La battaglia sulla lingua che infiamma la Moldavia

mar 6, 2023 0 comments


Di Andrea Muratore

In un contesto teso sul fronte politico, il voto del Parlamento della Moldavia che a maggioranza stretta ha riconosciuto come “rumena” la lingua del Paese ha creato un ircocervo. Nella giornata del 2 marzo, infatti, la maggioranza centrista e europeista del Parlamento di Chisinau ha con 56 voti su 101 deputati approvato l’identificazione della lingua “moldava” come “rumena” senza alcuna differenza locale.

Il vernacolo ufficiale della Repubblica Moldava viene così fatto coincidere, anche nella forma, con la lingua della vicina Romania, cosa che di fatto nella sostanza era ben comprensibile dall’assenza di grandi differenze tra il parlato di Chisinau e quello di Bucarest.

Romania Insider ha spiegato la genesi del voto parlando del fatto che la maggioranza vicina alla presidentessa Maia Sandu ha “recepito nella Costituzione una sentenza precedentemente emessa dalla Corte costituzionale nel 2013, identificando la sua lingua nazionale come rumena e non moldava come in precedenza”. Il “moldavo” era dichiarato lingua ufficiale del Paese nell’articolo 13 della Costituzione del Paese dichiaratosi indipendente dall’Unione Sovietica. La Costituzione è stata adottata nel 1994, tre anni dopo la Dichiarazione di Indipendenza del 1991 che invece indica nel “rumeno” la lingua del Paese. Secondo la Corte Costituzionale l’atto del 1991, fondativo dello Stato, ha gerarchia normativa superiore alla Costituzione e anche su una legge parlamentare del 2003 che indica “rumeno” e “moldavo” come sinonimi intercambiabili.

Da qui si capisce la natura strettamente politica dell’atto, che marca una distanza tra la Moldavia e l’Est Europa post-sovietico, aprendo alla continuità tra Chisinau e Bucarest e, attraverso essa, l’Unione Europea e la Nato. “Rumeno” sostituirà nei documenti ufficiali tutte le formulazioni utilizzate in Moldavia negli atti pubblici come “lingua ufficiale”, “lingua di stato” e “lingua materna”, tradizionali intercalari per riferirsi alla lingua nazionale. Il Partito d’Azione e Solidarietà, liberaldemocratico, a cui la Sandu appartiene ha spinto per la legge, fortemente contestato dal Blocco dei Comunisti e dei Socialisti guidati dall’ex presidente Igor Dodon e ritenuto più vicino alla Russia. La mossa del blocco pro-Sandu cade nel pieno delle polemiche sulla possibile caduta della Moldavia nelle tensioni alimentate dalla guerra russo-ucraina e rischia di essere foriera di tensioni. Si crea una situazione da commedia dell’inganno. Da pochi giorni in Moldavia è vietato usare alcuna accezione alternativa a “lingua rumena”. Tutto questo per marcare l’avvicinamento all’Occidente dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Paese che per indicare le minoranze separa però formalmente tra rumenofoni e parlanti la “lingua moldava”. E la regione separatista della Transnistria indica il “moldavo” assieme ai vernacoli di Russia e all’Ucraina una delle sue lingue ufficiali.

Per Dodon e i suoi la mossa è un passo della Sandu verso la temuta Unirea, la ricongiunzione della Moldavia alla Romania. Osteggiata – però – da buona parte della popolazione di entrambi i Paesi. Il dato è più di bassa lega: Maia Sandu vuole segnare un ulteriore passo in direzione dell’Occidente e prosegue in una gestione della presidenza molto poco attenta alle molteplici istanze della nazione moldava. Paese alla fine della Pace, limes d’Europa, formalmente né con la Nato né con la Russia in un’Europa orientale sempre più polarizzata, Stato in cerca di un’identità che si richiama alla Moldavia storica con i suoi simboli, dall’uro a Stefano il Grande, sovrano che difese la contea dalle incursioni di Turchi, Ungheresi e Polacchi, in alternativa alla pressione di Russia e Romania. In Moldavia storia e memoria si confondono e rischiano di sopprimere la complessità di un Paese plurale, in cui oltre alla Transnistria vivono enclavi autonomiste come la Gagauzia, “terra dei lupi” turanica, ortodossa e attenta al legame con Russia e Turchia e in cui ogni strappo può creare caos politico. La sensazione è che polarizzare la società moldava non aiuti alla stabilità del Paese. E ogni polemica tra Sandu e Dodon rischia di amplificare, piuttosto che ridurre, queste divisioni interne.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-battaglia-sulla-lingua-che-infiamma-la-moldavia.html

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