La Psicopolizia è tra noi, in nome della memoria

nov 6, 2012 1 comments

Di Calvero
http://ilporticodipinto.it
Lo Stato promuove lo sviluppo della cultura, così recita la Costituzione. Della «cultura» per la maggiore si ha (o si vorrebbe riconoscergli) un valore positivo; un concetto che vuole vederla come modello di accrescimento e, appunto, di sviluppo; personale come collettivo. E anche il termine «sviluppo» sembra volerci dare significati positivi, qualcosa che ci rimanda all'essere dinamicamente attivi, in crescendo, vivificando e non ottenebrando la libertà di pensiero.

In maniera inquietante si deve prendere atto invece che i significati e i valori che volevano inneggiare alla nostra libertà, alla nostra crescita, stanno precipitando verso l'oblio del fascismo o del dispotismo che dir si voglia, quello bieco, obliquo, insomma quello vestito in Frac; quello più pericoloso che in nome di un Proclama carico di millantata dignità coglie l'occasione per travestirsi da "baluardo" della memoria. Ed ecco che la cultura che poggia le sue radici anche nello studio della Storia, si trasfigura: dalla cultura si arriva al Culto. Così, come in un cappio che man mano chiude l'ampio respiro che la cultura dovrebbe avere, l'etimo torna ad altri indizi, come quelli di «coltivazione»; dal latino - colere, cioè coltivare. Wikipedia:  l'utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei", da cui il termine "culto".

In poche parole, anzi in pochi termini, siamo giunti al ritorno di un simile significato che pare lo Stato difenderà come Legge1 e, da esso, legittimare come Reato il cosiddetto negazionismo. Quello inteso nella roboante questione ebraica legata all'olocausto. Il fascismo che si vuole così legittimare distrugge la neutralità che la Storia avrebbe in sé. La storia non è questione politica, né può divenire cosa di Stato. Non a sproposito, ci si pensi, quando si dice "Cosa Nostra" sappiamo che parliamo di associazioni che hanno l'esigenza di delinquere per sopravvivere. Quando qualcosa viene etichettata come DI qualcuno, DI qualcosa, allora automaticamente si dà inizio ad un processo DI acquisizione totalizzante, DI proprietà gestita, che fa capo intellettualmente DI una determinata gerarchia, DI regime, indi di una manifestazione DI potere.

Che dall'alto si possa categorizzare la Storia con un atto di presunzione e di totalitaria memoria, in sé è già la manifestazione di un nazismo che muta forma ma non sostanza; trascende il senso stesso che quella Legge vorebbe imporre, poiché a conseguenza di ciò si scatenerà il conseguente clima di imposizione. Se osservassimo la storia solo attraverso meri dati statistici allora dovremmo dimenticare come un Clima di Potere non si manifesta immediato, bensì è carico di avvisaglie che in qualche modo la maggioranza, maledettamente, sottovaluta. Non esisterebbe altrimenti la Propaganda che appunto attraverso intenti nobili e posando sui sentimenti genuini, mistifica, assopisce e anestetizza la nostra attenzione spostando la nostra soglia d'allarme. La cultura e la Storia non possono esistere come concetti se non in ragione di essere liberamente osservati, criticati, discussi e dibattuti.

Con questo Iter mosso contro il negazionismo siamo ora giunti ad una circoscrizione che impicca il significato della storia ad un determinato Potere e, tramite un raggiro, si vuole imporre un Culto. In questo caso quello ebraico. Di fatto, la storia diviene Cosa Di Parte. Di fatto il concetto così sdoganato è quello dell'adorazione, come lo era nei confronti di qualsiasi regime. Per comprendere la differenza tra cultura e culto, tra storia e propaganda, bisogna chiedersi dove si dovrebbero temere le manette.

Anche coloro che non sono dei negazionisti, che sono storici, hanno colto i segnali di pericolo:2

«Leggi così sono controproducenti, favoriscono l'oblio», spiega lo storico Giovanni De Luna, che proprio alle legislazioni anti-negazioniste europee ha dedicato il suo ultimo libro, in fase di stesura: «In Francia hanno provato a inserire, per legge, nei manuali scolastici, un giudizio positivo sul colonialismo. Chirac ha dovuto ritirare la proposta. In Ucraina vengono condannate le persone che non chiamano “olocausto” la carestia provocata da Stalin nel 1932. Quante leggi dovremmo fare? Non si può governare il passato con le leggi. È il dibattito pubblico che deve distruggere certe tesi».

Le contraddizioni di questa proposta di Legge esistono sia in ragione di un dispotismo mascherato che potrebbe valere per qualsiasi Legge che ci obblighi a conoscere il nostro passato attraverso Culti di Stato e giochi di Potere, sia in ragione di coloro che la sostengono. Coloro che si ergono a moralizzatori attraverso Israele mentre perpetuano, sempre in nome DI quella memoria, tremende atrocità, ghettizzano popoli arrogandosi posizioni di Potere altamente discutibili, compreso quel Muro invisibile alla politica internazionale che sembra non esista in nessun contesto Storico e viva al di là della memoria e della Libertà.


Note:

1. Nel giorno simbolo della persecuzione nazista in Italia, parte l’iter legislativo per una legge contro il negazionismo: http://www.romaebraica.it/legge-contro-il-negazionismo/
2. Nego, erto sum. Luzzatto, Levi, De Luna: no ad una legge contro il negazionismo: http://www.lettera43.it/attualita/1073/nego-ergo-sum.htm

Fonte:http://ilporticodipinto.it/content/la-psicopolizia-%C3%A8-tra-noi-nome-della-memoria

Commenti

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