Libia, la strategia neo-ottomana di Erdogan

gen 9, 2020 0 comments

Di Salvatore Santoru

Nelle ultime settimane la Libia è stata interessata dalla radicalizzazione della ‘guerra civile permanente’ che, ormai da diversi anni, contrappone le forze dell’esercito nazionale guidato da Khalifa Haftar alle milizie coordinate dal premier tripolino Fayez al-Sarraj(1).
Tale conflitto rientra in un contesto geopolitico particolarmente intricato e che, d’altronde, vede contrapposti gli interessi di alcune superpotenze così come di diverse potenze regionali. Tra di esse, a favore delle forze di Sarraj vi è la Turchia guidata da Recep Tayyip Erdogan. Nell’ambito del sostegno ad Al-Sarraj, la stessa nazione euroasiatica è in compagnia dell’Italia così come del Qatar. Diversamente, tra le potenze che sostengono il generale Haftar vi sono la Francia e la Russia ma anche l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati(2).

Le ambizioni ‘neo-imperiali’ della Turchia

La Turchia sta svolgendo un ruolo di primo piano nel conflitto libico e, inoltre, risulta avere delle ambizioni geopolitiche e militari particolarmente importanti a livello regionale e globale. Entrando nei dettagli, tali ambizioni rientrano nella più ampia visione strategica di matrice neo-ottomana(3).
Le aree d’influenza al centro di tale strategia sono quattro: quella mediorientale e quella nordafricana in particolare e, al contempo, l’area meditterranea e balcanica. Per l’appunto, i paesi maggiormente interessanti dal punto di vista neo-ottomano sono la Siria e la stessa Libia e, d’altronde, tali nazioni sono state a suo tempo parte del ‘Sublime Stato’.
Alcuni analisti sostengono che Erdogan e il suo entourage avrebbero intenzione di riportare la Turchia ai fasti di un tempo e in tal modo ricreare, almeno parzialmente e in modo ‘attualizzato’, l’Impero Ottomano. Al fine di perseguire tale ambizioso progetto, il governo sta investendo delle importanti risorse in ambito militare e geostrategico ma anche intellettuale e ciò al fine di creare una sorta di ‘egemonia culturale’ nell’ambito mediatico ed educativo tesa a diffondere presso l’opinione pubblica la tesi portate avanti dalle correnti neo-ottomane facenti parte dell’establishment turco.
Su tale questione, è indubbiamente interessante segnalare che, a marzo del 2018, lo stesso Recep Erdogan aveva sostenuto la necessità di introdurre l’insegnamento della lingua ottomana nella scuola pubblica e ciò in quanto la lingua turca contemporanea allontanerebbe la nazione dalle ‘radici della sua civiltà'(4).

Erdogan e l’agenda dell’islamismo internazionale

La politica estera dell’attuale governo turco non è incentrata sul mero neo-ottomanismo ma, anche e sopratutto, sulla promozione di un islamismo per così dire “internazionalista”. Ciò è particolarmente visibile in Libia e, a tal riguardo, c’è da segnalare il sostegno a determinate milizie filo-islamiste attive nel paese nordafricano(5).
Inoltre, è particolarmente noto il finanziamento e l’aiuto dato dalla Turchia ad importanti formazioni di matrice islamista attive nella guerra civile siriana. Per essere più specifici, una consistente parte di tali formazioni armate sostenute dall’entourage di Erdogan rientravano nell’alveo della Fratellanza Musulmana, organizzazione internazionale che da sempre è stata poco tollerata dalla Siria di Assad.
Oltre a ciò, si è anche parlato di sostegni turchi a formazioni legate all’islamismo radicale e al terrorismo come Al Nusra o l’Isis e ciò in funzione anti-Assad e anti-curda. Su tale delicata questione, bisogna dire che ufficialmente il governo turco è impegnato in una guerra contro il terrorismo islamista e l’estremismo salafita e wahabita ma, allo stesso tempo, l’esistenza di determinate ‘collusioni’ tra alcuni settori governativi e del complesso militare-industriale con formazioni estremiste e/o terroristiche è una tesi tutt’altro che campata in aria.
Comunque sia, a livello ufficiale Erdogan e l’establishment turco stanno lavorando per far diventare Ankara il perno di un’alleanza internazionale tra personalità e movimenti legati alla galassia dell’Islam politico ‘modernista’ ma di stampo (neo)conservatore e che abbia come riferimento le tesi portate avanti storicamente dai Fratelli Musulmani e che, allo stesso tempo, cerchi di competere con il ruolo egemonico esercitato dai paesi del Golfo sulla variegata area dell’islamismo di matrice sunnita.

I rapporti ambigui tra Turchia e Russia

Il conflitto siriano e quello libico stanno vedendo decisamente contrapposti, da un punto di vista militare e strategico, la Russia di Vladimir Putin e la stessa Turchia di Erdogan. D’altronde, come già ricordato, in Libia Putin sostiene Haftar e la Siria baathista è da sempre un fondamentale alleato russo.
D’altro canto, una buona parte delle organizzazioni islamiste globali vede la Russia come un nemico a causa di diverse ragioni storiche e di natura geopolitica particolarmente conosciute. Tornando ai rapporti tra Russia e Turchia, bisogna dire che a seguito della crisi siriana essi si erano fatti sempre più tesi ma ultimamente erano nettamente migliorati.
Tale miglioramento delle relazioni russo-turche è avvenuto a seguito dell’inasprirsi dei rapporti del governo di Erdogan con gli Stati Uniti, l’UE e parzialmente la NATO, anche se bisogna sempre tenere presente che la Turchia è una delle nazioni strategicamente e militarmente più importanti della suddetta Alleanza Atlantica.
Tale ‘distensione’ ha portato ad una maggiore collaborazione militare tra le due nazioni tanto che, a luglio del 2019, si è positivamente concluso l’accordo per la vendita dei missili antiaerei russi S-400 alla stessa Turchia(6). In seguito, tale accordo ha destato decise perplessità da parte degli States e per alcuni giorni si è parlato di un’ipotetica alleanza russo-turca in funzione anti-occidentale.
Tuttavia, tale ipotesi è venuta meno a seguito dell’inasprirsi della questione curda e, ovviamente, all’aggravarsi dell’attuale tensione libica. Per completezza d’informazione, bisogna sottolineare che la distensione russo-turca è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione tra alcuni settori filo-russi presenti nel paese anatolico (sia dell’opposizione kemalista che di alcune fazioni minoritarie pro-governative) e alcuni settori (specialmente certe fazioni neo-eurasiatiste) favorevoli ad un’alleanza con la Turchia e con contatti presso alcuni circoli militari e culturali facenti parte dell’establishment russo.
NOTE:
- Articolo pubblicato anche su Osservatorio Globalizzazione

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