Le multinazionali che ancora usano i bambini come schiavi e sfruttano le donne, la denuncia di Human Rights Watch

apr 22, 2015 0 comments
Di Patrick Winn 
Nessuno si aspetta un paradiso dentro una fabbrica cambogiana che sfrutta i lavoratori ma il nuovo rapporto del “Human Rights Watch” rivela che le condizioni non sono solo pessime, ma violente in modo criminale. Gli Stati Uniti sono la destinazione top dei vestiti “Made in Cambodia”, cuciti per marchi come “Gap”, “Marks & Spencer” e “Adidas”. Catene come “H&M” possono vendere le felpe a 25 dollari perché le donne cambogiane cuciono per 50 centesimi all’ora.
 Le fabbriche cambogiane sono notoriamente sgradevoli, calde e rumorose. Dal 2011, ogni anno, sono svenuti dai 1.500 ai 2.000 operai, spesso a gruppi di 100. Le cause sono la mancanza di aria e di ventilazione, i fumi tossici, la poca alimentazione e l’assenza di riposo. E quando hanno fatto sciopero per chiedere un aumento, la polizia ha sparato (12 morti solo l’anno scorso).
 Mezzo milione di cambogiani lavora in questo settore, perché è un’alternativa migliore alla sfiancante raccolta di riso. Gli abusi sono rampanti e non rari, come dicono le aziende. I bambini che non hanno compiuto i 15 anni non dovrebbero lavorare, secondo la legge cambogiana, invece cuciono dall’età di 12 anni per i marchi internazionali. Secondo il rapporto, in una fabbrica che rifornisce “H&M”, 20 dei 60 operai sono bambini. Lavorano anche di notte e tanto quanto gli adulti. Le sarte sono quasi tutte donne (al 90%) e, se incinte, vengono immediatamente licenziate. La donna incinta è più lenta, meno produttiva e si prende troppe pause per andare in bagno. Molte di loro indossano gonne lunghe e maglie larghe per nascondere la gravidanza il più possibile. Una delle fabbriche accusate di discriminazione femminile fornisce i vestiti a “Gap”.
 Usare la toilette una o due volte nelle dieci ore di lavoro, fa molto arrabbiare i capi. Dalle casse esce una voce che urla: «Non andate in bagno, dovete essere più veloci a cucire». Alcune fabbriche promettono soldi extra a chi produce un numero eccezionale di magliette. Gli operai si ammazzano per guadagnare quei 50 o 75 centesimi in più, e alla fine, spesso, non vengono nemmeno retribuiti. L’obiettivo per farsi pagare lo straordinario è di 2000 magliette in una giornata di dieci ore lavorative. Se non producono abbastanza velocemente, gli operai vengono mandati a casa e sostituiti.
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