La geopolitica dell’acqua: intervista a C.Alessandro Mauceri

mag 7, 2020 0 comments

Intervista di Salvatore Santoru a Alessandro Mauceri

Di Salvatore Santoru

L'acqua è, notoriamente, la risorsa naturale più indispensabile per l'essere umano e il pianeta. Negli ultimi anni tale risorsa è diventata sempre di più di importanza strategica e, d'altronde, i conflitti legati all'acqua sono in continuo aumento.

Di questa e di altre tematiche ne parlo oggi con C.Alessandro Mauceri, studioso di geopolitica e di questioni ambientali nonché autore del saggio “Guerra all’acqua”.
Tale intervista è stata, inoltre, originariamente pubblicata anche sul sito web del centro studi Osservatorio Globalizzazione”.

1- L’emergenza Covid-19 è stata considerata, per diversi aspetti, come una vera e propria “sfida epocale”. Inoltre, l’attuale pandemia mondiale è arrivata nel bel mezzo di una ‘Nuova Guerra Fredda’ che si sta combattendo tra gli Stati Uniti e la Cina.
Lei cosa pensa riguardo a tale contesto geopolitico e, d’altro canto, quali ritiene possano
essere i possibili scenari futuri?
Il contesto geopolitico che è emerso nelle ultime settimane è deludente, ma non sorprendente. I governi stanno facendo ognuno le proprie scelte, in modo indipendente, senza tener conto in alcun modo dei legami che esistono tra paesi e senza alcun controllo da parte di nessuno.
Basti pensare che la Commissione Europea, in barba ai numerosi incontri tenuti, non è mai arrivata ad una decisione condivisa e applicata da tutti. Stessa situazione a livello globale con le Nazioni Unite e l’OMS.
L’unico aspetto che è emerso con chiarezza e che, in caso di pandemia, ognuno pensa al proprio interesse. E, quando può, sfrutta le debolezze degli altri per il proprio tornaconto: si pensi alle dichiarazioni degli USA sulla Cina (accuse poco “diplomatiche” ma che non intaccano mai gli accordi economici).
In tutto questo ci sono un paio di aspetti da non sottovalutare. I danni causati dal corona virus non hanno intaccato settori essenziali per la sopravvivenza delle persone (acqua, generi alimentari, energia elettrica, telecomunicazioni, fonti energetiche, tutto ha continuato a funzionare regolarmente).
Anche il numero di morti, sebbene altissimo, non è stato così “pesante”: nel mondo esistono malattie o epidemie o anche semplici “stili di vita” che provocano annualmente più morti del corona virus, ma di cui non si parla mai (il tabagismo causa circa 6 milioni di morti ogni anno, la diarrea infantile, spesso legata all’acqua o all’alimentazione, colpisce oltre un miliardo di bambini ogni anno e causa quasi mezzo milione di morti trabambini da 0 a 5 anni…e la lista potrebbe essere lunga).
2- L’Unione Europea risulta essere sempre più divisa e, di conseguenza, diplomaticamente e politicamente assai debole.
La sfiducia dei cittadini nei confronti della stessa UE risulta essere di anno in anno maggiore e, inoltre, le stesse autorità di Bruxelles non sembrano essere all’altezza nel rispondere alle istanze e alle richieste dei cittadini che rappresentano o dovrebbero rappresentare. Ritiene che la crisi del Covid possa portare a maggiori criticità per l’UE o, invece, potrebbe costituire una svolta positiva ?
La pandemia in atto è l’ennesima prova (se mai ce ne fosse bisogno) che l’Unione Europea non è altro che una unione economica. Una serie di accordi per favorire la circolazione di merci e prodotti senza dazi o limitazioni alle frontiere (lo dimostra il fatto che anche dopo la sospensione degli accordi di Schengen – ben prima della diffusione del COVID-19 -, il trasporto delle merci non ha mai subito rallentamenti).
Il tentativo di trasformarla in una unione politica e sociale è stato ottenuto con costrizioni secondo molti al limite della legalità. Pressioni che non hanno mai raggiunto l’effetto sperato: gli europei non si sentono e non si sono mai sentiti un unico popolo. Anzi. Non manca occasione per mettere in risalto diversità profonde.
Diversità che in questi giorni sono venute a galla: i governi continuano ad adottare strategie contrastanti per fronteggiare l’epidemia e operano senza seguire (ammesso che ce ne siano) linee guida comuni.
