La mitologia dei Rom e le somiglianze con quella ebraica e alcuni aspetti del dualismo zoroastriano

giu 2, 2015 0 comments

FONTE E ARTICOLO COMPLETO: http://www.imninalu.net/tradizioniRom.htm

La mitologia romanì
Nella tradizione orale dei Rom possiamo riscontrare principalmente elementi della mitologia ebraica con un forte accento sull'aspetto kabbalistico e delle sfumature connesse con il culto del fuoco dell'antica Persia. Non c'è alcun minimo riferimento alla mitologia indiana, né animali sacri, né personaggi fantastici risalenti alle diverse tradizioni dell'India — anche se molti autori cercano di trovare forzatamente degli elementi che in qualche modo possano sostenere la tesi dell'origine indiana (la quale si basa soltanto sulla lingua, ma non sulla cultura né l'etnicità), non riescono però ad ottenere che alcune flebili coincidenze, riscontrabili in qualsiasi altra cultura europea o mediorientale, costumi che d'altronde sono stati adottati dai Rom in Europa, ma non fanno parte della loro tradizione ancestrale. I pochissimi elementi che possano apparentemente far riferimento a tradizioni indiane sono di fatto risalenti alla cultura urrita, in Mesopotamia, fonte comune delle mitologie assiro-babilonesi, persiane ed indiane, nonché dei popoli danubiani, con i quali la maggioranza dei Rom ha convissuto per secoli. Quindi, le caratteristiche cosiddette "indiane" dei Rom sono in realtà elementi che si trovano, anche in misura maggiore, fra gli ungheresi, russi e slavi, i quali le hanno ereditati dal Khwarezm, e più indietro nel tempo, da Sumer e Subartu.
In quanto all'ambito puramente religioso, i Rom professano tradizionalmente un monoteismo in cui la Personalità dell'Essere Supremo è ben definita, monoteismo contaminato con l'idolatria romano-bizantina, tipica del cristianesimo e delle religioni con cui i Rom sono stati a contatto negli ultimi secoli. Non c'è alcuna traccia di panteismo, o credenza nella trasmigrazione delle anime, né alcuna cosa che possa collegare i Rom con i popoli dell'India. Al contrario, le uniche figure rappresentanti animali o esseri immaginari sono riscontrabili soltanto nella simbologia biblico-ebraica. Che questi elementi siano attribuibili al lungo soggiorno in mezzo a delle culture cristiane non è verosimile, perché il tipo d'approccio con cui le tradizioni dei Rom si presentano è piuttosto tipico di istruzione d'ispirazione ebraica o addirittura di commentari in stile midrashico, anche se con un misticismo meno accentuato. Infatti, non si può neanche parlare di "festività" tipiche, esclusive dei Rom, ma soltanto di adattamenti che loro hanno fatto dalle celebrazioni popolari dei paesi dove sono ospiti. Si può solo parlare di uno "stile" romanì di esprimere la cultura europea.
In questo sito si prenderanno in considerazione alcune leggende che i Rom si sono tramandati per generazioni, per analizzare il loro contenuto storico e simbolico.


