Venezuela sull’orlo della catastrofe: il Paese al voto tra crisi e proteste

mag 20, 2018 0 comments

Di Marianna Di Piazza

“Non si può vivere in Venezuela. Mancano cibo e medicine”. “La situazione peggiora giorno dopo giorno. I prezzi continuano ad aumentano. Non c’è denaro e la gente muore di fame”. Sono le testimonianze da un Paese sull’orlo della catastrofe. Il Venezuela sta vivendo una grave crisi economica e politica che ha costretto milioni di cittadini a fuggire all’estero. Domenica 20 maggio nel Paese si tengono le elezioni presidenziali. “Sono state indette solo perché Maduro vuole dimostrare al mondo di essere democratico. Si tratta di una farsa. Le opposizioni non parteciperanno al voto”, ci raccontano da Caracas.


All’origine della crisi

La crisi politica ed economica che sta investendo il Venezuela ha radici profonde. Nel 1999 Hugo Chávez diventa presidente del Paese. Negli stessi anni le economie sud-americane crescono grazie all’aumento del valore del petrolio. Il Comandante decide di realizzare una serie di interventi per migliorare la sanità, l’istruzione e l’edilizia pubblica. Le aziende vengono nazionalizzate, mentre gli aiuti e i sussidi per combattere la povertà rendono il presidente popolare tra i meno abbienti. Ma questo periodo di prosperità è destinato a finire: quando nel 2013 i prezzi crollano, l’economia del Paese affonda.
Il nuovo presidente Nicolas Maduro non riesce a fare fronte alla recessione e fin dai primi mesi, il suo governo diviene oggetto di pesanti contestazioni. Alla grave crisieconomica si aggiungono poi l’accusa di corruzione e lo scontro tra Parlamento, controllato dalle opposizioni, e il governo di Maduro.
Dopo anni di tensione, la situazione precipita nella primavera del 2017. Il Tribunale supremo di giustizia venezuelano esautora il Parlamento conferendo i suoi poteri al presidente. Ma la marcia indietro della Corte suprema non basta a placare la rivolta: centinaia di migliaia di persone stanno già protestando per le strade. Gli scontri hanno inizio.

Gli scontri

Aprile 2017. In Venezuela si intensificano le proteste contro il presidente Maduro. La popolazione occupa le piazze e le strade di tutto il Paese per chiedere le dimissioni del presidente. Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine si fanno ogni giorno più violenti. Maduro risponde alle proteste anti-governative mettendo in atto violente repressioni e facendo precipitare il Paese nel caos. I militari vengono autorizzati ad utilizzare una forza sproporzionata contro i manifestanti: proiettili di gomma e idranti, colpi di arma da fuoco, gas lacrimogeno ad altezza uomo che provocano migliaia di feriti. Il bilancio delle vittime cresce giorno dopo giorno. Se ne conteranno oltre 160 alla fine dell’anno. Più di cinquemila gli arresti.

Un’emergenza umanitaria

Oltre alla crisi politica, il Venezuela è alle prese anche con una forte crisi sociale ed economica. Con un’inflazione al 13mila per cento (potrebbe superare il 20mila per cento alla fine del 2018, secondo il presidente dell’istituto di sondaggi Datanalisis) e una disoccupazione del 30 per cento, il Paese sta vivendo in uno stato di emergenza senza precedenti. Mancano pane, latte e medicine. “Mio nonno aveva il cancro, ma non siamo riusciti a trovare i farmaci giusti per curarlo.  È morto quattro mesi dopo”, racconta a Gli occhi della guerra Maria Daniella Quiñones, studentessa venezuelana che da un anno vive in Italia. Secondo un rapporto dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), il 70% dei bambini venezuelani sotto i cinque anni è denutrito. Gli ospedali sono al collasso. Il Paese è sull’orlo della catastrofe: con l’aumento continuo dei prezzi, più della metà della popolazione non riesce a procurarsi beni di prima necessità e vive in condizioni di povertà. “Quello che si vede ogni giorno per le strade è la fame. E la situazione può aggravarsi ancora se non ci saranno cambiamenti di tipo politico ed economico nel Paese”, ci spiegano da Caracas alcuni cittadini che preferiscono rimanere anonimi per paura di Maduro. Ma il governo non vuole sentire parlare di crisi umanitaria.

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