Per convincere l'Europa ad accettare gli Ogm nel trattato Ttip gli Usa faranno di tutto e di più. Come già avvenne con il governo Berlusconi

set 12, 2014 0 comments

Di Tino Oldani

Anche se il negoziato Usa-Eu sul trattato Ttip si è svolto finora nel massimo riserbo, è trapelato quanto basta per capire che uno degli ostacoli maggiori è costituito dagli Ogm (organismi geneticamente modificati), soprattutto dalle colture agricole biotech, dove alcune multinazionali Usa (Monsanto e Pioneer Dupont in testa) hanno interessi colossali. La loro tesi è che le colture Ogm assicurano raccolti più abbondanti, e perciò più redditizi, senza rischi per la salute. Tesi condivisa dall'amministrazione Usa, guidata da Barack Obama.
Di parere opposto, in Europa, sono gli ambientalisti e le associazioni agricole, che giudicano le colture biotech incompatibili con le produzioni agricolo-alimentari di qualità, poco convenienti (gli Ogm non consentono di avere sementi, che vanno riacquistate ogni anno presso le multinazionali, che così lucrano profitti), e dannose per la salute umana. Con loro, sono schierati 19 dei 28 governi che fanno parte dell'Unione europea, e l'Italia di Matteo Renzi è tra questi. Una decisione definitiva, in sede Ue, dovrà essere presa dalla nuova Commissione guidata da Jean Claude Juncker, ma le multinazionali Usa del biotech non sembrano affatto rassegnate a una sconfitta. Dalla loro parte sanno di avere l'intero apparato diplomatico Usa, che in passato ha dimostrato di interferire non poco sulle decisioni dei governi europei.
In proposito, è illuminante la rilettura di alcuni cablo riservati dell'ambasciata Usa a Roma durante il governo Berlusconi 2001-2005, rivelati dallo scandalo Wikileaks e pubblicati allora in un saggio (Mimmo Franzinelli e Alessandro Giacone, La Provincia e l'Impero; Feltrinelli). A differenza dei governi precedenti, tutti contrari alle coltivazioni Ogm, quello di Berlusconi fece subito sperare agli Usa in un cambio di rotta. Il Cavaliere e l'allora presidente Usa, George W. Bush, avevano infatti concordato una politica a favore degli Ogm: una svolta italiana che il vice consigliere Usa per la sicurezza si affrettò a ricordare a Giovanni Castellaneta, consigliere diplomatico di Berlusconi, subito dopo avere accertato che nel governo italiano c'era un ministro che remava contro. Si trattava di Gianni Alemanno, responsabile dell'Agricoltura, che da sempre si era schierato contro gli Ogm, e per questo era entrato in diretta polemica con l'oncologo Umberto Veronesi, che invece si era detto favorevole. Non solo. A sostegno della sua posizione, Alemanno aveva consultato le principali associazioni agricole (Coldiretti in testa), ottenendo il loro sostegno, salvo quello della Confagricoltura, favorevole ad alcuni tipi di «sementi non contaminate da Ogm»(!).
La reazione della diplomazia Usa fu riassunta in un cablo riservato: «Il nostro obiettivo è di seppellire il documento Alemanno nella commissione nazionale delle biotecnologie». E se sarà approvato, Berlusconi subirà «una forte pressione per spostare l'Italia verso una politica più amichevole rispetto ai nostri interessi». Ma Alemanno non cedette, e un nuovo cablo dell'ambasciatore, Mel Sembler, avvertì Washington: «Non possiamo permettere ad Alemanno di andare avanti senza ostacoli». Scattò subito la ricerca di ministri filo-Usa, da schierare contro quello dell'Agricoltura. Quello dell'Industria, Antonio Marzano, non si fece pregare e in un appello pro-Ogm, sostenne che «l'opposizione non era basata su prove scientifiche, ma su sentimenti anti-americani». Uno speech preparatogli da un direttore generale del ministero, Amedeo Teti, che nei cablo Usa venne subito indicato come persona da «proteggere strettamente».
Ma Alemanno tirò dritto. E quando la Regione Piemonte iniziò a distruggere le coltivazioni di mais biotech, si dichiarò d'accordo, presentando un decreto legge restrittivo sugli Ogm. Per protestare, l'ambasciatore Sembler si fiondò a Palazzo Chigi da Gianni Letta, che si disse all'oscuro di tutto e, per placare l'ospite, lo collegò in viva voce al telefono con Berlusconi, che si trovava ad Arcore. La sintesi della telefonata è in un cablo: «Dopo avere espresso il suo continuo supporto agli sforzi statunitensi del presidente Bush per diffondere la democrazia, Berlusconi ha promesso che non avrebbe fatto passare la bozza di decreto del ministro Alemanno, così come gli era stata descritta, al consiglio dei ministri». Ma di litigare con Alemanno, in realtà, Berlusconi non aveva nessuna voglia, come spiegò al ministro della Salute, Girolamo Sirchia, pure lui filo-Usa e pro-Ogm: «Il partito di Alemanno è una componente preziosa del governo».
Di lì a poco la questione degli Ogm passò in secondo piano, scavalcata per importanza dall'inizio della guerra in Iraq contro Saddam Hussein, dove il contributo militare dell'Italia era per l'ambasciata Usa un tema prevalente su tutti gli altri. E Sembler, per giustificare a Wahington l'opportunità di mollare la presa sugli Ogm e non suscitare polemiche eccessive sulla stampa, scrisse in un cablo: «Dobbiamo ammazzare un drago per volta». Così, grazie ad Alemanno (discutibile come sindaco di Roma, ma valido ministro dell'Agricoltura), gli Ogm non passarono e sono tuttora vietati.

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