É significativo che, in un momento delicato come quello attuale, né il Parlamento Europeo né la Commissione siano riusciti ad adottare misure concrete in tempi rapidi. Anche le promesse di concedere aiuti ai singoli paesi sono svanite nel nulla: sul MES c’è ancora poca chiarezza e sugli aiuti promessi pochi giorni fa dalla presidente della Commissione europea, le cifre reali potrebbero essere molto minori (di diversi zeri) di quelle che sbandierate da alcuni media. https://www.lospessore.com/06/04/2020/covid-19-e-ue-il-fondo-sure-ovvero-un-prestito-a-lungo-termine-spacciato-come-misura-solidale
3- Diverse guerre moderne sono state, notoriamente, combattute anche per il controllo e
l’accaparramento delle risorse petrolifere.
Due conflitti particolarmente significativi sono stati, in tal campo, quello dell’Iraq iniziato nel 2001 e la guerra contro la Libia del 2011.
Tuttavia, c’è da dire che il petrolio e il gas naturale non sono le uniche risorse per cui sono combattute diverse guerre contemporanee. Difatti anche altre risorse naturali, tra cui la stessa acqua, risultano essere sempre più strategicamente rilevanti.
Lei, in qualità di esperto della tematica, ritene che la ‘guerra all’acqua’ sarà la ‘guerra del futuro’ o se vogliamo che l’oro blu sta o è ormai diventato più rilevante del “classico” oro nero?
In una situazione di rischio, le “risorse” di ogni paese sono importantissime. L’acqua è una risorsa
fondamentale per la vita. Più dell’oro. Più del petrolio. Senza oro o senza petrolio si può vivere, senza acqua no (non è un caso se la prima cosa che si cerca, quando si scopre un nuovo territorio o un nuovo pianeta, è proprio l’acqua).
Anno dopo anno, la popolazione mondiale aumenta, mentre le risorse di acqua “potabile” diminuiscono (di tutta l’acqua presente sulla Terra solo una piccolissima parte è potabile. E
anche quella potabile, in buona parte non è facilmente utilizzabile perché troppo in profondità o
ghiacciata).
L’acqua, inoltre, non è equamente distribuita su tutto il pianeta: in alcune zone ce n’è più del necessario (e la si spreca), in altre non ce n’è abbastanza per sopravvivere (e si muore, letteralmente, di sete).
Ma non basta. Spesso la stessa fonte di acqua potabile è condivisa tra più paesi. Questo dà luogo a
veri e propri contrasti internazionali: il Nilo, ad esempio, fonte essenziale per la vita e l’economia
dell’Egitto, arriva in questo paese dopo aver attraversato altri stati, alcuni dei quali, hanno deciso di costruire delle dighe per la produzione di energia idroelettrica.
Una scelta che ha ridotto sensibilmente la portata del Nilo in Egitto e ha portato i governi ad un passo dalla guerra. Di esempi analoghi ce ne sono tantissimi (si pensi al razionamento dell’acqua nella Striscia di Gaza). Per questo il controllo delle risorse di acqua potabile è critico e potenzialmente causa di conflitti.
4- La ‘guerra all’acqua’ è legata, complessivamente, alle diverse problematiche ambientali che il mondo sta affrontando. Una di tali problematiche è quella dei cambiamenti climatici, che negli ultimi anni sono diventati un argomento molto discusso anche nei media e nell’ambito dell’opinione pubblica mondiale.
Lei come valuta le politiche che, sino ad ora, sono state adoperate in contrasto ai cambiamenti
climatici e come ritiene verrà affrontata la situazione nei prossimi anni ?
Nel 2016, alla COP di Parigi, i governi (e non solo) decisero di concentrare l’attenzione sulle emissioni di CO2 e sulle conseguenze ambientali e geopolitiche. Le diatribe sui reali effetti sull’uomo e sul pianeta dell’aumento delle emissioni di CO2 non sono più cessate (si pensi alle tesi, peraltro poco scientifiche, di Trump). Lo stesso anno, con la collaborazione di alcuni amici, scrissi un libro dal titolo Guerra all’Acqua (ed. Rosemberg e Sellier).
La nostra tesi era (ed è ancora oggi) che sarebbe meglio utilizzare l’acqua quale criterio per la valutazione dell’impatto dell’uomo sull’ambiente. Gli effetti delle emissioni di CO2 possono essere verificati solo nel medio/lungo periodo. Al contrario, per quanto riguarda l’acqua, esistono dati statistici certi e inoppugnabili di ciò che sta avvenendo. E dei rapporti di causa ed effetto.
La quantità di acqua potabile disponibile per persona nel mondo diminuisce anno dopo anno, a ritmi impressionanti. Fino a quando (soprattutto nei paesi più sviluppati) ce ne sarà a sufficienza non si vedranno grandi effetti.
Ma nel momento in cui questa risorsa essenziale dovesse cominciare a mancare, la situazione potrebbe degenerare. Non è un caso se in molti paesi sono in atto tentativi di privatizzare l’accesso all’acqua potabile (permettere a soggetti privati di utilizzare a fini di lucro una risorsa così importante potrebbe avere gravi conseguenze).

