La rivoluzione dei Marines Usa: ecco come cambieranno

giu 10, 2023 0 comments


Di Paolo Mauri

A marzo 2020 il corpo dei Marines degli Stati Uniti ha avviato, attraverso il suo nuovo comandante generale David H. Berger, una piccola rivoluzione individuata nel documento programmatico Force Design 2030.

In particolare, si è previsto di ridurre drasticamente il numero di effettivi e contestualmente quello dei mezzi, ma senza intaccare la funzione primaria dei Marines, ovvero essere un contingente di forze anfibie in massima prontezza operativa che agisce in supporto alle operazioni navali all’interno di spazi marittimi attivamente contesi. Andando nello specifico i Marines tornano al loro compito “anfibio” ma in funzione di contrasto alla nuova minaccia data dalle bolle A2/AD, ovvero per instaurare delle “contro bolle” per attività di contro denial che scombinino il sistema difensivo nemico in modo che questi non possa affrontare la rapida escalation della crisi e quindi costringerlo a subire l’iniziativa tattica invece che imporla.

Cosa è cambiato nell’ultima versione

Il piano è stato aggiornato alcune volte nel corso di questi anni, e in particolare l’ultimo aggiornamento, edito a giugno di quest’anno, ha individuato alcune criticità da risolvere e nel contempo riferisce della situazione generale in cui si trova il Corpo.

Da quest’ultimo punto di vista viene riferito, ad esempio, che tutti i grandi ritiri di equipaggiamento sono già avvenuti, e ora il Corpo passerà all’integrazione delle sue nuove armi e piani operativi con gli altri servizi: le unità pesanti, composte da M1 Abrams, sono state ridimensionate con la completa dismissione dei carri.

Nel nuovo aggiornamento di giugno si afferma che sono stati fatti progressi significativi sia nel disegno della forza sia nelle acquisizioni di nuovo materiale e si stanno avendo risultati tangibili riguardo la modernizzazione dei Marines, ma c’è ancora molto da fare specialmente per quanto riguarda la logistica, le installazioni e gli sforzi di sostentamento delle truppe.

Il Corpo sta investendo molto nella ricerca, sviluppo e valutazioni di sistemi di nuova generazione dando enfasi alla capacità di resilienza e alla logistica in ambiente contestato, senza dimenticare l’approccio multidominio che ormai caratterizza tutti gli eserciti occidentali e che si prefissa, per i Marines, di aumentare sensibilmente la capacità di intelligence e di fuoco congiunto.

Si afferma che capacità emergenti permetteranno di realizzare completamente tali concetti e di mantenere un vantaggio relativo nel warfighting con avversari di pari livello.

Un cambio di passo necessario

Questo processo di modernizzazione, che passa attraverso nuove tecnologie va però accelerato facendo “correzioni di rotta” e “aggiustamenti” dove richiesto in base alle esperienze svolte, che passano anche da una fitta serie di wargames e attività addestrativa sul campo.

I Marines stanno cambiando pelle non solo dottrinalmente, ovvero recuperando la loro vocazione di forza leggera da assalto anfibio (quindi essendo focalizzati principalmente nell’Indo-Pacifico) ma anche assorbendo le tecnologie “dirompenti” e indirizzandosi decisamente verso capacità unmanned anche di lungo raggio navali e aeree.

Tra queste nuove tecnologie vengono citati esplicitamente i sistemi autonomi e la robotica a intelligenza artificiale. Si afferma che gli avversari dispongono di nuovi strumenti letali a basso costo che possono generare un vantaggio sul campo da battaglia significativo: qualcosa che si è già visto nel conflitto del Nagorno-Karabakh del 2020 e che è stato confermato nell’attuale conflitto in Ucraina, dove i piccoli Uas (Unmanned Air System) usati intensivamente hanno disarticolato le linee avversarie.

I Marines quindi devono trovare modalità per operare in aree contestate in modalità “costo efficace” e “a rischio calcolato” passando da una mentalità “piattaforma centrica” a una “capacità centrica”, in cui i sistemi a intelligenza artificiale sono impiegati da specialisti ben addestrati ai nuovi scenari. Il documento, parlando di sistemi autonomi letali, afferma però dei principi cardine: l’elemento umano resta centrale nei conflitti armati anche con l’uso di sistemi di questo tipo, l’intelligenza artificiale, anche applicata alla robotica, aumenta e implementa i processi umani senza sostituire il combattente, infine i Marines devono combattere a una velocità “macchina” o affrontare una sconfitta molto rapida.

Da questo punto di vista i dati e la loro raccolta diventano essenziali, e infatti il generale Berger afferma nell’aggiornamento della Force Design 2030 che è necessario cambiare approccio per quanto riguarda la raccolta, l’analisi e lo sfruttamento dei dati evolvendo dall’attuale struttura a “silos”, ovvero a compartimenti stagni, a una ad ambiente integrato in cui i dati convergono e vengono trattati insieme, quindi sviluppando un’architettura informativa più aperta.

Questo porta con sé una revisione del sistema C2 (comando e controllo) che il generale ritiene sia obsoleto in quanto va riorganizzato rapidamente per affrontare scenari di “competizione continuativa” e quindi mettere il Corpo in grado di operare in ambienti multidominio. I Marines quindi devono effettuare una transizione dal vecchio paradigma di “air-land battle” per passare a quello proprio del 21esimo secolo caratterizzato dall’essere multidominio, congiunto e orientato al singolo scontro. Non si può più tollerare la presenza di diversi e disparati sistemi C2 ottimizzati e tarati sul singolo dominio collegati da processi analogici o correlati al fattore umano.

Questo cambio di paradigma però deve affrontare delle sfide, come la mancanza di agenzie multidominio, la mancanza di un sistema C2 comune e la persistenza di una struttura di comando e controllo che è ancora legata a una visione unica del campo di battaglia.

La questione della logistica risente sia delle lezioni apprese dal conflitto in Ucraina, sia dall’evidenza che nel settore Indo-Pacifico gli Stati Uniti non possono contare su alleati capillarmente diffusi intorno al loro avversario principale per questioni meramente geografiche, perciò il generale Berger sottolinea la necessità che si debba creare un sistema resiliente, integrato e agile di sostegno per la forza capace di generare una rete logistica diffusa che sfrutti piattaforme distribuite multi-capaci e soprattutto che preveda la nascita di nuove strutture avanzate preposizionate di sostegno: un problema noto da tempo e che avevamo già affrontato nel recente passato.

Il comandante del Corpo dei Marines chiude il documento con una nota personale in cui afferma che sebbene molto elementi del Force Design 2030 siano già stati attivati, la modernizzazione è appena cominciata e bisogna capitalizzare lo slancio iniziale e accelerare questo processo in modo da restare davanti ai “concorrenti”, ma il tempo “non è dalla nostra parte” e c’è bisogno di lavorare in modo più veloce rispetto agli avversari.

FONTE: https://it.insideover.com/difesa/rivoluzione-marine-usa-come-cambieranno.html

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