TERRORISMO: origine del termine e storia

mar 25, 2016 0 comments


• La parola terrorismo di Ruggero Ragonese
La nascita del termine terrorismo non coincide con la nascita del terrorismo. Atti e organizzazioni in qualche modo riconducibili al concetto odierno di terrorismo si possono trovare ben prima della Rivoluzione Francese, momento in cui storicamente nasce il termine. Si pensi a questo proposito alle tecniche di lotta degli Zeloti o alla setta degli Assassini in Arabia. Il terrorismo precede di molto tempo la parola che lo etichetta.
Ma non si vuole qui ricostruire una definizione del terrorismo, che invece viene data a fianco, bensì ripercorrere la storia della parola e cercare di osservare i suoi svariati utilizzi e le sue diverse occorrenze. Tanto meno si intende qui tracciare una storia degli avvenimenti terroristici, che è cosa ben diversa dal ripercorrere la storia del termine.


Storia del terrorismo
Fin dalla sua nascita terrorismo è un termine usato da qualcuno come un’offesa e un’accusa a qualcun altro.
Il termine terrorismo nasce in Europa (deriva dal latino terror) e da qui viene poi esportato in tutto il mondo. Questo vuol dire che la storia della parola è una storia europea e che è in Europa che il termine terrorismo si forma e assume le sue principali caratteristiche.
Si inizia a parlare di terrorismo nel periodo del Terrore in Francia , subito dopo la rivoluzione francese del 1789. Fra il 1793 e il 1794, la frangia estrema del movimento rivoluzionario francese con a capo Robespierre prende il potere e instaura un regime radicale (chiamato poi ‘Terrore’) basato sulla sistematica eliminazione degli avversari attraverso migliaia di processi sommari basati spesso su semplici sospetti. È in Inghilterra, stato nemico della Francia, che, per la prima volta, il governo rivoluzionario francese viene accusato di terrorismo (terrorism).
Dopo la caduta del regime rivoluzionario e l’esecuzione di Robespierre e dei suoi fedelissimi, l’Académie Française annota il termine terrorismo definendolo “sistema basato sul terrore”. È chiaro che anche in Francia si fa riferimento a un governo dittatoriale che opera brutalmente contro i suoi stessi cittadini.

Agli inizi dell’Ottocento, la parola terrorismo non ha uguale diffusione e non appare quasi mai nei vocabolari europei (l’Accademia della Crusca non lo contempla nel proprio vocabolario del 1830). Tutte le volte che viene usato è però in riferimento a uno Stato che esercita violenza (“Un buon governo non deve essere terrorista”, dice lo storico Vincenzo Cuoco). Sono i movimenti, le sette segrete che in Europa si attivano per creare nuovi Stati nazionali e indipendenti (in Italia, in Polonia, nei Paesi Balcanici) a parlare per la prima volta di una “strategia del terrore” che permetterebbe alla minoranza politica (che costituisce, però, la maggioranza della popolazione) di poter combattere i regimi autoritari e oppressivi. La “strategia del terrore” si pone come obiettivo di colpire bersagli militari o personaggi politici importanti. Questo tipo di azione politica violenta sarà ampiamente utilizzato in tutta Europa nella seconda metà dell’Ottocento: famosi saranno gli attentati dei mazziniani italiani (soprattutto quello di Orsini contro Napoleone III, che provocò numerose vittime fra la scorta e i passanti, senza però colpire l’imperatore francese).
Il termine terrorismo si sposta, allo stesso tempo, verso Est. Nella Russia zarista il gruppo ‘Narodnaya Volya’ (volontà del popolo), fra 1878 e il 1881, fu il primo a autonominarsi fieramenteterrorista (diffondendo il termine in tutto l’Oriente slavo). Pochi anni dopo, saranno i gruppi repubblicani turchi a utilizzare la “strategia del terrore”.

