Obama, Erdogan e i Fratelli Musulmani

dic 7, 2015 0 comments
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Di Giovanni Giacalone

Il Ministero della Difesa russo ha tenuto ieri una conferenza stampa rilasciando dati su presunti traffici di petrolio messi in atto dal governo turco in accordo con l’Isis. Mosca ha anche mostrato le immagini di tre rotte principali per il trasporto, affermando che Erdogan e famiglia sono coinvolti nel traffico.
Il Generale Sergei Rudskoi ha dichiarato che se inizialmente i guadagni della Turchia ammontavano a 3 milioni di dollari al giorno, dopo l’inizio dei bombardamenti russi si sono ridotti a 1.5 milioni.  La Coalizione, curiosamente, non aveva minimamente bersagliato i convogli petroliferi dei jihadisti. La prossima settimana la Russia presenterà ai giornali informazioni dettagliate, sia sui traffici di petrolio che sul supporto e l’addestramento dei jihadisti. Si parla di 2000 jihadisti, 250 veicoli e 120 tonnellate di munizioni transitate dalla Turchia alla Siria soltanto nelle ultime settimane.
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Le accuse di Mosca hanno scaturito dure reazioni da parte di Ankara e Washington; Erdogan ha dichiarato che nessuno ha il diritto di calunniare la Turchia e che sarebbe pronto a dimettersi se tali accuse fossero dimostrate.
L’Amministrazione Obama dal canto suo  rifiuta categoricamente l’idea che la Turchia stia collaborando con l’Isis. Il portavoce del Pentagono, Steve Warren, lo definisce “assurdo”, visto che “Ankara partecipa attivamente ai raid della Coalizione contro i jihadisti”. [1]
Qualcosa però non torna visto che in contemporanea il Segretario alla Difesa statunitense, Ash Carter, affermava che i bombardamenti dell’aviazione turca hanno colpito in prevalenza le milizie del Pkk e non hanno fatto abbastanza contro l’Isis. In aggiunta, Carter ha dichiarato che Ankara ha fallito nel controllo dei confini. [2] [3]
Insomma, la Turchia partecipa attivamente ai bombardamenti contro l’Isis? O bombarda il Pkk? Non è inoltre prematuro per amministrazione Obama e Nato dichiarare “assurde” le accuse sui traffici di petrolio? L’intelligence di Mosca fin’ora ha funzionato assai meglio di quelle di alcuni paesi della Nato e se ha indetto una conferenza stampa, forse è il caso di aspettare e valutare bene gli elementi in mano ai russi, prima di esporsi all’ennesima “figuraccia”.
D’altro canto non è solo Mosca a nutrire dubbi sulla correttezza di Ankara: sulla questione è infatti intervenuto anche il leader laburista britannico Jeremy Corbyn: “Il petrolio dell’Isis viene venduto in altri paesi e va a finire in Turchia ed è dunque necessario avere maggiori informazioni al riguardo e capire quali sono le banche coinvolte nei finanziamenti dell’Isis”. [4]
C’è poi la mossa di Parigi, ovvero l’avvio di una coordinazione militare con Mosca, nel Mediterraneo, per una campagna aerea contro l’Isis. Putin aveva definito “necessario” il coordinamento con la Marina francese.
In poche parole, mentre in Europa sono in molti ad attendere cautamente il “dossier” di Mosca, l’amministrazione Obama sembra un po’ troppo impulsiva, quasi a voler difendere a tutti i costi      l’ “alleato” Erdogan. Uno scenario già visto in Egitto nell’estate 2013, durante le proteste popolari che hanno portato alla caduta del governo filo-Fratelli Musulmani di Mohamed Morsy; anche in quell’occasione Washington appoggiò a oltranza gli islamisti, inimicandosi gran parte della popolazione scesa in piazza a protestare. Il risultato fu l’uscita immediata dell’ex ambasciatrice Usa al Cairo, Anne Patterson, immortalata tempo dopo a un evento mentre faceva il segno delle quattro dita di Rabaa, usato dai Fratelli Musulmani egiziani. La Kavkazpress tre giorni fa ha pubblicato un pezzo (con tanto di prove fotografiche) sugli strani rapporti tra l’amministrazione Obama e i Fratelli Musulmani siriani ed egiziani, alcuni dei quali recentemente ospitati al Dipartimento di Stato. Curiosamente anche Erdogan e il partito Akp sono legati ai Fratelli Musulmani turchi, una coincidenza sulla quale può valer la pena riflettere.
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Una cosa è certa, una buona parte dell’opinione pubblica europea è convinta che la Russia sia l’unico paese che si stia concretamente muovendo contro l’Isis; l’inefficacia della lunga campagna di bombardamenti della Coalizione e le ambiguità di Ankara non aiutano certo a confutare tale visione. L’Europa è spaccata, la Nato è ossessionata dalla Russia e dall’ampliamento a est (vedere caso Montenegro), l’amministrazione Obama parteggia per Erdogan e tutto ciò va a discapito della sicurezza interna dei paesi dell’EU. Ora non ci resta che attendere ulteriori possibili “avvenimenti” da qui alla prossima settimana, quando usciranno i dettagli del dossier russo.



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