5- In questi mesi si è parlato costantemente, anche comprensibilmente, della mortalità mondiale dovuta al Coronavirus. Tuttavia, sembra che per i media mainstream altre importanti cause di mortalità mondiale (specialmente infantile)  siano diventate di “secondo piano”.
Com’è ben noto, una delle cause di mortalità più importanti globalmente è quella legata alla poca disponibilità e alla mancanza d’acqua. e di cibo. Descriva com’è la situazione e, inoltre, le problematiche legate ad essa.
Secondo il rapporto di novembre scorso dell’OECD nei paesi membri una morte su tre è dovuta a malattie cardiache o al fumo (eppure nessun si sogna di vietare definitivamente il tabagismo); una su quattro è dovuta a varie forme tumorali (molte delle quali, si sa, strettamente legate all’ambiente).
Prevenzione e attenzione alla salute e all’ambiente permetterebbero di salvare quasi 3 milioni di morti premature ogni anno. In paesi come Cina e India l’inquinamento atmosferico causa oltre il triplo dei morti (da 40/100mila a 140/100mila) rispetto agli altri paesi dell’OECD. Per contro in Europa e soprattutto negli Stati Uniti d’America l’obesità sta diventando una piaga inguaribile: il 56% degli adulti è sovrappeso o obeso (e circa un terzo dei bambini da 5 a 9 anni è sovrappeso).
Obesità, malattie cardiache, morti, acqua e ambiente sono legati a filo doppio: molte malattie cardiache e l’obesità non sono solo genetiche (come si pensava una volta) ma “epigenetiche” ovvero dovute ad una serie di fattori. Uno dei più importanti è l’alimentazione: ma il modo e cosa mangiare non solo ha un impatto enorme sull’ambiente, ma prima di tutto sui consumi idrici.
Secondo alcuni studi, una dieta mediterranea (con un basso consumo di proteine animali, pochi cereali e molte verdure) consentirebbe un risparmio di 1400 litri di acqua al giorno a persona. Basta moltiplicare questo valore per gli abitanti dell’Italia e per il numero di giorni in un anno per capire l’impatto sull’impronta idrica che si potrebbe avere adottando una dieta “mediterranea”.
Se poi ci si sposta in paesi dove sono scarse sia le risorse idriche che quelle alimentari, comprendere questi fenomeni e in particolare l’impronta idrica di alcune scelte, permetterebbe ai governi non solo di rendere l’economia “sostenibile”, ma di non far morire di fame la gente.
Purtroppo, invece, come conferma la FAO, ha ricominciato ad aumentare il numero di persone che ogni anno muoiono di fame. E con l’epidemia di corona virus la situazione sta peggiorando: nello Zambia, in pochissimo tempo, siccità, corona virus e altri fattori geopolitici hanno fatto salire il numero delle persone in condizioni di insicurezza alimentare acuta da 1,7 milioni a 2,3 milioni.
6- Una delle problematiche ambientali più note e importanti è, indubbiamente, quella
dell’inquinamento.
Da alcuni anni i governi e il mondo dell’industria si stanno impegnando, almeno ufficialmente, nell’adozione di politiche tese alla riduzione delle emissioni inquinanti ma tuttavia il problema è ovviamente sempre più grande e grave. Ritiene insufficienti, se non proprio ‘controproducenti’, le politiche intraprese sino ad ora?
Sia per quanto riguarda l’acqua che, ancora di più le emissioni di CO2, le promesse fatte dai governi di tutto il mondo raramente sono diventate realtà. Basti pensare all’inquinamento delle falde acquifere, allo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, ai problemi legati ai rischi connessi con l’acqua).
