Russiagate, il ministro della Giustizia Barr: “Ho contattato quei Paesi che avevano informazioni preziose”

ott 28, 2019 0 comments

Di Francesco Semprini

«Alcuni dei Paesi che John Durham riteneva fossero in possesso di informazioni utili hanno voluto preliminarmente parlare con me». È quanto afferma a Fox News il ministro della Giustizia degli Stati Uniti, William Barr, in merito ai suoi recenti viaggi in Italia nell’ambito della contro-inchiesta sul Russiagate di cui Durham è titolare. Ovvero quella voluta dallo stesso Barr per accertare se la prima indagine, quella sul (non dimostrato) legame di Donald Trump con le interferenze russe nelle presidenziali del 2016 sia sta creata ad arte per danneggiare lo stesso presidente.
La prima lettera il 17 giugno
I governi dei Paesi interessati, avrebbero in sostanza voluto spiegazioni «sulla portata e la natura dell’indagine, il modo in cui intendevo gestire le informazioni riservate, e così via», ha detto Barr. «Ho discusso di tali argomenti con quei Paesi, ho presentato loro Durham e ho creato i canali necessari affinché egli potesse ottenere l’assistenza necessaria da loro», ha spiegato il titolare della Giustizia Usa nel corso dell’intervista di ieri a Fox News. Il ministro aveva fatto pervenire a Palazzo Chigi una missiva datata 17 giugno, inoltrata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte dall’ambasciatore a Washington Armando Varricchio, sulla base della quale il premier ha autorizzato ai colloqui il capo del Dis Gennaro Vecchione. Questo, secondo quanto riferito dallo stesso Conte al Copasir - l’organo di vigilanza dei servizi di informazione - senza fornire alcuna informazione riservata. Per Fox News ci sarebbe dell’altro visto che, durante una delle due visite effettuate a Roma, il 15 agosto e il 27 settembre, Barr e Durham hanno raccolto nuove prove utili per la loro contro-inchiesta sul Russiagate. Una fonte del ministero della giustizia italiana avrebbe riferito a «The Daily Beast» che avrebbero raccolto e registrato deposizioni giurate di Jospeh Mifsud, il professore legato al Link Campus di Roma, il quale avrebbe rivelato al consigliere di Trump, George Papadopoulos, che i russi avevano materiale compromettente su Hillary Clinton (in realtà si trattava di informazioni contenute nelle mail rubate a John Podesta, il guru elettorale dell’allora candidata alla Casa Bianca). Secondo la teoria cospirazionista di Papadopoulos, egli sarebbe stato messo in contatto con Misfud nell’ambito di un piano orchestrato dai servizi segreti americani (dell’era Obama) per incastrare, in ultima istanza, proprio Trump.

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