Un racconto dei Rom della regione dei Balkani

Estratto da: "Traditions, coutumes, légendes des Tsiganes Chalderash"; textes recueillis par le R. P. Chatard présentés par Michel Bernard; La Colombe, Paris, 1959.
«All'inizio c'erano o Del ed il Beng, i quali si sfidano a vicenda. Un giorno, mentre passeggiavano sulla riva del grande fiume, il Beng disse: "Sono capace di scendere fino in fondo"…
O Del col Suo bastone ordinò gli alberi di pero e di melo di fruttificare, poi ordinò ai due di mangiare i frutti, rispettivamente Damo di mangiare le pere, e Yahvah le mele. Allora essi provarono desiderio l'uno per l'altra e per ordine di Del s'accoppiarono. Ma la donna, insaziabile, richiese all'uomo di ripetere più volte l'accoppiamento. Allora o Del disse: "Tu, donna, non sarai mai soddisfatta; avrai sempre desiderio dell'uomo". E li abbandonò al loro destino.
O Del creò dalla terra il Sherkano o serpente e la sua femmina Halla, e le coppie di tutti gli altri animali.
In questo mondo primordiale o Del Sinpetri aveva dei compagni: Sunto Yakof, Sunto Avraham, Sunto Moishel e Sunto Krechuno. Questi erano isuntse, gli antenati. Con essi c'era anche Pharavono, che poi se ne distaccò provocando la scissione degli uomini - fino ad allora costituenti una sola razza e parlanti una sola lingua - in due raggruppamenti: i Horaxané con a capo Sinpetri ed i Pharavonuria con a capo Pharavono. Questo gruppo dapprima si tenne in disparte, ma poi moltiplicandosi ed essendo pieni di intelligenza ed audacia, decisero di conquistare tutta la terra. Così Pharavono mosse guerra a Sinpetri; ma non sapeva che Sinpetri era lo stesso Del. Alla testa delle sue truppe, Pharavono superò il fiume, invocando il potere di Del; ma nell'attraversare il mare, pieno di orgoglio, invocò il proprio potere e venne travolto dalle acque. Il suo ultimo tentativo di adorare un idolo di pietra venne punito dalla folgoreTutto il paese allora abitato venne allagato. O Del Sinpetri rifece la terra allargandola e dandola ai Suoi Horaxané e portò i suntse nel Rhayo, l'altra terra al disopra delle stelle. I Pharavonuria annegati precipitarono nel Yado, l'abisso sotterraneo dove vanno tutti i morti di morte cattiva. I pochi Pharavonuria superstiti - cioè, gli Zingari - sono condannati a non avere più un territorio nazionale, né organizzazione politica, né chiesa, né scrittura, perché tutta la loro cultura fu annegata dal mare
Questo mito cosmogonico è parte della tradizione dei Rom Balkanici e, benché intriso d'interpolazioni cristiane, risultano evidenti gli elementi puramente ebraici ed il concetto dualista del zoroastrismo persiano. In seguito analizzeremo principalmente le frasi e parole riportate sul testo in neretto.
La personalità di "o Del", ovvero Iddio, è quella del Dio di Israele, che spesso è rappresentato in modo antropomorfico. L'Iddio che "passeggiava" è una chiara immagine di Genesi 3:8, dove ci si dice che lo faceva nel giardino, il quale era appunto sulla riva di un grande fiume (Genesi 2:10), per cui l'immagine è approssimativamente la stessa nel racconto e nella Bibbia. In questo caso Egli dialoga con il Suo avversario, mentre che nel brano biblico lo fa con l'uomo.
Il Beng, nome che in origine indicava una rana, è la forza del male, piuttosto paragonabile al AnghraMainyu del mazdeismo, ma con delle caratteristiche tipicamente ebraiche: il fatto che "scende fino in fondo al grande fiume" lo identifica con Leviathan (Isaia 27:1), figura biblica di Satan. Il serpente "Sherkano" è lo stesso Beng, ed ha una controparte femminile che coincide con Lilith
* della tradizione ebraica (Isaia 34:14), la quale si trovava nell'Eden. Non solo questo, anche il nome "Halla" è simile a quello di "Helel" (Isaia 14:12 - ebraico), che è infatti il nome femminile del "Satan". In più, essendo che il termine Beng ha in origine il significato di rana, questa è un immagine ebraica del periodo apostolico - quando i primi cristiani erano ancora tutti Ebrei - che rappresenta gli spiriti impuri che escono dalla bocca del serpente o dragone (Apocalisse 16:13) in forma di rane.
Dio creò tutti gli animali dalla terra (Genesi 1:24), tra i quali spicca il serpente (Genesi 3:1), come nella tradizione ebraica.