Per le emissioni di CO2 gli accordi di Parigi sono ormai praticamente un mero ricordo (specie dopo il cambio al vertice alla Casa Bianca e la decisione di Trump di uscire dall’accordo, seguito da molti governi che non vedevano l’ora di non essere costretti a ridurre le emissioni). Anche le promesse fatte dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo non convincono.
L’enfasi in occasione della presentazione al Parlamento europeo, della Climate Law, il primo atto del nuovo Green Deal (ospite d’onore e relatrice Greta Thumberg, tra le polemiche di molti europarlamentari, non solo per il livello scientifico e la sua preparazione – molti hanno pensato che sarebbe stato meglio lasciar parlare un luminare della materia invece che una ragazzina infervorata – ma anche per la decisione di riaprire per l’evento il Parlamento già chiuso per la pandemia di corona virus) non è riuscita a nascondere che in realtà si è trattato di spostare il termine per il rispetto degli accordi di Parigi di ben un ventennio! Il documento presentato, infatti, non parla più di ridurre le emissioni, promette addirittura di abbatterle del tutto, rimandando però la scadenza al 2050.
Un ventennio in cui i paesi e le industrie potranno continuare ad inquinare. Ma non basta. In tutto questo, nessuno parla mai della “compensazione”.
Introdotto ai tempi dell’accordo di Kyoto (e, da allora, mai cessato), questo sistema permetterebbe ad alcune aziende o paesi di emettere maggiori quantità di CO2 rispetto a quelle previste dagli accordi, in cambio dell’impegno di altri paesi di restare ben al di sotto la soglia di emissioni consentita loro. Un meccanismo diabolico e dagli effetti nefasti: chi inquina troppo può continuare a farlo (entro certi limiti) con conseguenze spaventose sulla salute umana e
sull’ambiente locale.
7- Sempre a proposito dell’inquinamento, alcuni studi scientifici hanno appurato che esista
una correlazione tra gli alti livelli della concentrazione di PM10 e la mortalità per il Coronavirus.
Quanto reputa attendibili tali correlazioni e, a suo dire, quanto e come l’inquinamento atmosferico è uno dei fattori che spiegano l’alto livello di mortalità in determinate zone d’Italia e del mondo?
É ancora presto per avere dati applicabili su tutto il pianeta relativi al rapporto tra la presenza di
PM10 nell’aria e i casi di corona virus o i suoi danni. Un recente studio realizzato collegando i dati delle centraline di rilevamento dell’Arpa, le agenzie regionali per la protezione ambientale, e i dati del contagio da coronavirus riportati dalla Protezione Civile, pare abbia dimostrato la relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di Pm10 e PM2,5 e il numero di casi di COVID-19. Ma è ancora presto per trarre conclusioni definitive.
Di sicuro il corona virus attacca i polmoni e pare che le patologie maggiormente legate ai casi più gravi di COVID-19 sarebbero le disfunzioni cardiache. Ma cuore e polmoni sono strettamente interconnessi: se (a causa del virus) si inspira ed espira velocemente, il battito aumenta.
E se il cuore è già debole o le arterie sono ostruite, far circolare sangue e ossigeno nel corpo richiede uno sforzo maggiore. Cosa che, a volte, potrebbe avere conseguenze letali.

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