Va detto, però, che la stampa nazionale e internazionale difficilmente utilizzava il termineterrorismo, proprio per non dare in alcun modo dignità politica ai gruppi di rivoltosi. Così, i più grandi omicidi politici (l’assassinio di Umberto I a opera di Gaetano Bresci e quello dell’Arciduca d’Austria da parte di Gavril Princip, che provocò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale) all’inizio del XX secolo vengono definiti “atti di follia criminale” o, al massimo, di “fanatismo anarchico”.
Negli Stati Uniti d’America, il termine terrorismo viene associato alle proteste del mondo sindacale e operaio. Alcune testate giornalistiche (soprattutto dopo le bombe di Chicago del 3 maggio 1886, evento che verrà commemorato nella ricorrenza dell’1 maggio) definiscono “Terrore Nero” gli attentati compiuti dalle frange più radicali dell’anarchismo. A volte, però, quest’etichetta serve anche per screditare le manifestazioni dei lavoratori e gli scioperi.
La parola terrorismo torna a essere riferita a regimi alla guida di Stati dopo la Prima Guerra Mondiale, con l’avvento dei regimi totalitari in Europa. Terrorista verrà chiamato il regime fascista in Italia (specie dopo il delitto Matteotti), il franchismo spagnolo e il nazismo tedesco. Ancora una volta, l’uso del termine terrorista servirà alle diverse parti in lotta per delegittimare l’avversario: durante la Seconda Guerra Mondiale, le Nazioni impegnate nel conflitto bellico si accuseranno vicendevolmente di utilizzare “strategie terroristiche” (bombardamento di Coventry, bombardamento di Dresda).

È in quegli stessi anni, ma non in Europa, che si andrà sviluppando un uso del termine più vicino a quello odierno. Nel Medio Oriente la formazione, negli anni ’20 e ’30, di grossi insediamenti ebraici in Palestina porterà a una situazione di scontro fra i nuovi coloni e le popolazioni arabe. Diversi gruppi politici armati, dell’una e dell’altra parte, organizzano imboscate (anche contro le truppe britanniche che controllano il territorio) e attentati (anche contro la popolazione civile). È proprio nello scontro crescente fra truppe di occupazione occidentali e fazioni in lotta nel territorio che la parola terrorismo troverà nuova fortuna e diffusione.

Per tutto il lento periodo di decolonizzazione che segue la fine della Seconda Guerra Mondiale si moltiplicheranno attentati e rapimenti, definiti quasi sempre “atti terroristici”, contro le truppe d’occupazione europee e contro le altre fazioni in lotta per il controllo del territorio (si pensi alle stragi di militari e civili nell’Algeria francese o nella Malaysia britannica). Gli anni ’60 e ’70 del Novecento sono però quelli in cui terrorismo avrà la sua maggiore diffusione. Il termine viene utilizzato in due direzioni: quella “interna”, per definire i gruppi che, con motivazioni ideologiche o indipendentiste, mirano a destabilizzare l’ordine di uno Stato (l’IRA in Gran Bretagna, l’ETA in Spagna, le Brigate Rosse in Italia, il Baader Meinhoff in Germania); quella esterna, per definire quei gruppi che, attraverso attentati e dirottamenti, mirano a colpire interessi o scelte di politica estera operate da vari Stati (un evento che segnò la definitiva affermazione dell’espressioneterrorismo internazionale fu il sequestro, finito nel sangue, di alcuni atleti israeliani a opera del gruppo palestinese di Settembre Nero durante i giochi olimpici a Monaco nel 1972).

Dagli anni ’70 a oggi (specie dopo i terribili attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti e dell’11 marzo in Spagna), nel mondo della comunicazione di massa si fa un uso a volte eccessivo e improprio del termine terrorismo. I governi occidentali sono spesso accusati di essere terroristi per la loro politica contro i Paesi poveri ma, paradossalmente, anche i pacifisti vengono accusati di essere filo-terroristi.
Il termine terrorismo ha insomma molta fortuna, ma è un termine pericoloso, quasi quanto il concetto cui si riferisce. Un termine che andrebbe sempre tarato e valutato e cui andrebbe sempre associata una seria indagine dei vari contesti sociali, culturali e politici, sempre nella consapevolezza però (che è la base stessa del progetto Tolerance) che qualunque atto di violenza è un atto terribile e ingiustificabile.

FONTE:http://www.tolerance.kataweb.it/ita/cap_otto/uno/interventi.html

FOTO:http://www.motherjones.com

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