La morte non esiste

mar 10, 2014 0 comments

Di Elisabeth Kubler-Ross
Dopo aver lavorato per molti anni con malati moribondi, e dopo aver imparato da loro che cosa sia realmente la vita, quali siano i rimpianti che si hanno quando sembra ormai troppo tardi per averne, cominciai a chiedermi che cosa fosse realmente la morte.
Incominciai così a raccogliere i resoconti di esperienze extra-corporee, che i miei pazienti mi riferivano. Tutte queste esperienze risultavano avere le stesse caratteristiche ed essere analoghe anche ad altri resoconti simili registrati in altre parti del mondo, da parte di altrettanti medici. Dall’Australia alla California, tutte queste esperienze avevano un unico denominatore comune: la perfetta consapevolezza da parte delle persone di lasciare il proprio corpo fisico e di essere tuttavia perfettamente coscienti. E ciò porterebbe ad affermare che la morte, così come la intendiamo noi nel linguaggio scientifico, non esiste.
Quindi morire significa solo perdere il proprio corpo fisico, così come fa la farfalla quando esce dal suo bozzolo. Si tratta di una transizione verso un più alto livello di coscienza, in cui si continua a percepire, a ridere, a capire, ad evolvere, e in cui l’unica cosa che si perde, è qualcosa di cui non si ha più bisogno: il corpo fisico.
Nessuno dei pazienti che ha avuto questo tipo di esperienza, ha più avuto paura di morire. Nemmeno uno. Inoltre molti provarono nuovamente una sensazione di integrità del proprio corpo, come quando erano sani: ad esempio, chi era stato investito da un’automobile e aveva perso una gamba, una volta uscito dal corpo fisico, le aveva entrambe al loro posto. Un’altra paziente che aveva perso la vista durante un’esplosione in un laboratorio, non appena uscì dal corpo, riuscì a vedere e a descrivere la scena dell’incidente e la gente che si era precipitata nel laboratorio per aiutarla. Ma quando fu riportata in vita, naturalmente era di nuovo completamente cieca. E quindi chiaro perchè molte delle persone che ebbero esperienze di questo tipo, non avrebbero più voluto tornare indietro: perchè ebbero modo di conoscere un luogo tanto più bello e perfetto di quello terreno.
Forse la parte più impressionante di questo lavoro, è avere a che fare con dei bambini moribondi. La più grande paura dei bambini è di essere soli, e di non aver nessuno accanto a sé durante la morte. In realtà nel momento del trapasso non si è mai soli, perché in quel momento le nostre guide, i nostri angeli custodi sono là per aiutarci. Abbiamo verificato questo fatto al di là di ogni dubbio, e anche in qualità di scienziata lo posso affermare tranquillamente: ci sarà sempre qualcuno a soccorrerci e ad aspettarci nel momento del trapasso, il più delle volte si tratterà dei genitori o dei nonni, a volte di altre persone, ma qualcuno sarà sempre là per noi.
Chiedo spesso ai miei piccoli pazienti morenti, chi gradirebbero maggiormente avere accanto a loro in quel momento. Il novantanove per cento di loro, nomina la mamma o il papà, tuttavia nessuno dei bimbi che sia stato in punto di morte ed abbia sperimentato alcuni dei fenomeni tipici di quei tragici frangenti, ha mai visto i propri genitori, a meno che essi non fossero già morti, prima di loro.
A tal proposito, tuttavia, molti scienziati scettici sostengono, che ciò che viene sperimentato in queste fasi critiche, sia solo una proiezione di desideri. Secondo queste teorie chi sta per morire, essendo solo, disperato e spaventato, immagina di avere accanto a sé qualcuno che ama. Se ciò fosse vero, il 99 per cento dei miei bambini moribondi, che hanno 5, 6 o 7 anni, in quegli istanti, vedrebbero le loro mamme o i loro papà. Ma nessuno di quei bambini, durante tutti gli anni in cui ho raccolto questi casi, ha mai visto in punto di morte la mamma o il papà,  per il semplice fatto che le loro mamme e i loro papà erano ancora vivi.
Non dobbiamo aver paura, e un modo per non averne è sapere che la morte non esiste, e che tutto quello che sperimentiamo nella vita ha uno scopo positivo. Bisogna liberarsi della negatività e cominciare a considerare la vita come una sfida, una prova per accertare le proprie risorse interiori e la propria forza.
Quello che abbiamo saputo dai nostri amici trapassati, dalle persone che sono ritornate per raccontarci le loro esperienze, è che ogni essere umano, dopo il trapasso rivede tutta la propria vita, come in un film, avendo così l’opportunità di riconsiderare ogni propria azione, ogni parola, ogni pensiero e di giudicarsi da sé. Non c’è perciò nessun giudizio, se non il nostro, e nessun Dio giudicante pronto a punirci.
 * Tratto dal libro : La morte e la vita dopo la morte 

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