colpa è stata immediatamente attribuita a Putin. Una conclusione affrettata e superficiale che, però, è perfettamente in linea con la narrazione in voga dello Stato russo: una sorta di Oceania di Orwell dove il Grande Fratello, cioè il dittatore, è incarnato da Putin. La realtà, come spiega anche Igor Pellicciari in un intervento pubblicato su Dagospia, è molto più complessa. Se si parte, quindi, dal presupposto che la Russia non è un totalitarismo stile XX secolo, è più facile accettare la possibilità sostenuta da vari analisti del coinvolgimento in prima persona del GRU, ormai da tempo in rotta di collisione con il gruppo guidato da Prigozhin.

Nel momento in cui, però, si prende in considerazione il diretto coinvolgimento dell’intelligence militare sorge un’altra questione da chiarire: il GRU, pur non facendo capo direttamente alla presidenza della Federazione Russa come invece accade per l’Fsb e il Svr, dispone di una tale libertà d’azione? Può provocare un disastro aereo sul suolo russo e eliminare una personalità di tale rilievo senza il benestare di Putin? Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, si è detto certo dell’estraneità del suo corrispettivo russo; altri esperti hanno parlato dell’uccisione di Prigozhin come di un’opzione senza senso per Putin, eppure, a nostro avviso, se si guarda il quadro complessivo l’uscita di scena del capo della Wagner non ha per nulla danneggiato il capo di Stato. Con questa affermazione non si vuole escludere il coinvolgimento dell’intelligenze militare, semplicemente si pone sul tavolo delle ipotesi quella di una decisione coordinata e di reciproco vantaggio.

La crescente popolarità di Prigozhin non era di certo ben vista dal Presidente russo, soprattutto se si tiene in considerazione che nel 2024 ci saranno le elezioni presidenziali in Russia. In un’intervista per la rivista formiche Claudio Bertolotti afferma che “l’unico soggetto indefinito che potrebbe effettivamente strappare consensi a svantaggio di Putin potrebbe essere un veterano, un eroe di guerra”. Su quest’onda Bill Browder, il più grande investitore straniero in Russia fino al 2005, ha spiegato ad Al Jazeera come Prigozhin fosse verosimilmente “la più grande minaccia” per il presidente Putin, poiché visto da molti come un “folk hero” in Russia. Sempre riguardo la popolarità in Russia dello “chef di Putin”, Peter Eltsov ha scritto sul suo canale Telegram che una buona fetta della popolazione russa ha espresso il suo disappunto riguardo l’interruzione della Marcia di Prigozhin verso Mosca. 

Una contestazione che può nascere spontanea di fronte al coinvolgimento di Putin è che il capo di Stato russo ha tutt’ora bisogno della Wagner e che quindi la morte del suo leader sia controproducente. Un’osservazione legittima, ma forse non così accurata. Putin necessita della PMC in quanto organo non statale che fa gli interessi della Russia all’estero, in particolare in Africa, non in quanto esercito privato di Prigozhin legato direttamente al suo capo da un pericoloso sentimento di fedeltà. Da qui si arriva facilmente al secondo quesito: qual è il futuro della Wagner?

Per rispondere a questo rompicapo è necessario fare una premessa: dopo il tentato “golpe” di fine giugno era iniziata una scomposizione della Wagner. Parte del gruppo era già stata assorbita dalle Forze Armate della Federazione Russa dopo gli eventi di inizio estate: anche se inizialmente i componenti si erano rifiutati di firmare un contratto con il ministero della difesa russo, ora, almeno per quanto riguarda i combattenti in Ucraina, vi è stato un inserimento nell’esercito regolare. Una seconda componente della PMC era stata inviata in Bielorussia a supporto dell’esercito regolare di Lukashenko in attività di addestramento e affiancamento, mentre la terza, la più consistente, era stata spostata in Africa, dove la sua presenza è effettivamente necessaria per Mosca. 

Più i giorni passano più gli analisti si mostrano concordi nel vedere in un futuro non troppo lontano una Wagner sia più controllata dal Cremlino sia più in linea con la sua indole iniziale, cioè con la sua natura clandestina. Tornerà a essere, quindi, uno strumento non governativo che fa gli interessi di Mosca senza essere istituzionalmente collegabile a essa, soprattutto in Africa.

Come spiega Gianandrea Gaiani in un intervento a RSI News la Russia nell’Africa Sub-Sahariana è riuscita in quello in cui l’Europa ha fallito: è riuscita a porsi come interlocutore privilegiato perché ha offerto ciò di cui quegli Stati avevano bisogno (aiuti militari e presenza di supporto) senza voler determinare l’indirizzo sociale e politico di questi. La Wagner negli anni è stata “una cerniera importante per i Paesi che guardano alla Russia e ai Brics come sostituti dell’Europa”, spiega Gaiani.

Ecco che allora tutto inizia ad acquisire un senso: Mosca dà inizio all’ ”operazione speciale” in Ucraina e ha bisogno dell’abilità combattiva della Wagner soprattutto nella sanguinosa battaglia per Bakhmut; nel mentre la mobilitazione militare parziale continua, le file dell’esercito russo si rafforzano e la Wagner non è più necessaria. Il gruppo può tornare alle sue mansioni precedenti, ma forse Prigozhin non è più disposto a tornare nelle retrovie. Mosca allora vara una legge il 10 giugno che impone a tutti i gruppi militari privati di firmare un contratto con la Difesa, la risposta è un tentato golpe. La popolarità di Prigozhin aumenta esponenzialmente, la Wagner ha smesso di essere un aiutante secondario che agisce da dietro le quinte, ma quella presenza è necessaria e va ripristinata. Ecco che dopo due mesi i volti della Wagner vengono eliminati, non c’è più un leader carismatico a cui i combattenti guardano con lealtà, ora si può rimodellare la Wagner secondo i reali bisogni di Mosca, cioè esattamente quello che sta accadendo ora.

FONTE: https://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/il-rebus-sul-futuro-della-wagner-nel-dopo-prigozhin/

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