Cina e Turchia non sono mai state così vicine. In linea d’aria, Pechino e Ankara distano poco meno di 7mila chilometri, ma mai come oggi c’è stata l’esigenza di tessere un filo rosso tra la capitale turca e quella cinese. Nei giorni scorsi, la crisi economica si è abbattuta come uno tsunami sulla Turchia: il Paese ha risentito dei dazi imposti da Trump e ha visto la sua moneta, la lira turca, crollare di oltre il 20%. L’inflazione ha galoppato fino a toccare il 16%. Le aziende che si erano indebitate in dollari si sono trovate in acque agitate, così come gli istituti bancari. L’intera economia del Paese ha rischiato il collasso. L’allarme sembra rientrato, ma in vista del futuro è bene prendere accorgimenti.
La strategia di Erdogan
Tutto questo ha spinto Recep Tayyip Erdogan a cambiare strategia politica. Servono nuovi alleati per consentire al “sogno turco” di restare tale, e quindi è necessario trovare una via d’uscita o, meglio ancora, un salvagente. La soluzione più ovvia è quella di strizzare l’occhio a oriente. Qui, nel continente asiatico, Erdogan può contare su un personaggio che ha interesse nell’allacciare un dialogo producente con il governo turco. Ci riferiamo a Xi Jinping, presidente di quella Cina desiderosa di espandere i suoi tentacoli infrastrutturali verso l’Europa attraverso il progetto della Nuova Via della Seta. E non c’è paese migliore della Turchia per godere appieno di uno sbocco sul Mediterraneo.
Ankara chiama, Pechino risponde
Già a fine luglio c’era stato un incontro multilaterale, il vertice dei Brics a Johannesburg, in cui Erdogan aveva ufficialmente chiesto di far entrare la Turchia nel gruppo. Pare che Brasile, Russia, India, Sud Africa e Cina siano favorevoli ad accogliere il nuovo membro, soprattutto la Cina. D’altronde il governo turco e quello cinese hanno incrementato la collaborazione bilaterale. La Cina presto accoglierà il primo centro culturale turco e la Turchia ha più volte elogiato l’atteggiamento responsabile di Pechino di fronte alle crisi internazionali. Tutta musica per le orecchie di Xi Jinping, che intende trattare la Turchia come partner della Nuova via della seta. I vantaggi, per i turchi, sarebbero tanti, a cominciare dalla stretta cooperazione in ambito economico e commerciale con Pechino fino ad arrivare alla costruzione delle infrastrutture. La Cina, dal canto suo, avrebbe modo di trovare un altro sbocco nel Mediterraneo – dopo aver acquisito un parte del porto greco del Pireo – per migliorare ulteriormente il canale commerciale con l’Europa.
I progetti di Xi Jinping
Già nel 2015 Cina e Turchia collaborarono per dare alla luce la ferrovia ad alta velocità tra Ankara e Istanbul, che tra l’altro fu la prima di sempre costruita all’estero dal Dragone. E, visto l’avvicinamento tra i due Paesi, non è da escludere che ci sia la possibilità di trattare la realizzazione di un collegamento ferroviario capace di attraversare tutta la Turchia, da Kars a Edirne. L’unico ostacolo, che fino a pochi anni fa appariva insormontabile, è rappresentato dalla vicinanza turca alla minoranza turcofona degli uiguri, nello Xinjiang. Un’etnia, questa, che ha dato diversi problemi a Pechino, tanto da costringerlo all’utilizzo di maniere forti. Ma Erdogan potrebbe guardare oltre, perché stringere un patto cinese è quanto mai vitale per la Turchia. Per la Cina, invece, la crisi turca rappresenta l’ennesima manna caduta dal cielo. Ancora una volta, uno “scarto” dell’Occidente potrebbe essere messo a nuovo da Xi Jinping e venir inserito tra i partner a sostegno della Nuova via della seta.
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