Il nome della donna, "Yahvah" è molto enigmatico, perché si scrive proprio come il Nome di Dio, "YHVH". Il nome ebraico di Eva è "Havah". I Gitani spagnoli chiamano Eva "Hayah", anch'esso un nome ebraico derivato dal verbo "vivere" - Genesi 3:20 "e l'uomo pose nome a sua moglie 'Havah' ('Hayah', 'Yahvah') perché è stata la madre di tutti i viventi". Anche la frase che la donna avrà sempre desiderio dell'uomo è biblica (Genesi 3:16) ed è la conseguenza di aver mangiato il frutto.
I nomi dei "suntse" (santi) sono palesemente quelli dei principali Patriarchi Ebrei, ovvero Yakov, Avraham e Mosheh - è interessante il fatto che al nome di Mosheh si è aggiunta la desinenza ebraica "-El". Soltanto "Krechuno" e "Sinpetri" (San Pietro) sono interpolazioni del cristianesimo ortodosso.
Nella stessa maniera che nella tradizione ebraica, l'orgoglio del Faraone ("Pharavono") è paragonato a quello di Satan - l'invocare il proprio nome anziché quello di Dio. Infatti, nel Giudaismo ci sono due principali prototipi dell'orgoglio: Satan ed il Faraone. In questo racconto sono mescolati gli eventi dell'annegamento delle truppe egizie nella loro persecuzione degli Ebrei nel Mar Rosso con il Diluvio universale, frutto di una trasmissione orale di due eventi della tradizione ebraica che con il tempo si sono confusi. La scissione degli uomini in due gruppi evoca la divisione antidiluviana tra i "figli di Elohim" ed i "figli degli Adam" (Genesi 6:2). I superstiti del Diluvio qui identificati con i "Pharavonuria" potrebbero coincidere con la discendenza di Kayin (Caino), i quali erano nomadi, fabbri e musicisti, come lo sono tradizionalmente i Rom - e spesso si è attribuita ai Rom la discendenza da Caino. Anche la "moltiplicazione" degli uomini ed il loro sviluppo intellettuale richiama la generazione di Caino in Genesi 6:1-5. Il Faraone però non ha difficoltà ad attraversare il "grande fiume", che è il Nilo, del quale nella Bibbia stessa dice che Faraone si sente il padrone (Ezechiele 29:3), paragrafo in cui è anche eguagliato a Leviathan - quindi, l'identità Faraone = serpente = Satan. Sono altresì mescolate la persona del Faraone con quella di Nimrod - anch'egli un prototipo dell'orgoglio -, il quale fu ribelle nei tempi in cui ancora tutta l'umanità "parlava una sola lingua" (Genesi 11:1) e cercò di "conquistare tutta la terra" e riunire tutti gli uomini sotto il suo dominio. L'idea che l'uomo originalmente fosse nomade coincide con il periodo dei Patriarchi Ebrei, tutti i quali erano apolidi (Avraham, Yitzhak, Yakov). Anche l'immagine del Faraone come "adoratore di idoli di pietra" è ebraica, così come lo è il fatto di essere "folgorati" come punizione dell'idolatria. Tuttavia, in questo racconto i Rom si identificano proprio con i superstiti delle schiere di Faraone, condannati a non avere più una patria, né una lingua scritta, né una religione - questa è precisamente la condanna delle Tribù appartenenti al Regno di Israele, portate in esilio per perdere la propria indipendenza ed identità come punizione per la loro adorazione del vitello d'oro, ovvero, a causa del loro ritorno alla religione degli Egizi… "Non sarete più una nazione" (Isaia 7:8).
Il Trono di Dio "al disopra delle stelle" è un'immagine biblica (Isaia 14:13), mentre l'abisso sotterraneo è la dimora degli spiriti ribelli secondo il Libro di Henok. Il contesto balkanico poi ha contribuito con l'identificazione dei "Gagé" (non-Rom) con i "Horaxané", (musulmani), e con il loro "dio" San Pietro (cristianesimo romano-bizantino), ai quali "Sinpetri" ha dato una patria, una scrittura ed un'organizzazione politica, in contrasto con i Rom, i quali per la loro disubbidienza sono condannati all'esilio perpetuo, proprio come gli Israeliti del Regno di Samaria.
Anche se ci sono delle interpolazioni cristiane, tutte le tradizioni qui elencate non sono attribuibili ad un'influenza cristiana, perché provengono da un'istruzione biblica puramente ebraica, la quale nei Balkani non è mai stata accessibile al popolo comune e tanto meno ai Rom. Quasi nessuno leggeva la Bibbia al di fuori del clero ed alcuni individui delle classi privilegiate che potevano leggere il greco o il latino, uniche lingue in cui si trovava scritta la Bibbia in Europa in quel periodo.

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